Con nuovi antibiotici evitabili 3.000 morti l’anno in Italia da superbatteri  

Allarme superbatteri, con nuovi antibiotici evitabili 3.000 morti l'anno in Italia

Pubblicato il: 17/01/2020 15:49

di Adelisa Maio e Barbara Di Chiara

Allarme superbatteri, un’emergenza sanitaria che potrebbe rientrare grazie a nuovi antibiotici, scongiurando lo spettro di un’era pre-antibiotica. “Già oggi, utilizzando al meglio e più precocemente i farmaci più innovativi, alcuni già esistenti e altri in fase di approvazione, si potrebbe ridurre di un terzo la mortalità da super-batteri nel nostro Paese, salvando 3.000 vite l’anno”, sottolinea Matteo Bassetti, professore ordinario di Malattie infettive al Dipartimento di scienze della salute dell’università degli Studi di Genova, presidente della Società italiana terapia antinfettiva (Sita) e del Simposio internazionale “What we need to know for winning the battle against superbugs?”, organizzato a Genova dalla Fondazione Internazionale Menarini.

Il mondo ha bisogno di nuovi antibiotici con urgenza. “Purtroppo sono soltanto 12 nel mondo le nuove molecole in fase avanzata di sviluppo clinico in antibioticoterapia – afferma Bassetti – a fronte delle oltre 700 in oncologia. Per contrastare i germi multiresistenti è dunque necessario potenziare la ricerca e incentivare l’utilizzo di nuovi antibiotici, veri salvavita come gli antitumorali, superando il paradosso di non curare un’infezione oggi per timore che diventi più grave o meno curabile domani”. I superbatteri resistenti agli antibiotici uccidono ogni anno 700 mila persone, 33 mila in Europa e 10.000 in Italia.

L’esperto cita “il caso della Klebsiella pneumoniae, uno dei più frequenti batteri isolati in infezioni del sangue, dei polmoni e delle vie urinarie: recenti studi hanno evidenziato che i nuovi antibiotici hanno diminuito drasticamente la mortalità – spiega – che è scesa dal 50-55% al 10-15%. Una riduzione di circa un terzo che, rapportata ai 10 mila morti l’anno in Italia, equivalgono a 3.000 morti in meno”.

Nella guerra ai germi multiresistenti è dunque “necessario potenziare la ricerca e incentivare l’utilizzo di nuovi antibiotici, veri salvavita come gli antitumorali, superando il paradosso – osserva Bassetti – di non curare un’infezione oggi per timore che diventi più grave o meno curabile domani. Se le aziende farmaceutiche non investiranno più in ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici vi è il rischio di un ritorno in epoca pre-antibiotica, con la comparsa di ceppi batterici sui quali nessun antibiotico funziona più”.

“E’ fondamentale fare ricerca – prosegue – per individuare nuovi farmaci e valorizzare gli antibiotici innovativi, che inseriti all’interno di schemi terapeutici adeguati consentano anche di proteggere gli sforzi e gli investimenti fatti a sostegno della salute del paziente con enormi risparmi di risorse. Se non interveniamo in maniera decisa, coinvolgendo le istituzioni e il sistema sanitario in tutti i suoi gangli al pari della società civile, come le aziende farmaceutiche che scoprono e producono nuovi antibiotici, il futuro sarà sempre più nero”, avverte. Un allarme basato sui dati. L’Organizzazione mondiale della sanità prevede che entro il 2050 la prima causa di morte saranno le infezioni da germi resistenti con un numero di vite perdute, 10 milioni, più dei decessi causati attualmente dal cancro. In Europa si stimano 392.000 morti e 120.000 in Italia, che già oggi con 10.000 decessi l’anno è la nazione più colpita, assieme alla Grecia.

Cambiare passo, invocano gli esperti, è dunque “indispensabile perché la semplice prevenzione non basta più: anche somministrando gli antibiotici soltanto quando è necessario e facendo molta attenzione al contenimento delle infezioni e della trasmissione batterica in ospedali e case di cura, soltanto il 50% delle infezioni acquisite durante l’assistenza può essere prevenuto”.

Anche per questo gli specialisti propongono di “equiparare i requisiti regolatori dei nuovi antibiotici a quelli degli antitumorali, creando ‘corsie preferenziali’ e percorsi regolatori accelerati e semplificati per l’approvazione, l’immissione in commercio e l’introduzione a livello regionale di farmaci salvavita. Proposte già sottolineate anche dalla Coalizione internazionale delle autorità di regolamento del farmaco (Icmra), che ha evidenziato la necessità di dare priorità allo sviluppo di nuovi farmaci investendo in ricerca e sviluppo, dando un giusto valore economico che premi il valore delle vite salvate e gli sforzi di chi ha continuato o ripreso a investire nella ricerca di nuovi antibiotici e creando un fondo nazionale dedicato, in linea con quelli previsti per i farmaci oncologici più innovativi”.

Sempre di oggi l’allarme dell’Oms: il calo degli investimenti privati ​​e la mancanza di innovazione nello sviluppo di nuovi antibiotici stanno minando gli sforzi per combattere le infezioni resistenti ai farmaci. In dettaglio, i 60 prodotti in sviluppo (50 antibiotici e 10 farmaci biologici) apportano pochi benefici rispetto ai trattamenti esistenti e pochissimi sono destinati ai batteri più pericolosi (Gram-negativi). Mentre i candidati pre-clinici (quelli in fase iniziale di sviluppo), sebbene più innovativi, richiederanno anni di studi prima di raggiungere i pazienti.

“La minaccia della resistenza antimicrobica non è mai stata più immediata”, afferma Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. “Sono in corso numerose iniziative per ridurre questo fenomeno, ma abbiamo anche bisogno che i paesi e l’industria farmaceutica intensifichino i loro sforzi e contribuiscano con finanziamenti sostenibili e nuovi farmaci innovativi”. Gli studi citati dall’Oms hanno anche evidenziato che la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici è principalmente in capo a piccole o medie imprese, mentre le Big Pharma non sono sostanzialmente impegnate in questo campo.

L’Oms nel 2017 ha pubblicato un elenco di patogeni prioritari, 12 classi di batteri più la tubercolosi che rappresentano un rischio crescente per la salute umana perché sono resistenti alla maggior parte dei trattamenti esistenti. L’elenco è stato sviluppato da un gruppo di esperti indipendenti guidato dall’Oms per incoraggiare la comunità della ricerca medica a sviluppare trattamenti innovativi per questi superbatteri.

Dei 50 antibiotici in cantiere, 32 prendono di mira i patogeni prioritari dell’Oms, ma la maggior parte ha benefici limitati rispetto alle terapie esistenti. Due di questi sono attivi contro i batteri Gram-negativi resistenti a più farmaci, che si stanno diffondendo rapidamente e richiedono soluzioni urgenti. Due esempi sono Klebsiella pneumoniae ed Escherichia coli, che possono causare infezioni gravi e spesso mortali. Il rapporto evidenzia infine un preoccupante divario nelle attività di ricerca contro l’Ndm-1 altamente resistente (metallo-beta-lattamasi 1 di Nuova Delhi), con solo 3 antibiotici in cantiere.

“È importante concentrare gli investimenti pubblici e privati ​​sullo sviluppo di trattamenti efficaci contro i batteri altamente resistenti perché stiamo esaurendo le opzioni”, afferma Hanan Balkhy, vicedirettore generale dell’Oms per la resistenza antimicrobica. “E dobbiamo garantire che una volta che avremo questi nuovi trattamenti, saranno disponibili per tutti coloro che ne hanno bisogno”, evidenzia.