Senzatetto in sciopero della fame: “Arrestatemi o aiutatemi”  

di Lavinia Gerardis

“Chiedo di essere arrestato”. È la provocazione di Pietro, da 10 giorni in sciopero della fame, prima davanti al carcere romano di Regina Coeli, ora sotto Montecitorio. La sua storia ha luci e ombre un po’ come tutte le vite di strada.

“Dieci anni fa – racconta – dopo essermi lasciato con la donna che amavo, mi ero lasciato andare, bevevo e dormivo per strada. Una sera dei giovani mi aggredirono con dei calci in faccia. Nonostante li avessero presi, visto che io ero solo un senzatetto, li rilasciarono subito. Dopo pochi giorni avendoli rivisti in giro mi arrabbiai molto e feci l’errore di andarmela a prendere con le guardie. Li insultai pesantemente e mi beccai una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale. Da allora – afferma lui – il mio avvocato d’ufficio è sparito e non m’ha fatto sapere più niente. La mia vita nel frattempo è andata avanti per la strada, ma ho smesso di bere, mi sono ripulito, ho fatto lavori saltuari… La faccenda della denuncia però ha portato, dopo 10 anni, a una condanna a 4 mesi“.

“Sotto i tre anni di solito non ti arrestano – sostiene Pietro – ma magari ti fanno scontare la pena con i lavori socialmente utili. Uno dei requisiti però è che tu abbia un domicilio. Da un momento all’altro, io potrei veder arrivare una pattuglia che mi viene a prendere per portarmi in carcere. E io non posso vivere con questa spada di Damocle, non è giusto”.

E qui scatta la protesta disperata di Pietro. “Se così deve essere arrestatemi subito, mi consegno spontaneamente. Io non ho mai avuto problemi con la giustizia – dice – nonostante i miei sbagli non ho mai fatto male a nessuno, non ho commesso reati, non mi sono mai fatto un giorno di galera – continua con negli occhi, ora, uno sguardo che tradisce la paura – . Non so nemmeno com’è un carcere. Oltretutto, ora percepisco il reddito di cittadinanza e quindi non posso fare lavoretti in nero sennò lo perdo. Ma con poco più di 400 euro del reddito non ce la faccio a pagarmi una casa. E senza la casa rischio il carcere. Se finisco in carcere, per legge perdo anche il reddito, così quando esco non avrei più manco questo piccolo aiuto. Non è giusto – dice Pietro – io ci ho provato a rimettermi in piedi, a riprendere in mano la mia vita ma ora spero che qualcuno mi aiuti”.