Gli ex vicini della Trenta al Pigneto: “Quando c’era lei, la via era sorvegliata”  

Gli ex vicini della Trenta al Pigneto: Quando c'era lei, la via era sorvegliata

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Pubblicato il: 18/11/2019 17:51

di Silvia Mancinelli

“Elisabetta ha vissuto sempre qui, da quando è venuta a Roma. Lei, il marito e un cagnolino che gli è stato regalato da poco. Una coppia a modo, molto discreta e cortese, davvero semplice. La scorta nemmeno saliva fin su all’appartamento, lei si faceva portare al palazzo, poi entrava sola anche quando tornava dal supermercato e da sola si portava per cinque piani le buste della spesa. Lei e il marito a me piacciono, prima che Elisabetta diventasse ministro andavano a lavoro in bicicletta, per non inquinare”. Nel quartiere del Pigneto, dove l’ex ministro della Difesa in quota 5 Stelle ha una casa di proprietà, i condomini che l’hanno incrociata ogni giorno per anni prendono le distanze dalla polemica sull’alloggio di servizio preferito al più modesto trilocale da 80 metri quadrati senza balconi (meno di 300mila euro il valore stimato) e insistono sulla discrezione di una “persona per bene”.

Dice all’Adnkronos un inquilino della sua stessa scala, uno dei pochissimi italiani in uno dei quartieri più multietnici della Capitale: “Da qui è andata via ad aprile scorso. A me ha detto che nemmeno lo avrebbe lasciato l’appartamento, ma in centro si sentiva più sicura e poi le serviva una sistemazione valida che le assicurasse anche una possibilità di rappresentanza che qui, a pochi passi dalla sopraelevata, non aveva. Da allora non si vede che il marito, ogni tanto lui torna per prendere delle cose. Certo, se dovesse tornare dopo un trasloco tanto recente, sarebbe un tantino disagevole per lei, avanti e indietro con gli scatoloni. Perché sì, la casa non l’ha affittata. E’ ancora sua, come l’ha lasciata”.

C’è anche chi, nello stesso stabile da 40 anni, ricorda con simpatia un episodio che ha visto protagonista la Trenta ben prima che diventasse ministro. “Qui sotto, in strada, ha vissuto per diverso tempo un ragazzo, uno di quelli fatti entrare in Italia e parcheggiati in un centro di prima accoglienza salvo esser sbattuti fuori senza documenti né assistenza in mancanza di alternative concrete – racconta un anziano -. Nessuno fece mai nulla per lui, Elisabetta lo invitò in casa sua per offrirgli il pranzo, gli regalò un telefonino e si adoperò per rimandarlo a casa. Le dissi che era stata incosciente, insomma, quello sarebbe potuto essere un malintenzionato. Mi colpì molto la sua generosità. Così con la scorta, sempre tenuta fuori, sempre discreta“.

C’è anche chi l’ex ministro la rimpiange: “Finché ha vissuto qui – dice un signore – si vedevano forze dell’ordine giorno e notte, svuotavano regolarmente i cassonetti. A ‘emergenza’ cessata siamo tornati ai nostri soliti, vecchi problemi. E per fortuna che il portiere tiene pulito l’ingresso…”.

Non lasciava mance ma era sempre educata, dice ancora il titolare del bar all’angolo. Un bengalese come tanti ce ne sono in zona, ma che ce l’ha fatta. “Fino a cinque mesi fa – racconta all’Adnkronos – veniva sempre a prendere il caffè, non pagava lei ma una ragazza, forse la sua assistente. Tutti gentilissimi, ma la mancia – ride – quella no, non la lasciavano”.