Ponte Messina, Consulta esamina rimborsi per mancata opera 

Ponte Messina, Consulta esamina rimborsi per mancata opera

(Fotogramma)

Pubblicato il: 05/11/2019 13:19

di Enzo Bonaiuto

Il ponte di Messina continua a far parlare di sé, anche una volta cancellato dall’elenco delle opere pubbliche e dai piani delle infrastrutture strategiche di trasporto. Questa volta a occuparsi di quello che, dal 1971 anno della sua ideazione, è stato per alcuni un sogno e per altri un incubo, ovvero il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e la Calabria sullo Stretto di Messina, sono i giudici della Corte Costituzionale, riuniti oggi in udienza pubblica e domani in camera di consiglio a palazzo della Consulta, per stabilire la costituzionalità della legge che stabilisce criteri diversi da quelli normalmente previsti dalla pubblica amministrazione, per i rimborsi a causa della mancata realizzazione dell’opera.

In particolare, come ricostruisce il giudice relatore Mario Morelli, il decreto legge del novembre 2012 poi convertito in legge il mese successivo prevede che, dopo la caducazione del contratto per la rinuncia dello Stato a costruire il Ponte di Messina, alla società statunitense Parsons vada riconosciuto come indennizzo, “a definitiva e completa tacitazione di ogni diritto e pretesa”, oltre al valore delle prestazioni progettuali contrattualmente previste e direttamente eseguite, una percentuale del 10% di questo importo e non del 10% comprensivo anche delle opere non eseguite. Una questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Roma, nella sua sezione specializzata in materia di impresa.

I legali della Parsons, con l’intervento dell’avvocato Alfredo Lucente, ritengono che vada applicato quanto previsto dalla normativa generale in materia di appalti pubblici, in quanto l’intervento successivo del legislatore sarebbe discriminatorio imponendo un criterio di calcolo diverso e più oneroso per la società Usa. In tal modo, si violerebbe anche il principio di imparzialità della pubblica amministrazione, a causa della disparità di trattamento tra chi ha sottoscritto un contratto di appalto con la società Stretto di Messina spa e tutti gli altri contraenti privati che hanno firmato contratti con la Pa.

Dal canto loro, i legali della Stretto di Messina spa, poi posta in liquidazione, rappresentati in Consulta dall’avvocato Marco Annoni, osservano che l’opera in questione aveva caratteristiche del tutto particolari, con il 60% di risorse pubbliche e il 40% di finanziamenti privati che andavano ricercati sul mercato; e che il compito affidato alla Parsons non era di realizzare le opere ma di vigilare sulla loro esecuzione, mai avvenuta.

La posizione del Governo è ribadita dall’Avvocatura dello Stato con l’intervento dell’avvocato Andrea Fedeli, per il quale il contesto di crisi economica e finanziaria del 2012, di assoluta emergenza, che ha colpito non solo l’Italia ma anche gli altri Paesi della Ue e gli stessi Usa, ha portato non al recesso unilaterale ma alla caducazione del contratto, con l’emanazione di una legge-provvedimento pienamente ragionevole e legittima.