In Italia un parto su 3 con il bisturi  

In Italia un parto su 3 con il bisturi

(Foto Fotogramma)

Pubblicato il: 12/09/2019 19:54

In Italia “c’è ancora un ricorso eccessivo al parto per via chirurgica”. E’ quanto rileva il Rapporto annuale sull’evento nascita in Italia-Cedap 2016. “In media, nel 2016 il 33,7% dei parti è avvenuto con taglio cesareo, con notevoli differenze regionali che comunque evidenziano che in Italia c’è ancora un ricorso eccessivo”, evidenzia il report. Rispetto al luogo del parto si registra un’elevata propensione “all’uso del taglio cesareo nelle case di cura accreditate, dove tale procedura avviene in circa il 50,9% dei casi contro il 31,7% negli ospedali pubblici”. Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle straniere: si ricorre al cesareo nel 27,8% dei parti di madri straniere e nel 35,4% dei parti di madri italiane.

“Nel 2016 il numero totale dei nati è stato di 474.925, in calo rispetto ai 486.451 del 2015. Sono stati rilevati 1.320 nati morti, corrispondenti a un tasso di nati-mortalità pari a 2,78 nati morti ogni 1.000 nati, e registrati 4.835 casi di malformazioni diagnostiche alla nascita. L’indicazione della diagnosi è presente rispettivamente solo nel 32,3% dei casi di nati-mortalità e nel 87% di nati con malformazioni”, sottolinea il report.

L’età media delle madri è di 32,8 anni per le italiane mentre scende a 30,2 anni per le straniere. L’età media al primo figlio è per le donne italiane, quasi in tutte le Regioni, superiore a 31 anni, con variazioni sensibili tra le regioni del Nord e quelle del Sud. Le donne straniere partoriscono il primo figlio in media a 28,3 anni.

Nel 2016, il 21% dei parti è relativo a madri di cittadinanza non italiana. “Tale fenomeno è più diffuso nelle aree del Paese con maggiore presenza straniera, ovvero al Centro-Nord, dove più del 25% dei parti avviene da madri non italiane – osservano gli esperti del ministero – in particolare, in Emilia Romagna e Lombardia, il 32% delle nascite è riferito a madri straniere. Le aree geografiche di provenienza più rappresentate, sono quella dell’Africa (25,9%) e dell’Unione europea (25,4%). Le madri di origine asiatica e sudamericana costituiscono rispettivamente il 18,6 % ed il 7,6% delle straniere”.

L’89,2% dei parti è avvenuto negli istituti di cura pubblici ed equiparati, il 10,5% nelle case di cura e solo lo 0,1% altrove (altra struttura di assistenza, domicilio). “Naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse – sottolinea il report – Il 63,9% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, 173, rappresentano il 37% dei punti nascita totali. Il 5,8% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui”.

Delle donne che hanno partorito nel 2016 il 44,2% ha una scolarità medio alta, il 28% medio bassa ed il 27,8% ha conseguito la laurea. Fra le straniere prevale invece una scolarità medio bassa (45,9%). L’analisi della condizione professionale evidenzia che il 55,3% delle madri ha un’occupazione lavorativa, il 29,3% sono casalinghe ed il 13,3% sono disoccupate o in cerca di prima occupazione. La condizione professionale delle straniere che hanno partorito nel 2016 è per il 51,7% quella di casalinga a fronte del 62,2% delle donne italiane che hanno invece un’occupazione lavorativa.

Nell’85,3% delle gravidanze il numero di visite ostetriche effettuate è superiore a 4 mentre nel 74,6% delle gravidanze si effettuano più di 3 ecografie. La percentuale di donne italiane che effettuano la prima visita oltre il primo trimestre di gravidanza è pari al 2,5% mentre tale percentuale sale al 11,2% per le donne straniere. Le donne con scolarità medio-bassa effettuano la prima visita più tardivamente: la percentuale di donne con titolo di studio elementare o senza nessun titolo che effettuano la prima visita dopo l’11esima settimana di gestazione è pari al 11,7% mentre per le donne con scolarità alta, la percentuale è del 2,6%.

Anche la giovane età della donna, in particolare nelle madri al di sotto dei 20 anni, risulta associata ad un maggior rischio di controlli assenti (3,3%) o tardivi (la prima visita effettuata oltre l’undicesima settimana di gestazione nel 13,8% dei casi). Nell’ambito delle tecniche diagnostiche prenatali invasive sono state effettuate in media 7,1 amniocentesi ogni 100 parti. A livello nazionale alle madri con più di 40 anni il prelievo del liquido amniotico è stato effettuato nel 22,52% dei casi.

La donna ha accanto a sé al momento del parto (esclusi i cesarei) nel 92,2% dei casi il padre del bambino, nel 6,4% un familiare e nell’1,4% un’altra persona di fiducia. La presenza di una persona di fiducia piuttosto che di un’altra risulta essere influenzata dall’area geografica.

Il ricorso ad una tecnica di procreazione medicalmente assistita (Pma) risulta effettuato in media 1,93 gravidanze ogni 100. La tecnica più utilizzata è stata la fecondazione in vitro con successivo trasferimento di embrioni nell’utero (Fivet), seguita dal metodo di fecondazione in vitro tramite iniezione di spermatozoo in citoplasma (Icsi).