Nel cuore dell’epidemia: “Wuhan città fantasma, uscire di casa un rischio” 

Nel cuore dell'epidemia: Wuhan città fantasma, uscire di casa un rischio

Wuhan, la megalopoli cinese epicentro dell’epidemia, vista dall’appartamento del designer italiano Marcantonio D’Antoni

Pubblicato il: 28/01/2020 15:56

Una città fantasma, dove “si esce solo per comprare da mangiare, ma il problema è che i supermercati sono quasi vuoti di merce”. E’ Wuhan oggi. La megalopoli cinese dove è partita l’epidemia di nuovo coronavirus “è un centro molto industriale, dove si lavora, lavora e lavora. È una città sempre viva 24 ore su 24”. Ma ha cambiato faccia, sull’onda delle misure anti contagio messe in campo. Si è letteralmente spenta. E a spiegare all’AdnKronos Salute quanto drastico sia stato questo cambiamento è Marcantonio D’Antoni, designer catanese, uno degli ‘expat’ italiani di Wuhan, dove ha sede l’azienda per cui lavora.

“Io per fortuna sono tornato in Sicilia perché mi scadeva il visto e sono qui per rinnovarlo. Ma con i miei colleghi scambio informazioni ogni giorno – dice – Un amico e collega dell’Uganda, rientrato a Wuhan il 27 dicembre, è rimasto bloccato in città, ormai chiusa. Mi racconta che i mezzi pubblici sono tutti sospesi, per strada non trovi nessuno. E a quanto mi dice c’è molta preoccupazione“. Non era così all’inizio, cioè tra fine dicembre e inizio gennaio, quando la Cina ha cominciato a segnalare i primi casi. “Non si percepiva nulla, si è sviluppato tutto in maniera veloce. All’inizio, ha raccontato il mio collega, sembrava qualcosa sotto controllo, ma ora la situazione è peggiore di quello che possa sembrare. In questo momento – è la testimonianza che arriva dalla città blindata – uscire di casa è considerato un rischio. Quindi si muovono solo in casi necessari”.

Il deserto urbano è l’opposto della normalità in questa metropoli della Cina centrale. “In tutta la città ci sono sempre dei grattacieli in costruzione. Il cielo è costantemente grigio, è una delle città più inquinate della Cina” e non dorme mai. “Non mancano i quartieri più poveri, dove le condizioni igieniche sono davvero pessime, e mangiare per strada è pericoloso se non si sa dove andare. Io sono stato guidato dai miei colleghi”. D’Antoni racconta di situazioni in cui ha “evitato di comprare la carne e il pesce (lì lo vendono ancora vivo e viene sviscerato quando si acquista)”.

Dalla finestra del suo appartamento al 31esimo piano vede una distesa sterminata di grattacieli, che si perdono in lontananza nella nebbia. “Niente a che vedere con il mare e le montagne” della sua Catania. Ma Wuhan è anche la città che gli ha dato un’occasione professionale, spiega. “Ho risposto a un annuncio di lavoro, ho sostenuto un colloquio e mi hanno selezionato come Design Director dell’azienda”.