Malattie rare: per adolescenti odissea passaggio da pediatra a medico adulti  

Malattie rare, per adolescenti odissea passaggio da pediatra a medico adulti

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Pubblicato il: 27/09/2019 15:03

Vivere con una malattia rara è sempre difficile. Ma per gli adolescenti, già alle prese con un’età complessa, tutto si complica – anche nell’assistenza ‘consolidata’ – quando si deve passare dalle cure del pediatra a quelle del medico che si occupa degli adulti. Un tema relativamente nuovo perché legato ai progressi delle terapie che, in molti casi, consentono a bambini che un tempo non sarebbero mai diventati adulti, di continuare a vivere, curati però non più in area pediatrica. Una transizione delicata per i giovani pazienti, ma di cui si parla poco. Molto c’è ancora da fare in termini di informazione e formazione, secondo gli specialisti riuniti oggi a Roma per l’incontro Lsd Academy 2019, organizzato da Shire Italia (ora parte di Takeda), e dedicato in particolare alle malattie da accumulo lisosomiale.

“La transizione deve garantire a bambini e adolescenti con problemi fisici e medici di natura cronica un’assistenza continuativa, su misura, comprensiva, empatica e professionalmente competente, e testimoniare un’alta qualità dei servizi sanitari”, spiega Raffaele Manna dell’unità operativa complessa di medicina interna Istituto di medicina interna (Rare diseases and periodic fevers research Centre ) dell’università Cattolica del Sacro Cuore. “Questo passaggio è così delicato e importante che tutta la comunità scientifica se ne sta interessando”.

Secondo Eurordis-Rare Diseases Europe, circa il 50% delle malattie rare inizia in età infantile e oggi un maggior numero di piccoli pazienti raggiunge l’adolescenza e l’età adulta. “Tuttavia – avverte Manna – la salute e il benessere di questi bambini continuano a dipendere dalla continuità dell’assistenza medica a essi fornita”.

“Come per molte altre malattie metaboliche, anche per le malattie lisosomiali, il momento della transizione rappresenta una tappa cruciale nel percorso clinico dei pazienti”, afferma Carlo Dionisi Vici, Division of Metabolism del Bambino Gesù di Roma. “Il passaggio da una struttura di riferimento pediatrico alla medicina dell’adulto richiede prima di tutto un’approfondita conoscenza della patologia da parte del medico di medicina interna coinvolto nel processo di transizione. Il pediatra ha gestito come ‘case manager’ l’età infantile e adolescenziale e, nel passaggio del testimone, è indispensabile che il medico di medicina interna disponga di analoghe competenze, ma anche disponibilità e attitudine a modelli di lavoro interdisciplinari”.

Le malattie da accumulo lisosomiale sono un gruppo di circa 50-60 rare patologie ereditarie, caratterizzate dall’accumulo all’interno dei lisosomi di macromolecole non digerite o parzialmente digerite. E se per alcune malattie metaboliche, come il diabete mellito, già note ai medici di famiglia e agli internisti, il passaggio dal pediatra al medico dell’adulto può essere relativamente semplice, non si può dire lo stesso per queste patologie. Né sono da trascurare, nella delicata fase di transizione, le implicazioni di tipo psicologico ed emotivo.

“La transizione è un passaggio delicato perché riguarda quattro soggetti: l’adolescente, la famiglia, il mondo della cura pediatrica e il mondo della cura dell’adulto, in una situazione di vulnerabilità data dalla patologia cronica”, spiega Lucia Sciarretta, psicologa clinica e psicoterapeuta Neuropsichiatria infantile Istituto Gianni Gaslini di Genova.

“La malattia cronica diagnosticata in età pediatrica – aggiunge la psicologa – si porta dietro non solo una complessità assistenziale, ma anche un impatto emotivo per la famiglia che può stravolgere le dinamiche interpersonali, modificando l’essere madre e l’essere padre e di conseguenza l’essere figlio che diventa un piccolo paziente. Talvolta i genitori sono portatori sani e anche questa caratteristica crea significati, come i sensi di colpa, che condizionano i legami. Le manifestazioni sintomatiche, poi, possono essere varie e avvengono in un corpo e in una mente in crescita. È chiaro che non si può improvvisare, ma sono necessari protocolli e linee guida”.

La transizione rappresenta la vera sfida per il futuro dei nostri pazienti. “Le strutture pediatriche e le società scientifiche di settore devono aprirsi al mondo della medicina interna – conclude Dionisi Vici – prima di tutto offrendo percorsi di formazione. Parallelamente alla formazione, le reti di eccellenza per malattie rare, nel caso delle malattie metaboliche Metabern (il network europeo dedicato a chi è affetto da queste patologie), devono garantire standard di cura adeguati e il più possibile omogenei”.