Imane morta per malattia, chiesta archiviazione indagine omicidio  

Imane morta per malattia, chiesta archiviazione indagine omicidio

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Pubblicato il: 18/09/2019 14:30

“I tempi richiesti dagli esami sono stati incompatibili con un accertamento della malattia in vita”. E questo, come spiega in una conferenza stampa il pm Tiziana Siciliano, il motivo per cui non è stato possibile diagnosticare in tempo l’aplasia midollare a Imane Fadil, la teste del caso Ruby morta all’Humanitas di Milano il primo marzo dopo un mese di agonia. L’aplasia midollare, cioè l’incapacità del midollo di produrre cellule sanguigne e piastrine, è oggi riconosciuta dalla procura di Milano quale causa certa del decesso della giovane. Per questo oggi la procura ha chiesto l’archiviazione del fascicolo aperto per omicidio volontario.

Come precisa il pm Luca Gaglio, al lavoro sul fascicolo insieme a Tiziana Siciliano e Antonia Pavan, su Fadil sono state eseguite due biopsie midollari mentre la ragazza era ancora in vita. La prima risale al 31 gennaio, due giorni dopo il ricovero della paziente all’Humanitas, il 29 gennaio. “Per i risultati delle biopsie bisogna attendere 5-6 giorni – spiega Gaglio -. Questa prima biopsia indicava una funzionalità del midollo ridotta al 40%, dunque non così grave per certificare una diagnosi di aplasia”. La seconda biopsia midollare è stata effettuata il 19 febbraio, e l’esito è arrivato il 25. “Questo secondo esame – continua il pm – ha certificato una ipocellularità, cioè la funzione del midollo era ridotta al 5%”.

A quel punto, però, è l’ematologo esterno incaricato dalla procura milanese a spiegare che le uniche due terapie che avrebbero potuto salvare la vita della giovane, e cioè una terapia immunosoppressiva e un trapianto di midollo, erano troppo rischiose per essere tentate. “Entrambe – dice ancora il pm – non avrebbero assicurato la sopravvivenza di Fadil e su una paziente immunodeficiente come lei potevano procurare la morte. Di aplasia midollare ci sono 50 casi all’anno in Italia, spessissimo fatali. E una malattia rara e di difficile cura. C’erano più probabilità di morte somministrando una iterapia invece che senza”.