Nassiriya, padre Zanotelli: “Vittime non sono martiri” 

Nassiriya, padre Zanotelli: Vittime non sono martiri

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Pubblicato il: 12/11/2019 14:37

“L’Iraq è davvero una grande patata bollente… Ma la presenza militare italiana non deve più esserci, non possiamo più stare in un Paese che abbiamo contribuito a distruggere. Diverso è il discorso relativo alla presenza civile italiana, di assistenza alla popolazione”. E’ quanto sostiene all’AdnKronos padre Alex Zanotelli, missionario e pacifista.

“L’Iraq è stato distrutto da una guerra completamente ingiusta, tutta costruita sulle menzogne dell’Occidente, contro cui una delle poche voci che si sollevò allora fu quella di Papa Giovanni Paolo II – sottolinea il religioso – il popolo è stato annientato, tutte le relazioni sono saltate. Restare in una situazione del genere è un obbligo morale per la comunità internazionale, anche per noi italiani, ma non con i militari: servono ben altre presenze per ricostruire quel territorio e rimettere in piedi quella società”.

Per padre Zanotelli, poi, “anche i militari vittime dell’attentato a Nassiriya non andrebbero definiti ‘martiri’, in quanto noi eravamo lì per difendere con le armi il nostro petrolio: guardiamoci in faccia e diciamoci queste cose, anche se purtroppo in Italia sembra impossibile dirlo e costa una valanga di insulti… ma è questa la cruda verità. Cosa ci stanno a fare, ancora oggi, i soldati italiani in Iraq, come del resto anche in Afghanistan? Noi occidentali li aiutiamo a fare la guerra all’Isis? Ma se in Siria abbiamo abbandonato i curdi, che hanno davvero lottato contro l’Isis…”.

LE REAZIONI – “Preti così possono far perdere la fede – commenta all’Adnkronos Ignazio La Russa, di Fratelli d’Italia, ex ministro della Difesa e vicepresidente del Senato – Il Papa, o chi per lui, dovrebbe esaminare le parole” pronunciate da padre Alex Zanotelli, “che per un cattolico possono essere vere e proprie bestemmie”.

“Questo signore non sa quello che dice, dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa ai parenti dei nostri morti: è indegno di dirsi prete! Scriverò direttamente in Vaticano”, tuona il leader della Lega Matteo Salvini.

Per Giuseppe Moles, vicecapogruppo di Fi al Senato, “è inutile stupirsi delle indegne parole di questo pretucolo politicante con la kefiah. Anche oggi non perde l’occasione per cercare di avere un po’ di visibilità anziché stare per la prima volta zitto. E lo fa offendendo la memoria di italiani in divisa”. “Questo personaggio pieno di odio e risentimento che predica non il Vangelo ma lo stupidario comunista – dice l’esponente azzurro all’Adnkronos – ogni tanto dovrebbe farsi un esame di coscienza, anche perché tutto ciò non ha proprio nulla a che vedere né con i veri preti né con il Vangelo”.

“Purtroppo da un prelato ci saremmo aspettati parole di misericordia e cordoglio e non di attacco ai nostri caduti: martiri ed eroi – afferma all’AdnKronos Paolo Formentini, vicepresidente leghista della Commissione Esteri della Camera – Come ha detto Matteo Salvini noi siamo grati ai nostri militari (ricordiamo e siamo vicini ai feriti di domenica) che rischiano ogni giorno la vita per proteggere l’Italia dal fondamentalismo islamico e da ogni minaccia interna ed esterna”.

“Bisogna saper distinguere tra il giudizio politico e storico sulla partecipazione dell’Italia alla guerra contro l’Iraq nel 2004 e il sacrificio dei militari italiani a Nassiriya – dice all’Adnkronos il deputato del M5S Giovanni Luca Aresta, membro della Commissione Difesa di Montecitorio – Quanto al primo aspetto il nostro giudizio è che la guerra fu un tragico errore: non c’erano armi di distruzione di massa e le conseguenze dell’invasione militare ci hanno consegnato un Iraq spaccato per via settaria e preda di Al Qaeda e poi di Daesh (Isis). Il sacrificio dei militari, che sono stati mandati lì dal governo dell’epoca, è altra cosa e merita il rispetto che gli stiamo tributando. La critica, anche feroce, può essere fatta ai governi ma non certo ai nostri militari”.