Italia leader nella farmaceutica, studio indica le priorità  

Italia leader nella farmaceutica, studio indica le priorità

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Pubblicato il: 19/09/2019 14:52

Oggi l’Italia può vantare un ruolo di leadership in Europa nell’industria farmaceutica grazie a un valore della produzione pari a 32,2 miliardi di euro e una crescita dell’export costante (+117% in 10 anni, a 26 mld nel 2018), che la pone nella top 10 degli esportatori a livello globale. Un Paese, il nostro, che detiene anche il primato europeo nella produzione farmaceutica Cdmo (Contract Development and Manufacturing Organization), con una quota pari al 25% del totale. Posizioni non semplici da mantenere in un contesto che muta.

Lo studio Pharma Manufacturing 2030, realizzato da The European House – Ambrosetti insieme a Sanofi, Dompé e Altran e presentato questa mattina a Roma in occasione del Forum ‘L’industria manifatturiera farmaceutica italiana: scenario di riferimento e prospettive di sviluppo al 2030‘, ha indicato le priorità proprio per consentire all’industria farmaceutica in Italia di mantenere la propria posizione nel medio-lungo periodo. La leadership italiana è infatti messa a rischio da alcuni fenomeni emergenti a livello globale, come lo sviluppo di nuovi poli industriali nel settore delle Life sciences; l’affermazione della nuova rivoluzione tecnologica basata su digitale e genomica; il costo di sviluppo dell’innovazione terapeutica e la necessità di garantire la sostenibilità ed equità dei sistemi sanitari.

Tre gli obiettivi specifici individuati dall’indagine: 1) Diventare un centro di ricerca e sviluppo d’eccellenza per le biotecnologie e le terapie avanzate; 2) Strutturare un hub industriale rifocalizzato su convergenza fra Life sciences e digitale; 3) Sviluppare un ecosistema in grado di fornire servizi farmaceutici e sanitari integrati e personalizzati. Mentre sono quattro le aree prioritarie di interventi da attivare per consentire all’Italia di mantenere la leadership nella manifattura farmaceutica nei prossimi anni: persone e competenze, ambiente favorevole alla ricerca e innovazione, digitalizzazione, partnership.

Tra i vari interventi si auspica ad esempio un innalzamento progressivo della quota dei laureati nelle discipline Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics), dagli attuali 14/1.000 persone agli almeno 20/1.000 al 2030, raggiungendo la quota media attuale dell’Europa, e misure di incentivazione agli investimenti in R&S e in produzione soprattutto di manifattura avanzata per rispondere ai trend in atto a livello globale.

Per quanto riguarda il prossimo futuro, in uno scenario di mantenimento della crescita del valore della produzione farmaceutica pari al tasso registrato negli ultimi 10 anni (+22% dal 2008 al 2018), si avrebbe al 2030 un valore della produzione pari a 41,8 miliardi di euro, che genererebbe un valore aggiunto diretto, indiretto e indotto pari a 21,4 mld. In questo scenario nel nostro Paese si stima un aumento dell’occupazione diretta (77.700 occupati vs 66.500 del 2018), ma anche indiretta e indotta (92.400 occupati vs 79.000 del 2018) ipotizzando costanti gli attuali livelli di produttività.

Secondo i dati diffusi da Farmindustria, nel 2018 l’industria farmaceutica in Italia ha realizzato investimenti pari a 3 miliardi di euro (1,7 mld in ricerca e sviluppo e 1,3 nel manufacturing), ha generato un valore aggiunto diretto e indiretto di 17,5 mld, con una forza lavoro composta per il 90% da persone con una formazione di alto livello (54% laureati o con Phd), giovani (l’81% dei nuovi assunti negli ultimi 3 anni è under 35) e con una rilevante presenza del genere femminile (42%). A questo si aggiunge una forte attenzione per l’ambiente che la pone al vertice per sostenibilità nel comparto manifatturiero: negli ultimi 10 anni, -54% di consumi energetici e -74% di emissioni gas (anidride carbonica, biossido di azoto, metano), e oltre 50% dei rifiuti destinati a riciclo.

L’indagine dà vita a un vero e proprio Manifesto per la leadership dell’Italia nell’industria farmaceutica. Le cui linee d’azione indicano, in primis, che il Paese deve essere in grado di sviluppare competenze innovative, digitali e interdisciplinari così da rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. In aggiunta, occorre creare un ambiente pro ricerca e innovazione attraverso incentivi agli investimenti stabili nel tempo, soprattutto per la digitalizzazione e per la ricerca e sviluppo, e una burocrazia più a misura di impresa, che permetta di velocizzare le procedure amministrative con l’applicazione del criterio del silenzio-assenso e dei meccanismi di fast-track.

E’ necessario inoltre accelerare i processi di digitalizzazione, fornendo alle industrie strumenti per monitorare il proprio stato di innovazione e digitalizzazione, e simulare l’integrazione di processi produttivi in ottica 4.0. Non da ultimo bisogna rafforzare l’ecosistema attraverso l’open innovation, favorendo la collaborazione anche tra player di settori diversi, nell’ottica di proporre un’offerta integrata di prodotti e servizi sempre più innovativi, digitalizzati e a misura di paziente. Il dialogo e la collaborazione di tutti gli stakeholders è condizione indispensabile e imprescindibile.

Nel Manifesto si propone inoltre di istituire presso la presidenza del Consiglio dei ministri un referente unico per il settore, che possa coordinare la collaborazione tra i player industriali e i diversi ministeri coinvolti (Sviluppo economico, Salute, Ricerca e Lavoro) per elaborare insieme piani quinquennali di sviluppo strategico. Una visione a medio e lungo termine è fondamentale per un settore come quello farmaceutico, driver di un ecosistema della salute di alto valore per tutti, un settore leader per investimenti in innovazione per addetto, per contributo allo sviluppo del capitale umano e volano di crescita economica e sociale per il Paese.