Migranti, cosa cambia con dl Sicurezza  

Migranti, cosa cambia con dl Sicurezza

(Fotogramma /Ipa)

Pubblicato il: 18/12/2018 12:10

Un dossier del Viminale per spiegare le ragioni e gli obiettivi del decreto sicurezza, in particolare sul fronte immigrazione. Con il nuovo decreto sicurezza diventato legge, spiega il ministero dell’Interno, “è stato ampliato il novero dei reati che, per la loro gravità o per il particolare allarme sociale che ne deriva, comportano il diniego o la revoca della protezione internazionale, quali la violenza, l’omicidio, lo spaccio di stupefacenti, il furto, la rapina”. E già oggi, spiega ancora il dossier, “non può ricevere asilo politico chi costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato o per l’ordine e la sicurezza pubblica, ovvero sia stato condannato con sentenza definitiva per reati di particolare gravità”.

Per quanto riguarda il diritto di protezione, “è mantenuto fino alla permanenza delle condizioni che ne avevano giustificato il riconoscimento. In tale ottica – sottolinea il dossier – è stata rivista, ai fini della cessazione del beneficio, la posizione di chi rientra nel Paese di origine in cui, in un primo momento, correva rischi per la propria incolumità e dal quale è fuggito”. Chi rientra nel paese di origine “ove non sussistano seri e comprovati motivi, il rientro stesso contraddice la situazione di pericolo inizialmente riconosciuta o, comunque, la rende non più attuale. Negli ultimi anni sono stati segnalati da parte della Commissione Nazionale per il diritto di asilo frequenti rientri, anche più volte nell’anno, di rifugiati nei Paesi di origine”. “Da settembre 2017 a metà dell’anno in corso – rileva il Viminale – sono stati monitorati oltre 1.400 casi di rientri da parte di titolari di protezione internazionale”.

Continuano a esistere gli SPRAR, ma cambiano nome diventando SIPROIMI, Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati, “in considerazione della più completa e avanzata accoglienza”. Spiega il dossier: “Viene mantenuta e confermata la sperimentata e proficua modalità di accoglienza integrata che vede i sindaci protagonisti nella proposizione e definizione delle progettualità”. Attualmente “la rete degli enti locali aderenti allo SPRAR è notevolmente cresciuta e, ad oggi, il SIPROIMI conta su 877 progetti finanziati, per 35.881 posti, con 1.825 comuni interessati e con più di 27 mila persone in accoglienza”.

Inoltre il sistema di accoglienza “non subirà un ridimensionamento né in termini quantitativi, né qualitativi, anzi si consoliderà ulteriormente come struttura specialistica, dedicata ai percorsi di integrazione e inclusione sociale, volti a consentire a chi rimane in Italia di raggiungere una propria autonomia, e a offrire a chi gode di un permesso di soggiorno per esigenze umanitarie una qualificata assistenza”.

“Nel SIPROIMI – chiarisce il dossier – continueranno ad essere assicurati un complesso di servizi e di attività, con una più strutturata assistenza integrata sul territorio”. Non solo, “nel SIPROIMI potranno confluire i minori stranieri non accompagnati – in aggiunta ai 2.467 già ospitati – che oggi sono accolti, con molte difficoltà, innanzitutto dai comuni (circa 8.860) e, in via residuale, nei centri di prima accoglienza FAMI (circa 326) o nei centri temporanei attivati dalle prefetture (circa 185)”. Le nuove norme, sottolinea il dossier, “non hanno apportato modifiche in ordine alla possibilità di permanenza nel sistema della prima accoglienza (CARA, CAS, ecc.) dei titolari di permesso umanitario”.

Inoltre, per aumentare l’attività di prevenzione da attacchi terroristici “viene introdotta un’ulteriore misura di prevenzione che prevede che gli esercenti l’attività di autonoleggio comunichino i dati identificativi dei richiedenti con un congruo anticipo rispetto alla consegna del veicolo così da consentire i necessari controlli alle Forze di polizia; ciò in quanto in diverse città europee sono stati compiuti attacchi terroristici proprio utilizzando veicoli a motore per colpire indiscriminatamente i pedoni, soprattutto in luoghi affollati”. Non solo. La possibilità per “le Forze di polizia di utilizzare i droni per la prevenzione del terrorismo ed il contrasto della criminalità organizzata ed ambientale è estesa, per la Guardia di Finanza, anche alle attività di polizia economico–finanziaria”.

Si prevede quindi un “aumento del contributo che le società sportive devono riconoscere alle Forze di polizia per l’attività prestata in occasione di manifestazioni, determinato adesso in una percentuale che va dal 5 al 10% dell’incasso contro quella dall’1 al 3% prevista dalla normativa precedente”.

“Per contenere la capacità espansiva delle associazioni mafiose nel delicato snodo degli appalti pubblici, sono state inasprite le sanzioni nei confronti degli appaltatori che ricorrano illecitamente a meccanismi di subappalto. La violazione è diventata un delitto punito con la reclusione da uno a cinque anni e con una multa”. Inoltre, “vengono aggravate innanzitutto le pene per coloro che occupano abusivamente gli immobili ed introdotte novità per salvaguardare i diritti dei proprietari degli immobili”.

Vengono messi a disposizione “oltre 100 milioni di euro, per i Comuni interessati a realizzare iniziative in materia di sicurezza urbana, e a compiere anche eventuali assunzioni di personale della polizia locale a tempo determinato, possono accedere ad un apposito fondo istituito presso il Ministero dell’Interno con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro per il 2018 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020″. A disposizione dei Comuni ci saranno “90 milioni di euro in quattro anni per la realizzazione di impianti di videosorveglianza”.

“I Comuni con una popolazione superiore a centomila abitanti e i Comuni capoluogo di provincia potranno sperimentare l’uso del Taser, come le altre Forze di polizia dello Stato. Le Polizie locali dei Comuni – spiega ancora il dossier – con popolazione superiore ai centomila abitanti e, progressivamente, tutti quelli capoluogo di provincia, potranno poi, per la prima volta, avere accesso al CED delle Forze di polizia per la verifica di provvedimenti di ricerca o di rintraccio esistenti nei confronti delle persone controllate”.