Strage Bologna, Chiocci: “Conte tolga segreto su carte palestinesi”  

Strage Bologna, Chiocci: Conte tolga segreto su carte palestinesi

(Fotogramma)

Pubblicato il: 21/09/2019 20:47

Chi risponde sulle carte palestinesi nascoste? Perché il governo non toglie segreto sulle minacce del Fronte popolare per la liberazione della Palestina all’Italia arrivate appena prima di Ustica e Bologna? Perché la magistratura non acquisisce queste carte? Perché i grandi giornali se ne fregano? Solo Radio Radicale ne parla. Perché anche Conte si adegua? Via il segreto, vogliamo la verità che è custodita a Roma in un ufficio dei Servizi segreti e in Parlamento”. Lo ha affermato Gian Marco Chiocci, direttore dell’Adnkronos, intervenuto ad ‘Atreju 2019‘ sulla strage di Bologna, nella quale il 2 agosto 1980 morirono 85 persone e altre 200 rimasero ferite.

Chiocci ha ricordato che “esiste una verità processuale acclarata con sentenza definitiva che condanna gli ex Nar Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che ha molti buchi e alla quale sempre meno persone – anche a sinistra – credono, che porta alla strage fascista” ed “esiste una verità nascosta per anni, e scoperta solo grazie a giornalisti, consulenti, studiosi, storici, avvocati, che è uscita fuori e sta uscendo fuori, e che porta ad una pista palestinese che è stata forse troppo frettolosamente archiviata dalla procura di Bologna”.

Il direttore di Adnkronos ha sottolineato che esistono oggi, dunque, “due nuove verità nascoste”: “Una è clamorosa: il governo e i servizi la conoscono, alcuni parlamentari l’hanno letta ma non ne possono parlare, e riapre la pista arabo-palestinese”. A ciò si aggiunge il caso del “cadavere scomparso di una vittima”, ha continuato Chiocci riferendosi alla storia di Maria Fresu, una delle 85 vittime della strage di Bologna, il cui corpo non si è mai trovato. Le sono stati attribuiti alcuni resti (nonostante non combaciasse il gruppo sanguigno) che ora sono stati riesumati e sottoposti a perizia nell’ambito del nuovo processo sulla strage che vede imputato Gilberto Cavallini. La verità emersa dalla perizia è sconvolgente: nei resti sono stati riscontrati due diversi dna. Ciò vuol dire che appartengono a due persone diverse. Perché nella tomba di Fresu ci sono i resti di due persone diverse? Se nessuno è della Fresu di chi sono quei due resti? – ha proseguito Chiocci – Sono di una 86esima vittima? E chi sarebbe visto che non è mai stata denunciata la scomparsa e non è mai stata catalogata tra vittime?”.

“Il lembo facciale, per i periti, è di una donna vicina alla bomba mentre Fresu era più lontana, insieme alla figlia e a un’amica entrambe morte ma con i corpi integri, come riferisce la sopravvissuta – ha concluso .- Se il corpo di Fresu non è disintegrato, che fine ha fatto? E che fine ha fatto il corpo vicino alla bomba? Perché non si trova? Era una terrorista del gruppo Carlos, come ipotizza qualcuno? Era di una fascista? Nessuno lo sa. Sono tutti interrogativi più che legittimi e ai quali ora, a quasi 40 anni dalla strage, va data risposta”.

“A 39 anni dall’attentato del 2 agosto 1980 un ricercatore ha trovato, tra gli atti della strage di Brescia, dei documenti del Sismi” che parlerebbero delle minacce di attentati all’Italia da parte del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp) a ridosso delle stragi di Bologna e Ustica, ha raccontato ancora il direttore di Adnkronos.

Nel ripercorrere a ritroso gli ultimi misteri sull’eccidio alla stazione, Chiocci ha ricordato come, un mese e mezzo fa, a 39 anni dalla strage, “in una conferenza alla Camera promossa da Federico Mollicone, alcuni parlamentari hanno ammesso verità sconvolgenti: hanno detto di aver hanno letto atti di cui non possono parlare, collegati anche ad Ustica“.

In tutti questi anni, ha proseguito il direttore dell’Adnkronos, “è stato ignorato il messaggio reiteratamente lanciato da Cossiga”, quello relativo all'”esplosione prematura”, ossia l’ipotesi che l’esplosione sia avvenuta accidentalmente. Una pista che ora potrebbe rafforzarsi con le novità emerse dalla nuova perizia effettuata nell’ambito del processo a Gilberto Cavallini in corso a Bologna. “Adesso è stato trovato, dopo 39 anni, abbandonato tra i reperti, un interruttore che per i nuovi periti potrebbe essere la sicura difettosa usata nel trasporto della valigia”, ha proseguito il direttore Chiocci.