Toninelli: “Terzo Valico andrà avanti”  

Toninelli: Terzo Valico andrà avanti

(Fotogramma)

Pubblicato il: 13/12/2018 19:59

Il totale dei costi del recesso per lo stop al Terzo Valico “ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni di euro di soldi pubblici. Di conseguenza il Terzo Valico non può che andare avanti”. Ad annunciarlo è il ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli, in un post su Facebook. “Ma farlo andare avanti non significa condurlo a termine così com’è, bensì rendere l’opera efficiente rispetto agli scopi”, puntualizza. “Se vogliamo rimediare almeno in parte ai danni del passato, rendendo il Terzo Valico una infrastruttura utile dal punto di vista logistico e adatta a migliorare anche il servizio regionale sulla tratta parallela – ha sottolineato il ministro -, bisogna innanzitutto che esso sia davvero ben collegato con Genova: dunque, i binari devono arrivare fin dentro il porto“.

“Sapete – ha aggiunto – quanto Genova conti nei pensieri e negli sforzi del Governo. Allora facciamo in modo che il Terzo Valico sia veramente utile alla città”.

Il ministro Toninelli ha annunciato la decisione, riferendo l’esito dell’analisi costi-benefici che ha interessato il Terzo Valico. “Stiamo parlando – spiega- della nuova linea ferroviaria per merci e passeggeri che collegherà Genova con Milano e Torino e che fa parte del corridoio europeo Reno-Alpi. Il Terzo Valico è lungo circa 53 chilometri, prevalentemente in galleria, oltre a 14 chilometri di linee di interconnessione con la rete che già esiste. L’opera è divisa in sei lotti e i lavori dovrebbero essere completati nel 2023. Complessivamente il Terzo Valico costa 6,2 miliardi, di cui 1,5 miliardi già spesi. Quattro lotti su sei sono in corso di costruzione. Il primo lotto è vicino al 90%, gli altri dal 60% al 20%. Per il quinto lotto i lavori non sono partiti, il sesto deve invece essere ancora finanziato”.

“Come potete capire da questi numeri, si tratta di un’opera complessa e molto onerosa, interamente pagata con soldi pubblici, sulla quale il MoVimento 5 Stelle ha posto sin dal suo avvio forti dubbi. Dalla nascita, negli anni 90, tante vicissitudini hanno riguardato il progetto: dalla sua bocciatura, per ben due volte, da parte del Ministero dell’Ambiente, sino agli scandali giudiziari che hanno portato al commissariamento di Cociv. Insomma, siamo di fronte a uno dei tanti dossier avvelenati – denuncia il titolare del Mit – che ci hanno lasciato i professionisti della politica, ma che abbiamo affrontato senza pregiudizi. Ecco a cosa serve una seria, rigorosa e finalmente obiettiva analisi costi-benefici”.

“Non è un vezzo o un escamotage per prendere tempo, ma l’unico metodo attendibile – afferma Toninelli – per dare trasparenza e supportare scientificamente le decisioni pubbliche in materia di investimenti, così da utilizzare al meglio i soldi dei cittadini. Il danaro non può essere sprecato, va usato bene e il volano infrastrutture è fondamentale per far ripartire l’economia”.

Oggi, riferisce Toninelli, “l’analisi costi benefici, che insieme alla connessa analisi giuridica verrà a breve pubblicata integralmente, ci dice questo: il costo dell’opera a finire, attualizzato a 30 anni, supererebbe i benefici per una cifra di 1 miliardo e 576 milioni. Dentro questo miliardo e mezzo ci sono varie voci, per esempio i minori ricavi dei concessionari autostradali oppure 905 milioni di euro di accise sulla benzina che non verrebbero incassate dallo Stato per via del cambio modale da strada a ferrovia”.

“Poi – prosegue Toninelli – c’è il versante giuridico, e l’analisi svolta fa una previsione sui costi di abbandono dell’opera. Al miliardo e mezzo già speso, per lavori già eseguiti, che non è contemplato nell’analisi giuridica, ma che a quel punto sarebbe speso per nulla, va aggiunto almeno un decimo del valore residuo del contratto: parliamo quindi di 463 milioni da risarcire al contraente generale che sta costruendo l’infrastruttura, ossia Cociv. Abbiamo detto almeno un decimo, perché si tratta di una stima prudenziale”.

“Poi – aggiunge Toninelli – ci sono i lavori che il contraente generale affida a terzi, visto che realizza l’opera in proprio soltanto per il 40%: qui i costi, i danni e i mancati utili da pagare potrebbero attestarsi su una somma superiore a un decimo e ricadrebbero su rete ferroviaria italiana, quindi in definitiva sullo Stato. Dunque, stiamo parlando almeno di un altro mezzo miliardo. Rimanendo prudenti, siamo già di fronte a 1 miliardo di costi stimati derivanti da un eventuale recesso contrattuale unilaterale, a cui si sommano circa 200 milioni per il ripristino dei luoghi”.