Siria, una dozzina gli italiani pro Isis partiti dal nostro Paese 

Siria, una dozzina gli italiani pro Isis partiti dal nostro Paese

(Afp)

Pubblicato il: 11/10/2019 14:05

Sono non più di una dozzina, secondo recenti stime, i militanti pro Isis di nazionalità italiana partiti in questi anni dal nostro Paese con l’obiettivo di combattere nelle file dell’organizzazione terroristica di Abu Bakr al-Baghdadi in Siria ed in Iraq. Il resto dei militanti partiti dall’Italia sono stranieri che hanno soggiornato nel nostro Paese o per qualche motivo sono transitati per il territorio italiano, per un totale di 138 foreign fighter. Questo segnalavano a marzo gli 007 italiani nella Relazione annuale al Parlamento sulla politica dell’informazione per la sicurezza, curata dal Dis, nella quale si calcola che una cinquantina di combattenti siano stati uccisi nei teatri di conflitto.

Fonti curde hanno rivelato ad Aki-Adnkronos International che attualmente “una donna, i suoi due figli e un combattente gli italiani” dell’Isis sono nelle prigioni nella Siria nordorientale gestite dalle Unità di protezione del popolo (Ypg) curdo. In altri Paesi il fenomeno degli aspiranti combattenti per il terrorismo è stato decisamente più marcato. I numeri italiani sono molto inferiori a quelli di Belgio, Francia, Germania e Gran Bretagna, da dove in questi anni sono partiti per le zone del fronte almeno 3mila combattenti. Dopo la sconfitta militare imposta all’Isis in Siria e Iraq, l’allerta è soprattutto in relazione al concreto rischio del cosiddetto ‘effetto blowback’, vale a dire alla possibilità che, una volta rientrati nei Paesi d’origine, i foreign fighter decidano di passare all’azione.

Nel rapporto dell’Europol di fine giugno si evidenziava proprio come i foreign fighter stiano tornando in massa in Europa. Il Regno Unito è in testa ai Paesi europei con la più alta percentuale di combattenti di ritorno con il 45% di sospetti jihadisti rientrati da Siria e Iraq. A seguire c’è la Germania, mentre l’Italia ha visto finora un ritorno di jihadisti “approssimativamente tra il 20 ed il 30%“, si legge nel rapporto. Secondo l’Europol, i foreign fighter di ritorno continuano ad utilizzare sia le rotte balcaniche che quelle mediterranee per tornare in Europa.