Coronavirus, “in Italia è ancora in fase iniziale” 

Coronavirus, in Italia è ancora in fase iniziale

(Foto Fotogramma)

Pubblicato il: 02/03/2020 17:44

di Margherita Lopes

In Italia l’epidemia di Covid-19è ancora in fase iniziale, con un andamento esponenziale: c’è un raddoppio dei casi ogni 2 giorni e mezzo e lo scenario, tra infettati, ricoveri e casi clinici gravi è simile a quello della Corea del Sud”. Parola di Enzo Marinari, del dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma, che insieme a Enrico M. Bucci della Temple University di Filadelfia (Usa) firma un’analisi sulla situazione italiana pubblicandola su ‘Cattiviscienziati.com’, blog destinato a smontare pseudoscienza e fake news. “Non è il momento di abbassare la guardia – sintetizza Marinari all’AdnKronos Salute – e di sospendere le misure di mitigazione. Anzi conviene espanderne alcune ove possibile, ad esempio il telelavoro”.

“Abbiamo realizzato la nostra analisi a partire dai dati comunicati dalla Protezione civile e monitorato l’evoluzione” del numero di morti e di pazienti in terapia intensiva (casi gravi), a partire dal 24 febbraio. I ricercatori sottolineano l’aumento esponenziale dei casi, “tanto da superare in 10 giorni il numero di mille soggetti trovati infetti”.

Secondo le previsioni degli esperti, “il numero di posti letto richiesti in terapia intensiva crescerà rapidamente nella prima settimana di marzo, configurando una situazione di crisi per le strutture sanitarie del territorio”. Analizzando invece retrospettivamente la curva esponenziale ottenuta, “si ottiene – scrivono Marinari e Bucci – che i primi casi gravi dovrebbero essere emersi in una data prossima al 10 febbraio”. Inoltre i dati relativi ai casi gravi suggeriscono “che l’epidemia attualmente in corso non può essere iniziata in una data posteriore all’ultima decina di giorni di gennaio“.

Insomma, per gli esperti “gli effetti delle misure di contenimento messe in atto non potranno essere valutati prima di una settimana, dati i tempi di incubazione e sviluppo della carica virale nei soggetti di nuova infezione”, come spiega Marinari. “Dobbiamo essere chiari: non si tratta di un pericolo forte per la vita delle persone, ma il rischio è che in pochi giorni si blocchino le sale di rianimazione del Ssn: che succederà a tutti i pazienti che ne hanno bisogno, non solo quelli con Covid-19?”. Insomma, per gli esperti “non è il momento di allentare la guardia”.

“Contrariamente a quanto ventilato in qualche sede, l’epidemia in corso è ancora nella sua fase iniziale. Pertanto, lungi dall’abbandonare le misure di mitigazione necessarie, in questo momento è più che mai opportuno proseguire”, precisano gli esperti, sottolineando alcune raccomandazioni. “Soprattutto in Lombardia, Veneto occidentale ed Emilia-Romagna del nord, e soprattutto nelle grandi città come Milano e quelle dove ci sono un numero di casi importanti come ad esempio Savona, il numero medio di possibili contatti potenzialmente produttivi (distanza tra un soggetto infetto e uno non infetto minore di due metri) deve essere contenuto al minimo. Ciò significa diminuire la frequenza di tutti i contatti involontari con un gran numero di estranei”. Ma anche “evitare conferenze e incontri affollati: sento che c’è una certa resistenza al telelavoro, ma invece questo può essere prezioso”, dice Marinari.

Se sui social fioccano da giorni le ironie sulla asocialità come arma anti-virus, “le barriere sociali hanno un ruolo: dobbiamo dirlo con chiarezza – aggiunge l’esperto – sono valide le raccomandazioni ad evitare luoghi chiusi e affollati”.

Sì dunque al telelavoro, alla diminuzione degli spostamenti non necessari, all’evitare gli assembramenti e “al prolungamento della chiusura delle scuole. Sebbene queste misure non possano, alla lunga, impedire la diffusione del contagio, possono ovviamente abbattere il numero di nuovi contagi giornalieri, dando modo di non sovraccaricare il sistema sanitario di pazienti anche gravi. Ampliare dove opportuno l’estensione geografica della zona rossa, e dove necessario rendere più prescrittive le indicazioni di quarantena potrebbe, in questo senso, probabilmente salvare delle vite”, concludono gli autori.