Coronavirus, isolato il ‘ceppo milanese’ 

Coronavirus, isolato il 'ceppo milanese'

(Foto Cdc)

Pubblicato il: 03/03/2020 16:20

di Lucia Scopelliti e Paola Olgiati

Il ‘ceppo milanese’ del nuovo coronavirus è stato isolato all’Irccs ospedale San Raffaele del capoluogo lombardo. Il Laboratorio di Microbiologia e virologia dell’Istituto del Gruppo San Donato, diretto dal professor Massimo Clementi, ha isolato l’agente patogeno da due pazienti con infezione respiratoria acuta ricoverati in ospedale da sabato 29 febbraio. Altre cinque colture provenienti da altri pazienti sono al momento in corso e, se avranno esito positivo, costituiranno ulteriori campioni di virus isolato.

“L’Istituto Spallanzani di Roma ha isolato il virus ‘cinese’, l’ospedale Sacco di Milano ha isolato proprio quello di pazienti dell’area di Codogno, il nostro è dell’area milanese, sempre quindi del focolaio lombardo – spiega all’AdnKronos Salute Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano – Per la ricerca è molto importante averne sempre di più. Il nostro obiettivo deve essere disporre di un numero sufficiente di coronavirus diversi per poter testare farmaci o sviluppare nuove terapie”.

Il team di scienziati dell’Irccs di via Olgettina ha isolato il virus prelevato dai pazienti e lo ha trasferito in coltura. L’idea, evidenzia Clementi, “è di metterlo insieme” ai ‘cugini’ “responsabili di Sars (Sindrome respiratoria acuta grave) e Mers (Sindrome respiratoria del Medio Oriente) per saperne sempre di più”.

Il Laboratorio di Microbiologia e Virologia del San Raffaele ha una lunga esperienza nello studio dei coronavirus e nel 2003 ha isolato l’unico stipite italiano di Sars-Coronavirus. Ora del nuovo patogeno i ricercatori evidenziano una peculiarità: “Abbiamo visto – riferisce Clementi – che il virus Sars-CoV-2 cresce in maniera molto veloce ed efficiente in coltura”. Gli scienziati milanesi hanno potuto toccarlo con mano: “Si è sviluppato rapidamente in pochissimi giorni, da venerdì pomeriggio a ieri. Diversamente dal virus della Sars, che è più lento e richiede un maggior adattamento. Ora noi possiamo fare questi confronti con virus conosciuti”. Per il nuovo coronavirus, conclude il docente, “si tratta dell’ulteriore evidenza che si trasmette molto efficientemente anche in vitro, oltre che in vivo”.

“ADESSO CREIAMO UNA BIOBANCA ITALIANA” – “Penso che in Italia ci siano ottimi laboratori di virologia e mi aspetto che per questo nuovo coronavirus ci saranno anche altri isolamenti in futuro. Il mio auspicio è che possa nascere una biobanca italiana del Sars-CoV-2″, propone Clementi. “Penso a un’iniziativa istituzionale – spiega all’AdnKronos Salute – per fare una raccolta dei campioni biologici provenienti da tutte queste entità di ricerca. A farsi motore dovrebbe essere un’istituzione, magari l’Istituto superiore di sanità (Iss)”.

La speranza dell’esperto è “che ci possa essere una sorta di biobanca di materiale biologico per chi fa ricerca, per l’industria e per gli scienziati che hanno bisogno di questo materiale”. In altre parole, precisa Clementi, “è auspicabile che questi nostri virus isolati, come quelli che sono stati ottenuti all’ospedale Spallanzani e all’ospedale Sacco, siano gestiti in biobanche che possano fornire materiale per la ricerca, sia farmacologica sia immunologica, contribuendo cioè allo sviluppo di nuovi farmaci antivirali e nuovi vaccini“.

“LE EPIDEMIE RITORNANO, FINANZIARE LA RICERCA” – “La ricerca sul coronavirus va supportata. Spero che non si faccia come negli anni scorsi: passata la paura dell’epidemia, tutti tranquilli. Non possiamo stare tranquilli con questi virus che continuamente provano il salto di specie. Servono fondi per studiarli“, avverte Clementi.

“Ora sappiamo – evidenzia il docente all’AdnKronos Salute – che queste epidemie si susseguono e ne abbiamo avuto la prova”. Prima la Sars, poi la Mers e ora la Covid-19, elenca l’esperto. “E’ importante avere nel cassetto un farmaco che magari, come speriamo, non si debba usare, ma che sia efficace” contro queste malattie.

“Se adesso questa epidemia dovesse mollare la presa, come tutti ci auguriamo dal profondo del cuore, non dobbiamo commettere l’errore delle altre volte – ammonisce Clementi – Cioè dirci che il pericolo è scampato e disinteressarci. Servono finanziamenti che permettano di continuare a studiare. Ora ci siamo spaventati e abbiamo capito che le epidemie hanno anche un impatto economico. Quindi è importante non lasciare la ricerca abbandonata a se stessa”.