“Troppe palate di fango”, la ‘crociata’ anti-social di Galantino  

Troppe palate di fango, la 'crociata' anti-social di Galantino

(Fotogramma)

Pubblicato il: 09/11/2019 15:07

‘Crociata’ anti-social di monsignor Nunzio Galantino. Il presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede (Apsa), già segretario generale della Cei, nel nuovo volume ‘Sul confine’ (Piemme edizioni) affronta anche la questione dei social e delle ‘piazze virtuali’ mettendo in guardia sui rischi della comunicazione. Il presule non esprimerà mai le sue opinioni cinguettando su tweet o esprimendosi su Facebook. “Ho scoperto – osserva infatti nel volume – quasi per caso che per iscriversi a Facebook bisogna avere almeno tredici anni. Io invece da adulto ho deciso di abbandonare Facebook in attesa di tempi migliori e, state tranquilli, non mi iscriverò a Pokèmon Go“.

“Sempre più spesso – lamenta Galantino – si leggono contributi che dispensano consigli per scovare le ‘bufale’, pochi, invece, ad esempio, spingono a indignarsi per le calunnie e per le palate di fango che vengono sparse sui social e attraverso i social“. Ecco perché Galantino fa sue le parole di Umberto Eco (“i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino senza danneggiare la collettività”): “E’ proprio vero – annota il vescovo -. Come si fa a dare torto a Eco leggendo idiozie che ‘postate’ diventano capofila di vere e proprie fiere dell’ovvietà se non della cattiveria gratuita e volgare? E questo, purtroppo, vale per tutti gli ambiti della vita: dalla politica allo sport, dall’intrattenimento alla religione. Sì, anche la religione! Guai a non condividere, come minimo con un ‘mi piace’, i giudizi sprezzanti di alcune conventicole e a mostrare qualche disappunto per l’uso di espressioni cariche di volgarità e di livore… in nome dell’ortodossia!”.

Il presidente dell’Apsa, dicendo comunque che i social non sono solo questo, parla anche di “pagine intense e davvero interessanti che giustificano la frequenza di una piazza virtuale che domanda comunque il possesso di anticorpi per non ritrovarsi rinchiusi in una vera e propria prigione”. Il presule è arrivato ad una sua conclusione: “Talvolta ho l’impressione che tutti questi modi eticamente inefficaci e dannosi di stare sui social siano un modo per dire a tutti il proprio livello di insoddisfazione nei confronti della vita“.