Strage italiani a Dacca, parlano i parenti delle vittime 

Strage italiani a Dacca, parlano i parenti delle vittime

(Afp)

Pubblicato il: 27/11/2019 14:22

“L’odio è una soluzione che ho scartato già tre anni fa”. Don Luca Monti, parroco di Santa Lucia di Serino, in provincia di Avellino, commenta all’Adnkronos la notizia della condanna a morte dei sette miliziani islamici che, nel 2016, uccisero 22 persone in un attentato a Dacca, in Bangladesh. Tra le vittime ci fu anche sua sorella Simona, 33 anni e incinta di cinque mesi. “Ho appreso proprio ora delle condanne. Cosa provo? Io sono un sacerdote, sto cercando di capire anche io. Sto in un silenzio per cercare di capire tutto – dichiara ad Adnkronos – L’odio è stata una soluzione scartata tre anni fa, appena ho saputo che Simona era tra le vittime, oggi confermo le stesse cose che dissi allora. Da essere umano sono contento che la giustizia faccia il suo corso anche in un Paese non occidentale e con le sue lentezze. Per il resto preferisco pregare”. E il sentimento d’odio non viene alimentato nemmeno dalla consapevolezza che, oltre a perdere Simona, ha perso un nipotino che oggi avrebbe due anni. “L’esperienza del mio dolore la offro a Dio ogni giorno”, spiega Don Luca.

Subito dopo quella strage, in lui nacque il desiderio di mettere in campo un progetto per la realizzazione di una chiesa in Bangladesh, nella diocesi di Khulna. “La chiesa venne costruita nel giro di pochi mesi – ricorda. Partecipai alla celebrazione della consacrazione di quella chiesa. E’ stata la prima e ultima volta che ho visitato il Bangladesh, anche se sono rimasto in contatto con il Vescovo di quella diocesi. Ogni tanto mi manda anche qualche foto quando riesce a raggiungere il villaggio perché è molto lontano da Dacca”.

In occasione di quella sua visita ebbe modo di ricevere la solidarietà delle persone del posto. “Ricordo che c’era un uomo, che aveva vissuto per qualche anno in Italia, che mi ha parlato di come la sua nazione abbia vissuto in maniera scioccante quella strage. Il Bangladesh, nonostante sia paese a maggioranza islamica, ha sempre vissuto in maniera armoniosa la relazione con altre religioni, compreso quella cristiana. Certo l’episodio di Dacca non è stato l’unico, ce ne sono stati altri perché esiste un focolaio d’odio nei confronti della nostra religione, ma questo appartiene alla vita della Chiesa, da sempre perseguitata. Sono duemila anni che cercano di mettere a tacere il Vangelo, ma ogni volta l’amore di Dio esce ancora più forte”.

All’Adnkronos parla anche Patrizia D’Antona, sorella di Claudia, una delle 9 vittime italiane uccise nell’attentato: “La prima reazione è stata umana, emozionale, mi ha lasciata neutra nel senso che nulla potrà cambiare le cose e riportare indietro mia sorella. Poi, da persona di legge e sotto il profilo razionale ho pensato ‘la giustizia ha fatto il suo corso’, ferme restando le mie personali riserve sulla pena di morte”.

“Ora – ha aggiunto – mi auguro che questa sentenza chiuda definitivamente la vicenda, anche sotto il profilo dei benefici parentali previsti dalla legge italiana per le vittime di terrorismo”, conclude.

“Oggi se in un certo senso si può chiudere una fase, per me è comunque una giornata triste, perché dopo quello che è successo quella notte a Dacca, in seguito alle indagini e in base alle leggi in vigore in quel paese, altre vite andranno perse. Al di là quanto possano aver commesso, una condanna a morte significa comunque la morte di una persona”, spiega all’Adnkronos Fabio Tondat, fratello di Marco, imprenditore 39enne di Cordovado rimasto ucciso nel 2016.

“Di fronte a questa sentenza – ha riferito Fabio Tondat – c’è un po’ di tristezza, perché non ci restituisce i nostri cari e quindi cambia poco: resta l’amarezza per altre morti”.

In seguito alla tragica scomparsa di Marco Tondat, è stata fondata l’associazione “Progetto Marco” che ha finalità solidali e il cui scopo principale è quello di preservarne il ricordo e onorarne la memoria. Proprio in considerazione dei valori che Marco ha dimostrato di condividere nel corso della sua breve vita, l’associazione ha per obiettivo la solidarietà nei confronti dei più piccoli e il sostegno ai giovani meritevoli nella formazione e nell’inserimento professionale e lavorativo, intervenendo inoltre per fornire ogni sostegno morale e materiale a Eleonora Tondat, la figlia di Marco.

“La sensibilità a livello della comunità locale – ha ricordato Tondat – è sempre alta, perché quello che è successo ha lasciato un segno in tutto il paese oltre che nella famiglia e nei parenti stretti; le iniziative che portiamo avanti per mezzo dell’associazione, oltre a ricordare Marco, intendono rimarcare il valore della vita: che degli uomini si accaniscono contro altri uomini, sia pure per degli ideali che però hanno un valore solo empirico, non ha senso. E’ un errore della civiltà e la condanna a morte della persone accusate dell’attentato è un motivo di tristezza in più, perché purtroppo ci saranno delle altre morti”.

“La parte più difficile – ha concluso Tondat – è riuscire a spiegare ai bambini, che pure capiscono che un uomo nasce e prima o poi deve morire, il come e il perché una persona sia morta. Valorizzare la vita può contribuire invece a crescere una stima e una volontà di andare avanti più forte rispetto a quello che può essere un vile attentato terroristico”.

“Sapevamo che oggi era attesa la sentenza. Per la mia famiglia non è una consolazione sapere che subiranno la pena capitale”, afferma ad Aki-Adnkronos International Graziella Riboli. Nell’attacco Graziella ha perso sua sorella Maria. “Alla lettura della sentenza gli imputati non hanno mostrato nessun segno di pentimento”, si rammarica. “Quello che a noi resta è il suo ricordo, il suo sorriso ed il suo impegno per il bene comune”, dichiara annunciando che il 18 dicembre a Bergamo si terrà la cerimonia della terza edizione del Premio nazionale Maria Riboli dedicato alle scuole di moda. “Abbiamo fortemente voluto ricordarla così”, conclude.