Polizia Penitenziaria contro le fiction: “Rappresentazione distorta carcere” 

Polizia Penitenziaria contro le fiction: Rappresentazione distorta carcere

(Fotogramma)

Pubblicato il: 05/10/2019 11:44

“Nei giorni scorsi avevamo segnalato, senza ottenere alcun riscontro, come in una recente puntata della fiction Tv ‘Un passo dal cielo’, andata in onda su RaiUno, le scene ambientate in un istituto penitenziario fossero state rappresentate in maniera totalmente distante dalla realtà, offrendo dunque una rappresentazione del carcere fuorviante e lesiva per l’immagine del personale e dell’Amministrazione penitenziaria. Ieri sera, nella puntata della fiction tv di Canale 5 ‘Rosy Abate – Seconda stagione’ è andata, forse, peggio”. Così, in una nota, Donato Capece, segretario generale del sindacato della Polizia penitenziaria Sappe.

“In una scena nel carcere minorile di Nisida – scrive Capece – alcuni poliziotti sono corrotti, al soldo di pericolosi criminali, notano detenuti che si drogano senza assumere provvedimenti, consentono colloqui con avvocati che usano e fanno usare telefoni cellulari e cedono orologi di valore a ristretti per traffici illeciti, consentono il pestaggio di un ristretto. Poliziotti con un manganello come arma individuale di dotazione alla cinta dell’uniforme, che favoriscono l’evasione di un detenuto, con la complicità di un poliziotto di altra forza dell’ordine che, anziché impedire l’evento, picchia uno degli agenti del carcere! Inesattezze di gravità inaudita. Ma possibile che nessuno abbia letto i copioni della fiction pur avendo autorizzato le riprese nel carcere?

Si legge ancora nella nota: “Risulta lesivo, ancor prima che delle Istituzioni, dell’immagine del Corpo della Polizia Penitenziaria che, a volte anche a costo della vita, affronta quotidianamente sacrifici e turni di servizio massacranti pur di assicurare un servizio al Paese nella dura e difficile realtà delle carceri del Paese. Gli agenti hanno qualità e competenze necessarie al delicato compito cui vengono chiamati, non meritano, dunque, di essere offesi e mostrati come burattini che non si accorgono di nulla o che, se anche vedono quanto succede nelle sezioni detentive, soccombono alle logiche di prepotenza e violenza dei criminali ristretti”.