Corruzione, “Daspo a vita a rischio incostituzionalità”  

Corruzione, Daspo a vita a rischio incostituzionalità

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Pubblicato il: 13/12/2018 21:09

Il divieto, per chi è condannato a una pena superiore a due anni per reati di corruzione, di stipulare contratti con la pubblica amministrazione, il cosiddetto Daspo a vita, potrebbe avere profili di incostituzionalità. A denunciarlo è la sesta commissione del consiglio superiore della magistratura nel parere al ddl anticorruzione, votato all’unanimità .

”Il limite di pena stabilito per l’operatività dell’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e il divieto di contrattare, in perpetuo, con la pubblica amministrazione, e cioè la condanna alla pena della reclusione superiore a due anni – rileva il parere – potrebbe presentare profili di frizione con il principio, di valenza costituzionale, di proporzionalità della pena“.

I rilievi del parere, che sarà votato dal plenum mercoledì della prossima settimana, si concentrano in particolare sul rigore delle pene accessorie, rispetto al quale viene richiamata una sentenza della Corte costituzionale relativa alla necessaria proporzionalità delle stesse. Le nuove norme, evidenzia il testo, escludendo l’immediato effetto della riabilitazione sulle pene accessorie perpetue, ”sembrano non in linea con la funzione rieducativa della pena e con la necessità che il trattamento punitivo, anche con riferimento alle pene accessorie, sia sempre individualizzato e, dunque, calibrato sulla situazione del singolo condannato”.

Quanto all’altra novità di rilievo introdotta dal ddl anticorruzione, l’agente sotto copertura, il parere evidenzia la necessità che sia “marcato un confine netto con la contigua e non ammissibile figura dell’agente provocatore”. Se da un lato la formulazione della norma ”esclude il rischio che l’infiltrato determini l’insorgenza del proposito criminale” tuttavia ”nella pratica concreta, potrà risultare non sempre agevole tracciare un confine netto tra l’infiltrato e la contigua e non ammissibile figura dell’agente provocatore”. Pertanto sarà affidato alla polizia giudiziaria il controllo che eviti ”il rischio di uno sconfinamento dell’agente infiltrato in condotte vietate, come quelle della provocazione”.