Allarme esperti su virus Cina: “Dati sottostimati, già centinaia i casi”  

Allarme esperti su virus Cina: Dati sottostimati, già centinaia i casi

Pubblicato il: 18/01/2020 14:22

di Margherita Lopes

Il numero di persone infettate dal virus misterioso che sta colpendo in Cina sarebbe di gran lunga superiore a quanto suggeriscono le cifre ufficiali. A lanciare l‘allarme sono alcuni scienziati britannici, intervistati dalla ‘Bbc’. Se fino ad ora sono quasi 50 i casi confermati – con due morti – gli esperti del Regno Unito stimano già diverse centinaia di casi, per un totale che si avvicinerebbe addirittura a quota 1.723. La malattia respiratoria è apparsa nella città di Wuhan a dicembre. “Sono sostanzialmente più preoccupato di quanto non fossi una settimana fa”, ha detto l’epidemiologo, Neil Ferguson, fra gli autori di uno studio che ha effettuato una stima delle infezioni in Cina sulla base del tipo di virus e della rilevazione di alcuni casi esportati in Paesi vicini.

Il lavoro è stato condotto dal Centro MRC per l’analisi globale delle malattie infettive dell’Imperial College di Londra, che fornisce consulenza ad enti tra cui il governo del Regno Unito e l’Organizzazione mondiale della sanità. L’indizio cruciale per comprendere la reale entità del problema sta proprio nei casi rilevati in altri Paesi, si legge sulla Bbc online. Ci sono stati infatti due pazienti infettati in Thailandia e uno in Giappone. “Questo mi ha fatto preoccupare”, ha detto Ferguson. Dal momento che “Wuhan ha esportato tre casi in altri Paesi, ciò implica che ci dovrebbero essere molte più infezioni lì di quanto riportato” finora. È impossibile ottenere un numero preciso, ma i modelli relativi alle epidemie, basati sul tipo di virus, sulla popolazione locale e sui dati relativi ai voli, possono aiutare.

L’aeroporto internazionale di Wuhan serve 19 milioni di persone, ma solo 3.400 al giorno viaggiano all’estero. I calcoli degli esperti, diffusi online dall’Imperial College prima della pubblicazione in una rivista scientifica, hanno prodotto così una stima di 1.723 casi di infezione. Ma cosa significa tutto ciò? Ferguson ha affermato che è “troppo presto per essere allarmisti”, ma l’esperto si è detto “sostanzialmente più preoccupato” di una settimana fa.

Funzionari cinesi affermano che finora non ci sono stati casi di diffusione del virus da una persona all’altra. Sostengono che il virus abbia però attraversato la barriera delle specie: proverrebbe infatti da animali infetti in un mercato di frutti di mare e fauna selvatica a Wuhan. “Si dovrebbe considerare la possibilità di una trasmissione da uomo a uomo più seriamente di quanto non sia stato fatto finora” sostiene Ferguson. “Sarebbe improbabile per me, dato ciò che sappiamo dei coronavirus, che l’esposizione agli animali” ammalati “sia la causa principale di un numero così elevato di infezioni umane”.

Comprendere come si sta diffondendo un nuovo virus è un elemento cruciale per la valutazione del pericolo che comporta. Dopo le analisi condotte sui pazienti, esperti cinesi e dell’Organizzazione mondiale della sanità hanno concluso che l’infezione è causata da un coronavirus. L’analisi del codice genetico del nuovo virus mostra che questo microrganismo è più strettamente correlato alle Sars (Sindrome respiratoria acuta grave) – che uccise 774 persone e ne infettò più di 8000 in un’epidemia iniziata in Cina nel 2002 – rispetto a qualsiasi altro coronavirus umano.

IL PARERE DELL’ESPERTO ITALIANO DELL’ISS – L’allarme dei ricercatori inglesi sul numero reale delle infezioni causate dal nuovo virus scoperto in Cina “è credibile e non va sottovalutato. Oltretutto è frutto del lavoro di uno studioso del calibro di Neil Ferguson, uno dei più grandi modellisti a livello mondiale. Considerati i casi rilevati in Thailandia e Giappone, penso anche io che il numero di infezioni legate a questo virus possa essere superiore a quanto rilevato finora”. Ad affermarlo all’Adnkronos Salute è Gianni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di Sanità (Iss).

“A far pensare ad una diffusione più ampia rispetto ai numeri ufficiali – continua Rezza – è anche il fatto che alcuni pazienti non avrebbero visitato il mercato che è ritenuto essere all’origine del fenomeno. Inoltre, come spiegano i ricercatori britannici, la rilevazione di casi all’estero, al di fuori della città cinese di Wuhan che conta 11 milioni di abitanti, fa pensare ad un’esposizione più estesa: o il serbatoio di animali infetti è più diffuso rispetto al singolo mercato individuato fino ad ora dalle autorità, oppure potrebbe esserci stata una trasmissione interumana, seppur limitata”. Un aspetto al momento escluso dalle autorità cinesi.

“Ma la trasmissione da uomo a uomo non si può escludere del tutto, considerato il comportamento degli altri coronavirus. E potrebbe essere avvenuta in casi particolari, ad esempio nei nuclei familiari”, ipotizza Rezza. Se la cifra ipotizzata dai ricercatori britannici, ovvero oltre 1700 casi contro i circa 50 ‘censiti’ nei bollettini, può sembrare davvero notevole, lo scienziato dell’Iss ricorda come “il fatto che siano stati individuati con certezza solo una cinquantina di pazienti sembra dirci che i sintomi clinici potrebbero essere meno ‘pesanti'” rispetto a quelli causati da altri coronavirus. Questo sarebbe un elemento positivo, ma complicherebbe l’individuazione dei contagiati.

Restano comunque alcuni dubbi: “Siamo davvero sicuri che il mercato di pesce e animali selvatici individuato sia proprio la fonte del contagio, e che non si tratti invece di un focolaio di super-spread, in cui c’è stata una diffusione intensa che è stata intercettata?”. Insomma, potrebbero esserci altri focolai sfuggiti alle autorità. Un altro elemento che fa pensare “è il fatto che, almeno per ora, non si sono registrati casi negli operatori sanitari. E’ un fatto positivo, ma le cose possono cambiare. Dunque – conclude Rezza – è opportuno monitorare attentamente la situazione. Occorre ancora del tempo, e servono più informazioni, per inquadrare questo microrganismo”.