Prescrizione: ‘sotto processo per sempre’, campagna social degli avvocati  

'Mi chiamo Sabrina', la storia contro l'ingiustizia infinita

Pubblicato il: 12/12/2019 17:41

Una campagna social molto aggressiva per dire no allo stop della prescrizione voluta dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Raccontata sui social dall’Organismo congressuale forense attraverso una storia vera, quella di Sabrina, nome di fantasia di una commercialista che ha visto la sua vita professionale ed il suo sogno di diventare madre distrutti da un reato non commesso. Perchè tra indagini e fasi preliminari, come avvenuto a Sabrina, anche un processo si può trasformare in pena. “Accettare la riforma della prescrizione significa non solo violare la costituzione, ma ammettere il fallimento del nostro sistema giudiziario“, ha affermato Giovanni Malinconico, coordinatore dell’Ocf.

Uno dei manifesti diffusi su Facebook da Ocf racconta la storia di Sabrina, commercialista sotto inchiesta per nove anni per riciclaggio, che ha visto la sua vita professionale distrutta da un’indagine per la quale il Gup ha finalmente dichiarato il non luogo a procedere. Una storia vera, per la quale è stato cambiato solo il nome, per tutelare la protagonista ed evitare che al danno del processo si aggiunga quello della gogna mediatica “in un Paese nel quale, secondo autorevoli esponenti della magistratura, gli assolti sono solo colpevoli che l’hanno fatta franca“.

“È riduttivo pensare infatti solo agli effetti, seppur aberranti, che il maturare della prescrizione produce quando il processo si svolge nei confronti di imputati colpevoli – spiega l’avvocato Malinconico – Ci dobbiamo chiedere cosa accadrebbe agli innocenti costretti a subire gli effetti devastanti di un giudizio destinato a non estinguersi mai. Come avvocati e come Ocf ci opponiamo, ci siamo opposti e continueremo a farlo contro questa riforma”.

Si intervenga sulla durata dei processi senza compromettere il diritto alla giustizia. Noi staremo sempre dalla parte del diritto e dei diritti di tutti, nessuno escluso. Non possiamo accettare che la demagogia guadagni spazio distruggendo secoli di cultura giuridica fondata su un principio millenario come in dubio pro reo – conclude Malinconico – Per spiegarlo a Bonafede, meglio un colpevole assolto che un innocente in galera”.