Genitori Renzi, procura chiede processo per bancarotta fraudolenta 

Genitori Renzi, procura chiede processo per bancarotta fraudolenta

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Pubblicato il: 12/02/2020 09:44

Il prossimo 9 giugno Tiziano Renzi e Laura Bovoli si troveranno ad affrontare una nuova udienza preliminare davanti al Tribunale di Firenze, indagati dalla Procura fiorentina, diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo, per la bancarotta fraudolenta di tre cooperative a loro riconducibili e per emissione di fatture false. Il procuratore aggiunto Luca Turco, riferisce oggi “Il Fatto Quotidiano”, ha depositato, nei confronti dei genitori dell’ex premier e di altre 17 indagati, la richiesta di rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta con al centro tre cooperative: la Delivery Service Italia, la Europe Service e la Marmodiv. L’udienza preliminare è stata fissata e tra quattro mesi sarà il gip Silvia Romeo a decidere se mandare tutti a processo oppure archiviare.

L’indagine nel febbraio 2019 portò i genitori del leader di Italia Viva agli arresti domiciliari, misura poi revocata dal Tribunale del Riesame dopo 18 giorni. L’indagine era partita dalla Delivery Service Italia, cooperativa dichiarata fallita a giugno 2015 e di cui Tiziano Renzi e Laura Bovoli, accusati di bancarotta fraudolenta, per il pm Turco, sono stati amministratori di fatto fino a giugno 2010.

In questo caso secondo le accuse i due coniugi, con altri – tra cui Roberto “Billy” Bargilli, l’autista del camper di Matteo Renzi per le primarie per la segreteria del Pd del 2012 e in passato nel cda della cooperativa – avrebbero cagionato “il fallimento della società per effetto di operazione dolosa consistita nell’aver omesso sistematicamente di versare gli oneri previdenziali e le imposte, o comunque, aggravando il dissesto”.

Per quanto riguarda la Europe Service, fallita ad aprile 2018, invece i Renzi – considerati dalla Procura “amministratori di fatto fino a dicembre 2012” – sono accusati con altri di aver sottratto “con lo scopo di procurarsi un ingiusto profitto e di recare pregiudizio ai creditori, i libri e le altre scritture contabili”.

C’è poi il caso della Marmodiv, cooperativa fallita con sentenza del Tribunale di Firenze il 20 marzo 2019. La bancarotta fraudolenta in questo caso viene contestata oltre che a Tiziano Renzi e Laura Bovoli, anche a Giuseppe Mincuzzi “presidente del cda fino al marzo 2018” e a Daniele Goglio “amministratore di fatto fino a marzo 2018” della Marmodiv.

Per il pm Luca Turco, i quattro indagati “concorrevano a cagionare il dissesto della società esponendo, al fine di conseguire un ingiusto profitto, nel bilancio di esercizio al 31 dicembre 2017, approvato dall’assemblea dei soci il 27 giugno 2018 nell’attivo patrimoniale, crediti per ‘fatture da emettere’ non rispondenti al vero per un importo superiore a 370 mila euro, così iscrivendo a conto economico maggiori ricavi ed evitando di evidenziare una perdita d’esercizio”. Così, continua il capo di imputazione, “Renzi, Bovoli e Mincuzzi – presidente del consiglio di amministrazione fino al 15 marzo 2018 – erano in grado di ‘cedere’ all’amministratore di fatto Daniele Goglio la cooperativa ormai fortemente indebitata e Goglio poteva tenere la condotta distrattiva contestata”.

Per la Marmodiv i coniugi Renzi, con altre sei persone, sono accusati anche di aver emesso alcune fatture “per operazioni… in parte inesistenti” “al fine di consentire alla Eventi 6 l’evasione delle imposte sui redditi”. La Eventi 6 (di cui erano socie la mamma e le sorelle di Renzi, estranee all’indagine della Procura fiorentina), si occupava della distribuzione di volantini e giornali.

Lo scorso 7 ottobre il Tribunale di Firenze ha condannato a un anno e nove mesi di reclusione (pena sospesa) Laura Bovoli e Tiziano Renzi e a due anni l’imprenditore Luigi Dagostino al termine del processo per due fatture false emesse dalla Party srl (da 20mila euro più Iva) e alla Eventi 6 srl (140mila euro più Iva), società imprenditoriali gestite dai genitori del leader di Italia Viva. Dagostino era accusato, oltre che di fatture false, anche di truffa aggravata, perchè avrebbe pagato i coniugi di Rignano sull’Arno (Fi) per lavori inesistenti.