Dalla Bolognina a Renzi, 30 anni di scissioni a sinistra  

Dalla Bolognina a Renzi, 30 anni di scissioni a sinistra

(Fotogramma)

Pubblicato il: 17/09/2019 15:19

di Francesco Saita

Quella di oggi, voluta da Matteo Renzi, è l’ennesima divisione a sinistra. Territorio politico dove la ‘dialettica’ tra le parti che la compongono, nate come correnti di partito, negli anni, attraversando la storia repubblicana, ha partorito partiti e partitini. Che hanno frammentato la rappresentanza politica degli eredi di Gramsci, Togliatti, Berlinguer, e anche di Nenni e Craxi, guardando al campo socialista.

Nella memoria del Paese, la svolta della Bolognina, fu la madre di tutte le scissioni. Achille Occhetto, il 12 novembre del 1989, esattamente 30 anni fa, apre al passaggio dal Pci al Partito democratico della sinistra. Un passaggio che vide una lacerazione profondissima a sinistra: i delegati di rifondazione comunista, quasi un terzo del partito, al congresso di Rimini del 1991 – mentre la madre Urss ormai si disgregava – lasciarono il partito appena creato. Nasce Rifondazione comunista, alla guida ci sono Armando Cossutta, l’uomo di Mosca, e poi arriverà anche Fausto Bertinotti, ex leader della Cgil. Nel frattempo il Psi finisce nella tempesta di ‘mani pulite’. Nascono i socialisti italiani di Enrico Boselli, mentre Enrico Manca si accasa con Fabrizio Cicchitto, nel partito socialista riformista. I socialisti italiani si rivolgeranno, poi, alla stella nascente di Silvio Berlusconi e Forza Italia diverrà la casa per molti ex del partito di Bettino Craxi.

Tornando agli eredi di Togliatti, Massimo D’Alema prende in mano il partito di Occhetto e dal Pds si passa – è il 1998 – ai democratici di sinistra, che mettono in soffitta il simbolo della falce e martello. Più a sinistra, Rifondazione perde pezzi: Diliberto critica Bertinotti che molla Prodi, creando il partito dei Comunisti Italiani. Walter Veltroni è il leader del nuovo cambiamento dentro i Ds. Con la vittoria alle primarie si passa, nel 2007, alla nascita del Partito democratico, che vede la fusione tra gli ex Ds, la Margherita di Rutelli, ex di Rifondazione. Ma alcuni non gradiscono la fusione ‘fredda’: Fabio Mussi e Cesare Salvi passano a Sinistra Democratica. Le acque a sinistra restano agitate. Anche Rifondazione perde di nuovo pezzi: a Natale del 2009 la scissione ha la firma di Nichi Vendola, che fonda Sel (sinistra-ecologia-libertà), con lui anche Claudio Fava, che nel frattempo aveva dato vita a sinistra democratica. Il Pdci di Diliberto, invece, rompe con Marco Rizzo. Si forma il Partito comunista.

Intanto il principale partito della sinistra, vede l’addio di Veltroni, che lascia la segreteria: si passa a Franceschini, Bersani e Epifani, poi la leadership passa nelle mani di Matteo Renzi, segretario dal dicembre del 2013. Una segreteria che crea nuove divisioni nel partito, con Renzi anche premier tra il 2014 e il 2016. Nel 2015 Pippo Civati, ex renziano, abbandona il partito e crea ‘Possibile’. L’ex segretario Bersani, D’Alema, Speranza e altri lasciano, invece, dopo un lungo tira e molla. La rottura si matura con il ‘no’ opposto dai dissidenti al referendum del 2016 sulle riforme costituzionali volute da Renzi. Il 25 febbraio 2017 nasce ‘Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista (Mdp). Sono 37 deputati e 14 senatori che lasciano il Nazareno. Poi Bersani e Speranza daranno vita a ‘Liberi e Uguali’ con l’ex giudice Pietro Grasso, con dentro Nicola Fratoianni.

Matteo Renzi nel frattempo ha perso Palazzo Chigi e la guida del partito, a seguito di pesanti sconfitte elettorali, dopo la clamorosa vittoria delle Europee del 2014, vinte con il 40% dei consensi. Sconfitto alle politiche del 2018, lascia la segretaria del partito per la seconda volta, dopo le dimissioni a seguito dell’esito negativo del referendum costituzionale del dicembre del 2016. Oggi l’addio al partito di Zingaretti, appena tornato al governo. Commentato all’AdnKronos da uno stupefatto Achille Occhetto: “Non ho parole”.