Manovra, Ue sospende giudizio: promossi con riserva 

Manovra, Ue sospende giudizio: promossi con riserva

(Foto Fotogramma)

Pubblicato il: 20/11/2019 18:45

La Commissione europea avverte l’Italia che rischia di non rispettare il patto di stabilità nel 2020. In pratica, l’Italia viene promossa con riserva: l’esecutivo sospende il giudizio sulla manovra economica almeno fino alla prossima primavera, ma non boccia il bilancio. L’esecutivo Ue, che è il guardiano dei trattati, segnala al governo un rischio, affinché l’esecutivo operi in modo da applicare il bilancio 2020 facendo quadrare i conti. Il nostro Paese non è da solo, ma in buona compagnia: altri sette Stati dell’Eurozona sono a rischio di non conformità (Belgio, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e persino la rigorista Finlandia).

Nessuno di questi Paesi, tuttavia, ha un debito pubblico elevato come quello dell’Italia. Per l’esecutivo Ue, il documento programmatico di bilancio per il 2020 “è a rischio di non conformità con i requisiti del patto di stabilità”, poiché si prevede “un rischio di deviazione significativa dall’obiettivo di medio termine per il 2019 e il 2020”. Inoltre, “non è previsto che l’Italia rispetti il parametro della riduzione del debito nel 2019 e nel 2020”, dato che il debito aumenterà in rapporto al Pil dal 134,8% del 2018 al 136,2% nel 2019 e al 136,8% nel 2020.

Pertanto, la Commissione “invita le autorità ad adottare le misure necessarie all’interno dei procedimenti nazionali di bilancio per assicurare che il bilancio 2020 sia in linea con il patto di stabilità e ad utilizzare qualsiasi entrata addizionale non prevista per accelerare la riduzione del rapporto debito/Pil”. Per il 2020 l’Italia avrebbe dovuto realizzare un miglioramento del saldo strutturale dello 0,6% del Pil, ma è prevista peggiorare dello 0,1% (secondo il Dpb) o dello 0,3% (secondo la Commissione).

Moniti come quello di oggi sono una costante da anni: l’opinione della Commissione sul Dpb 2014, firmata da Olli Rehn il 15 novembre 2013, prevedeva per il nostro Paese (c’era il governo di Enrico Letta, con ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni) un “rischio che il Dpb non assicuri il rispetto delle regole del patto”, in particolare per quanto concerne “la riduzione del debito/Pil in linea con il parametro della riduzione del debito”. Già allora, la Commissione invitava il governo ad adottare le “misure necessarie” a far sì che il bilancio 2014 fosse “fully compliant” con il patto di stabilità. L’opinione del 28 novembre 2014 sul Dpb 2015, firmata da Pierre Moscovici (governo di Matteo Renzi, ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan) riportava che il Dpb rivisto era “a rischio di non conformità con i requisiti del patto”.

La Commissione pertanto invitava “le autorità ad adottare le misure necessarie” a far sì che rispettasse le regole del patto. Stessa musica il 16 novembre 2015, sempre a firma di Moscovici: il Dpb 2016 “è a rischio di non conformità con il patto di stabilità”, con un rischio di “deviazione significativa” dall’obiettivo di medio termine. Quindi, la Commissione invitava il governo Renzi ad adottare le “misure necessarie” a riportarlo in linea con il patto. Anche l’anno successivo, il 16 novembre del 2016, Moscovici avvertiva che il Dpb 2017 era “a rischio di non conformità con le regole del patto”.

In particolare, sussisteva un rischio di “deviazione significativa” dall’obiettivo di medio termine. E, ancora una volta, raccomandava a Renzi e Padoan di adottare le consuete “misure necessarie” a far sì che il bilancio fosse in linea con il patto. Un anno dopo, il 22 novembre 2017, Moscovici ammoniva che il Dpb 2018 era “a rischio di non conformità” con il patto e si raccomandava pertanto a Padoan e al premier Paolo Gentiloni di adottare le “misure necessarie” a rimettersi in riga.

