Clima, l’allarme glaciologo  

Clima, l'allarme del glaciologo

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Pubblicato il: 25/09/2019 14:07

di Andreana d’Aquino

Non sorprende i glaciologi l’allarme, rilanciato all’Onu, dal premier Giuseppe Conte sul rischio di crollo del ghiacciaio del Monte Bianco. “In 30 anni è andata persa il 50% della superficie alpina” e “sono quindi decenni che segnaliamo questi rischi” che ora, “grazie all’interesse della politica” stanno diventando noti “a tutta l’opinione pubblica”. A delineare il quadro, intervistato dall’AdnKronos, è il glaciologo Renato Colucci dell’Istituto di Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

“E se in 30 anni è andata persa il 50% della superficie alpina” ciò è un dato, spiega lo scienziato dell’Ismar-Cnr, “sorprendente, da non sottovalutare” visto che “ci sono voluti 100 anni per registare la perdita del 70% della superficie alpina”. La causa, a far collassare i ghiacciai alpini “è senza ombra di dubbio il caldo”, le temperature “che si stanno rialzando” scandisce Colucci. Gli scenari sono noti, ribadisce il glaciologo, “perché è dagli anni ’80 che assistiamo a fasi parossistiche”, ovvero ad una “scomparsa massiccia di superfici di ghiacciai” e “questa condizione è grave perché più un ghiacciaio diventa piccolo, più diventa vulnerabile alle ondate di calore”.

Se “l’estate del 2003 è stata torrida, l’estate del 2019 -considerando tutti i parametri- è stata la più calda di sempre” ed a fronte “di queste ondate di calore, il ghiacciaio a rischio del Monte Bianco non ce la farà, ma ciò vale per tutti i ghiacciai dell’arco alpino” dice Colucci, mettendo a fuoco così le conseguenze dell’aumento delle temperature.

Colucci ricorda che “in molti, nell’estate del 2003, allora considerata come la più calda mai registrata, pensarono e dissero che un’estate così torrida non si sarebbe ripetuta, non sarebbe più tornata, invece l’estate 2019 ha smentito queste considerazioni”.

“L’estate appena trascorsa – spiega il glaciologo dell’Ismar-Cnr – è stata infatti quasi uguale al 2003, anno in cui le temperature aumentarono in media, tra Nord e Sud d’Italia, di 3-4 gradi Centigradi e l’estate del 2019 ha fatto registrare appena mezzo grado in meno di media”. E “negli ultimi 150 anni non si sono verificate ondate di calore simili”.

Anche le immagini dei satelliti dell’Esa – sottolinea l’esperto – hanno mostrato quanto l’Europa sia stata bollente in questa estate del 2019, ma “le nostre città non sono preparate a reggere temperature così torride: Parigi non è Marrakech“.

“Sarà un problema per le città europee sostenere le ondate di calore, non siamo preparati. In Tunisia, le strade di Marrakech sono strette per non far passare il sole ed il caldo, a Parigi, al contrario, le strade sono ampie proprio per il motivo opposto: far passare più sole e trattenere più calore” segnala Colucci.

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