Russiagate, Durham indaga su Cia e ruolo servizi alleati  

Russiagate, Durham indaga su Cia e ruolo servizi alleati

(Afp)

Pubblicato il: 14/02/2020 19:20

(di Marco Liconti) – John Durham, il procuratore incaricato dal ministro della Giustizia William Barr di indagare sull’origine dell’inchiesta Trump-Russia, sta concentrando la sua attenzione sull’operato della Cia e sul ruolo di uno o più servizi di intelligence alleati. Secondo fonti a conoscenza dell’indagine, citate dal New York Times, “Durham sembra seguire una teoria secondo la quale la Cia, sotto la guida dell’allora direttore John Brennan, aveva una posizione preconcetta riguardo alla Russia o cercava di ottenere un determinato risultato”. A questo scopo, la Cia di Brennan, secondo l’ipotesi seguita dal procuratore Durham, “cercava di impedire alle altre agenzie di avere un quadro completo, affinché non interferissero con quell’obiettivo”.

Ma c’è dell’altro. Durham, sempre secondo le fonti a conoscenza di alcuni particolari aspetti della sua indagine, sta valutando “se e come le informazioni provenienti da governi stranieri o dalla stessa Cia abbiano giocato un ruolo nell’alimentare i sospetti dell’Fbi sui legami della campagna di Trump con la Russia”.

“Stupidaggini”, le ha bollate Brennan in un’intervista trasmessa giovedì sera dalla Msnbc. Per l’ex direttore della Cia, si tratta di “un’altra indicazione di come Donald Trump stia usando il dipartimento di Giustizia per colpire i suoi nemici”.

I repubblicani hanno sempre contestato l’indagine dell’Fbi sui presunti legami con Mosca della campagna presidenziale di Donald Trump per danneggiare Hillary Clinton. Il Rapporto del procuratore speciale Robert Mueller, che nel 2017 accorpò sotto la sua guida l’indagine aperta dall’Fbi, concluse che, sebbene la Russia interferì nelle elezioni presidenziali del 2016, non vi sono prove di un legame diretto, né di un complotto tra la campagna di Trump e Mosca, per danneggiare la candidata democratica.

Il ministro della Giustizia William Barr, dopo la conclusione dell’inchiesta Mueller, ha affidato al procuratore del Connecticut John Durham, di riconosciuta reputazione bipartisan, un’indagine per fare chiarezza sulle origini dell’indagine Trump-Russia, sospettando che vi siano state delle forzature da parte dei vertici dell’epoca dell’Fbi e della Cia, forse in concorso con servizi di intelligence alleati, per danneggiare Trump. Una recente indagine interna dell’ispettore generale del dipartimento della Giustizia Usa, Michael Horowitz, ha concluso che nell’indagine Fbi sulla campagna di Trump vi furono negligenze e forzature, in particolare nelle richieste di autorizzazioni presentate ai giudici per intercettare esponenti della campagna.

Barr e Durham, nell’ambito della loro indagine sull’origine del Russiagate, la scorsa estate sono stati due volte in visita a Roma per incontrare i vertici dell’intelligence italiana, che hanno ripetutamente negato qualsiasi coinvolgimento nel presunto complotto ai danni di Trump. In particolare, i nostri servizi segreti hanno escluso qualsiasi legame con Joseph Mifsud, il misterioso professore maltese che lavorava nella romana Link Campus University, del quale non si hanno più tracce da oltre due anni.

Secondo il rapporto del procuratore speciale Mueller, fu proprio Mifsud che offrì nella primavera del 2016, all’allora consulente della campagna di Trump, George Papadopoulos, materiale “sporco” su Hillary Clinton, sotto forma di migliaia di email hackerate dai russi. Quel contatto fu la ‘scintilla’ che diede il via alla controversa indagine dell’Fbi sui presunti legami tra Trump e la Russia. Secondo la contronarrativa repubblicana, Mifsud non era un “agente russo”, bensì un ‘agente provocatore’ manovrato dall’Amministrazione Obama, forse in accordo con servizi di intelligence alleati, per compromettere la campagna di Trump.

Tornando alle presunte ramificazioni estere del cosiddetto Russiagate, Durham starebbe anche cercando di comprendere la natura di uno scontro tra la Cia e Nsa (National Security Agency) riguardo alla condivisione tra le due agenzie di una serie di dati riservati relativi alla Russia. Un altra disputa tra le agenzie di intelligence Usa si sarebbe consumata in merito ad una serie di email hackerate dai servizi russi e riconducibili al dipartimento di Stato Usa e alla stessa Casa Bianca.

Un servizio di intelligence alleato, secondo la ricostruzione del New York Times, aveva ottenuto esso stesso copia delle email hackerate e le aveva consegnate al governo Usa. La richiesta di esame di queste email da parte dell’Fbi venne però bloccata dagli avvocati della Casa Bianca. L’argomento utilizzato fu che, poiché l’indice del materiale preparato dal servizio di intelligence alleato indicava che tra le email hackerate erano presenti anche messaggi dello stesso presidente Barack Obama e di membri del Congresso, in nome della separazione dei poteri non era possibile per l’Fbi esaminare i messaggi privati dei parlamentari.

Un altro scontro tra le agenzie di intelligence Usa e l’Fbi oggetto dell’indagine di Durham, che vuole comprendere i meccanismi di analisi e decisionali che orientarono l’indagine su Trump, riguarderebbe la gestione di una fonte della Cia all’interno del Cremlino. La Nsa voleva valutare in maniera più approfondita la credibilità della fonte, mentre la Cia, che eventualmente cedette alla richiesta, all’inizio si mostrò contraria a rivelare l’identità dell’informatore.

Il contrasto emerse anche riguardo al peso da attribuire alle informazioni ricavate dalla fonte. Se per l’Fbi e la Cia c’era un “alto” livello di attendibilità, per la Nsa l’attendibilità era solo “moderata”. In seguito, la ‘talpa’ venne estratta dalla Russia insieme alla sua famiglia nel 2017 e assegnata ad un programma di protezione negli Usa. Da notare che l’informatore, inizialmente, si rifiutò di lasciare Mosca, alimentando il sospetto che si trattasse di un agente russo che faceva il doppio gioco. Non è chiaro se Durham lo abbia interrogato.