Una variazione si è avuta solo l’anno scorso, con la manovra del Conte uno: l’opinione della Commissione sul Dpb 2019 segnalava una “non conformità particolarmente seria” (non un “rischio”) con le raccomandazioni del Consiglio. Si segnalava anche il rischio di fare “marcia indietro” rispetto a riforme fatte in passato (in particolare la riforma Fornero, intaccata da quota 100). La manovra 2019 venne poi rivista, dopo una lunga trattativa che si concluse poco prima di Natale. Con la manovra 2020, l’Italia sembra essere tornata alla ‘tradizione’ del rischio di non compliance, soggetto a verifica ulteriore in primavera.

Il vicepresidente Valdis Dombrovskis ha sottolineato che “tutti i Paesi trovati a rischio di non conformità dovrebbero adottare tutte le misure necessarie all’interno delle procedure nazionali di bilancio per assicurare il rispetto del patto di stabilità nel 2020. Questo riguarda tutti i Paesi a rischio di non conformità. Rivaluteremo la situazione nel corso dell’anno: il prossimo passo sarà fatto in primavera”.

Nella primavera 2020, in particolare, la Commissione disporrà dei dati a consuntivo per il 2019 e sarà quindi in grado di valutare il rispetto del braccio preventivo del patto di stabilità, per il 2019, sulla base dei dati finali, e non delle previsioni. Inoltre, sulla base delle previsioni economiche di primavera, verrà giudicato il programma di stabilità per il 2020. I dati a consuntivo relativi al 2020 saranno disponibili solo nel 2021, quindi il Paese ha a disposizione un po’ di tempo per far sì che il bilancio ex ante approvato dal Parlamento, oppure il bilancio applicato ex post dal governo, combaci con le regole del patto di stabilità.

Non è detto che nella prossima primavera sarà richiesta una manovra correttiva: dipende da come andranno le cose. La Commissione oggi non chiede misure correttive, ma le misure “necessarie” a rispettare le regole. “Non diciamo”, ha aggiunto Dombrovskis, che le misure devono essere adottate “immediatamente. Per questo c’è una procedura diversa: se vediamo un rischio particolarmente grave di inadempienza, come è successo per l’Italia l’anno scorso, allora chiediamo immediatamente un documento programmatico di bilancio rivisto. Ma non è questo il caso oggi”.

“La raccomandazione di bilancio del Consiglio – ha ricordato ancora Dombrovskis – è di avere un aggiustamento strutturale pari allo 0,6% del Pil. E’ piuttosto consistente: naturalmente, il gap è minore se consideriamo i requisiti della ‘broad compliance’, dove c’è un margine dello 0,5% del Pil. Valutiamo anche la richiesta addizionale dell’Italia di una flessibilità per gli eventi eccezionali dello 0,2% del Pil. Ma va detto che anche considerando questa clausola, non cambierebbe la nostra conclusione attuale sul rischio di non conformità”.

In ogni caso la situazione, rispetto all’autunno del 2018, è completamente diversa, a quanto si apprende a Bruxelles. Mentre il Dpb del Conte uno venne respinto, questo Dpb viene accolto, sia pure con riserva, per verificare i numeri a consuntivo perché sussiste un rischio di non compliance. E non si riapre il rapporto ex articolo 126.3 sul debito, perché non ci sono elementi nuovi tali da riprendere in mano il tema; verrà fatto probabilmente in primavera e, se l’Italia rispetterà il braccio preventivo del patto, quello sarà un fattore rilevante per evitare il lancio di una procedura per debito. La Commissione, intanto, “è dell’avviso che l’Italia abbia fatto qualche progresso per quanto riguarda la parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio contenute nella raccomandazione del Consiglio del 9 luglio 2019 e invita le autorità italiane a fare ulteriori progressi“.