Elezioni, Giunta della Camera sommersa dai ricorsi 

Elezioni, Giunta della Camera sommersa dai ricorsi

Foto Fotogramma

Pubblicato il: 14/01/2020 12:43

Di Francesco Saita

Onorevole sì, no, forse. A oltre un anno e mezzo dal voto delle politiche, con gli italiani chiamati alle urne il 4 marzo del 2018, la Giunta per le Elezioni della Camera ha sul tavolo decine di ricorsi da valutare. Una situazione sorprendente, ma che per gli addetti ai lavori – leggi i membri della Giunta di Montecitorio – “è in linea con tutte le precedenti legislature, dal ’48 in poi”, come spiega all’AdnKronos, il vicepresidente leghista dell’organismo della Camera, Marco Maggioni. “Certo – ammette – la legge elettorale, dal punto di vista tecnico, fa acqua da tutte le parti, siamo vittime della follia di questa legge che è complicata da applicare”.

Decine i candidati deputati (e senatori), in corsa per l’uninominale e per il proporzionale, dalla Lombardia alla Sicilia, che hanno chiesto il riconteggio dei voti. Tra questi nomi noti, come il patron della Lazio Claudio Lotito, che punta a diventare senatore (collegio Campania 1), dopo aver presentato ricorso per “irregolarità nei verbali”.

Sempre in Senato se la giocano per un seggio il forzista Michele Boccardi e l’ex vicesindaco di Molfetta Carmela Minuto, anche lei azzurra. Alla Camera, tra i ricorsi anche quello di Mario Pietracupa, in quota centrodestra, che in Molise 1, primo dei non eletti, ha, in sostanza, visto svanire l’elezione per il gioco di slittamenti tra vincitori tra uninominale e proporzionale.

Esemplare la vicenda del politico di Campobasso Pietracupa, al centro di un rebus procedurale, di assegnazione di seggi, che rimbalzano tra uninominale e proporzionale. Una vicenda che tira in ballo altri tre candidati: Giuseppina Occhionero, eletta nella lista LeU, poi passata in Italia viva. La deputata è stata sfiorata nei giorni scorsi dal caso del suo assistente Antonello Nicosia, coinvolto in un’inchiesta per mafia. Occhionero si è presentata nel collegio plurinominale del Molise ed è stata eletta.

Il secondo è Antonio Federico, candidato per il Movimento 5 Stelle nel collegio uninominale del Molise-Campobasso, proclamato eletto; infine Rosa Alba Testamento, anche lei candidata M5S nel collegio uninominale del Molise-Isernia e eletta. Pietracupa, che ha raccolto 29.144 voti (pari al 36,10%), risultando il primo dei non eletti nel collegio uninominale, segnala come Federico e Testamento sono stati candidati anche nell’unico collegio plurinominale molisano, determinando un’illegittima applicazione della legge elettorale.

Rispetto al seggio assegnato alla Occhionero e rivendicato da Pietracupa, viene contestato il fatto che ci sia stato un erroneo ‘slittamento’ del seggio uninominale della lista del Movimento 5 Stelle dal Molise alla Puglia, determinato dai calcoli errati effettuati dall’Ufficio elettorale centrale nazionale. Con l’esponente di centrodestra che rivendica come avrebbe ottenuto, tra i non eletti, più voti rispetto a tutti gli altri candidati dell’uninominale.

Nella vicenda Pietracupa entrano in campo tanti uffici. Da prima l’Ufficio Centrale Circoscrizionale presso la Corte di Appello di Campobasso, che, secondo il ricorrente, invece di attribuire il seggio del collegio uninominale al primo dei non eletti, come previsto dalla norma, lo ha attribuito nell’ambito del collegio proporzionale.

Non solo: Pietracupa si rivolge all’Ufficio Elettorale Circoscrizionale per la Camera, che gli rifiuta l’accesso agli atti. Poi l’Ufficio Centrale Circoscrizionale presso la Corte di Appello di Campobasso gli risponde che non gli verrà concessa l’assegnazione del ‘seggio residuo’ della circoscrizione, rilevando che i due posti uninominali sono stati già incontestabilmente assegnati ad altri candidati.

Quanto a quello unico del collegio plurinominale, l’Ufficio fa sapere a Pietracupa che non può disattendere la comunicazione dell’Ufficio nazionale sull’attribuzione del seggio e della lista nel collegio plurinominale. Un vero rebus che finisce sul tavolo della giunta di Montecitorio.

Intanto, l’esame dei ricorsi, alla Camera, è iniziato dai collegi uninominali, e solo al termine di questi saranno affrontati i casi sollevati nel proporzionale.Il cerino è tuttora in mano alla Giunta di Montecitorio, dove pendono il maggior numero di dossier. Giunta che ha alla presidenza Roberto Giachetti, ex dem, ora con i renziani e nella maggioranza del governo Conte 2. Un lavoro, a quanto pare, particolarmente lungo e complesso. Prima di iniziare i lavori di controllo e di arrivare ai riconteggi, ci sono state le audizioni. La Giunta ha sentito, ad esempio, i magistrati che sono dovuti intervenire sulle situazioni di ‘conflitto’ generate dalla legge elettorale.

Sono poi stati acquisiti gli interventi degli uffici circoscrizionali e ancora quelli dell’ufficio centrale delle elezioni. Fatto sta che i tempi si stanno allungando ancora, ci vorrà altro tempo per vedere sul sito della Camera l’etichetta ‘confermato’, ancora assente, per i due terzi dei deputati, quelli eletti al proporzionale.

Il lavoro, in Giunta, è stato diviso tra uninominale e proporzionale. Sul primo versante i ricorsi ‘ammessi’ al riconteggio sono stati tre: per Augusta Montaruli, di Fratelli d’Italia, che aveva vinto con un piccolo scarto in Piemonte – dopo il ricorso e il successivo riconteggio – è stato confermato il risultato. Stessa situazione in un collegio in Calabria, dove aveva vinto la candidata 5 stelle, Federica Dieni, poi ‘confermata’ dopo le verifiche.

Infine c’è il caso della leghista Barbara Saltamartini, che aveva perso di poco all’uninominale nel Lazio e ha presentato ricorso, mentre era stata già vincitrice al proporzionale: qui si dovrebbe definire il tutto entro l’anno. Dopo aver superato lo scoglio dei ricorsi all’uninominale, ora la Giunta deve stabilire quali ricorsi, nel proporzionale, saranno accettabili. Non è detto che il criterio resti solo quello dello scarto minimo, a quanto si apprende.

Alla Camera, durante il voto, gli scarti vengono ridistribuiti su base nazionale, non come al Senato, dove prevale il criterio regionale. La situazione, perciò, si complica ulteriormente. “Certo, se dovessimo analizzare tutti i ricorsi presentati – ammette Maggioni – saremmo ancora tra dieci anni a parlare degli eletti del 2018”.

“Le lungaggini sono dovute a due motivi – spiega ancora il vicepresidente della Giunta – primo: l’organismo è stato quattro mesi fermo, prima di poter eleggere il presidente, non c’era il governo, non c’erano maggioranza e opposizione; secondo: abbiamo una legge elettorale folle, per fare un esempio, chi è stato candidato all’uninominale blindato, è stato messo poi nel proporzionale, nel caso delle donne, poi, per rispettare la parità di genere, è stato permesso lo slittamento”.