Coronavirus, Dg Bergamo: “Arrivati all’ultimo miglio di risorse” 

Coronavirus, Dg Bergamo: Arrivati all'ultimo miglio di risorse

(Fotogramma)

Pubblicato il: 16/03/2020 17:29

di Lucia Scopelliti

“Il momento più brutto da quando è iniziata l’emergenza coronavirus? La morte dell’addetto del 118 Diego Bianco”, 46 anni. “Un giorno davvero critico. Devo dire che ho immagazzinato tanto dolore che faccio fatica a trattenerlo e anche per questo al telefono con il premier Conte sono stata schietta e onesta nel rappresentare la situazione qui a Bergamo e, sì, mi sono commossa”. Non perde però la fiducia Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’Asst Papa Giovanni XXIII, una delle trincee della provincia lombarda più colpita dai contagi, in cui si sta combattendo la battaglia più dura contro la Covid-19.

Ancora positiva al nuovo coronavirus, e quindi in isolamento a casa, la manager non ha mai smesso di lavorare, connessa 24 ore su 24 con il suo ospedale. “Ma la nostra capacità espansiva è arrivata all’ultimo miglio“, ammette all’AdnKronos Salute.

“Dopo 3 settimane ci aspettiamo dotazioni non per le prossime 12 ore, ma che ci facciano guardare almeno all’orizzonte di una settimana“, auspica. “La situazione al Papa Giovanni XXIII è stata un crescendo dal 21 febbraio, giorno del primo ricovero. Ancora oggi c’è una crescita esponenziale di positivi al virus e di ricoverati, che ha messo a dura prova la nostra capacità di fare corse contro il tempo”.

“Quello che abbiamo fatto – riepiloga Stasi – è stato allestire un reparto aumentando progressivamente i posti letto dedicati ai malati Covid e formando personale che in tempi normali era dedicato ad altro. Sono stati utilizzati medici di altre discipline. E’ un’operazione che ha coinvolto quasi 3mila operatori della nostra azienda. L’altro lavoro è stato sulla Terapia intensiva: disponiamo di una delle più grandi d’Italia e abbiamo cercato di ricavare più posti possibili. Oggi siamo a 98 posti in totale e 80 letti per i Covid, ai quali si aggiungono posti letto tecnici in appoggio, dove possiamo assistere parecchi pazienti con i caschi Cpap e la ventilazione non invasiva. Oggi abbiamo oltre 400 posti per pazienti Covid e da un paio di giorni non ci allarghiamo più. La situazione è difficile, onestamente”.

Difficile anche sul fronte del fabbisogno di personale, “in particolare infermieristico, indispensabile per poter aprire più posti”. Tanti i camici contagiati: attualmente, su un’azienda di oltre 4 mila persone, “circa 400 sono assenti, non tutti per coronavirus, ma tanti. Sono numeri importanti e assolutamente mai visti. Questo comincia a essere un fattore critico”. Covid-19 non ha risparmiato i vertici dell’Asst: “Siamo in quattro nella direzione strategica: io, il direttore sanitario, il direttore sociosanitario e il direttore amministrativo – elenca Stasi – In tre su quattro siamo positivi al virus e stiamo lavorando da casa“.

All’azienda fanno capo due strutture: oltre al Papa Giovanni l’ospedale di San Giovanni Bianco, “piccola struttura di montagna oggi di fatto trasformata in un ospedale Covid. Le difficoltà – precisa il Dg – riguardano l’intera rete ospedaliera pubblica e privata della provincia”.

Primo punto: il personale. “E devo dire che ora sono in arrivo anche medici e infermieri militari. Oggi – informa Stasi – ne abbiamo accolti 31 e stiamo valutando con la mia unità di crisi la loro formazione per capire come collocarli al meglio. Abbiamo un piano e vogliamo vedere a che punto saremo riguardo al numero di infermieri, con i nuovi arrivi. Su questo ha offerto il proprio aiuto anche la Croce rossa nazionale. Sui dispositivi medici speriamo di avere delle dotazioni che ci diano respiro”.

L’ospedale è arrivato a progettare anche un’autocisterna-serbatoio di ossigeno liquido che potrebbe essere disponibile già oggi e aumenterà la portata dell’ossigeno nell’impianto ospedaliero. Capacità: 30mila litri. La cisterna sarà rifornita periodicamente da un’azienda. Qualcosa da un punto di vista operativo “si è mosso – dice il Dg – Urgente ora è avere più posti di terapia intensiva a livello regionale. Aspettiamo con grande interesse e ansia che vada in porto l’iniziativa promossa dal presidente Attilio Fontana di un grande ospedale che darebbe una boccata d’ossigeno non solo per Bergamo, ma per Brescia, Cremona, Lodi, le aree più colpite”.

Stasi spiega che si lavora a più livelli, centrale e regionale. “Sento l’assessore, i dirigenti, tutti i giorni. Stiamo lottando. E coltiviamo la fiducia. Tutti ci devono dare una mano: il Papa Giovanni accoglie tante persone dall’estero, e dal Sud e Centro Italia, siamo noti per diversi settori, dai trapianti alla cardiochirurgia. Siamo un grande ospedale ci tengo a dirlo per le persone che vi lavorano. E stiamo chiedendo aiuto. Se avremo una mano sapremo ricambiare in futuro”.

“IO POSITIVA, MI SENTO UN LEONE IN GABBIA” – Da quando sono risultata positiva al nuovo coronavirus mi sento come un leone in gabbia. Ho sperimentato uno smart working accelerato ante litteram. Sto cercando di fare il massimo, seguendo l’ospedale da casa con due cellulari, skype, il pc. Sono connessa 24 ore su 24. Ma è niente rispetto al lavoro straordinario dei medici e degli infermieri che stanno operando in una condizione davvero difficile”. Stasi è impaziente. La febbre non c’è più, spiega, e il manager ora aspetta che anche il virus sparisca definitivamente per poter completare la fase di isolamento in cui vive ormai da giorni e giorni e tornare ai suoi ospedali, in trincea contro lo ‘tsunami’ Covid-19 che ha travolto questa provincia lombarda, più di ogni altra.

Ma purtroppo dovrà aspettare: l’ultimo tampone, quello di sabato, è risultato positivo. La malattia per chi finisce in ospedale richiede una degenza di 18-20 giorni, cosa che rende molto difficile il turnover dei pazienti e la gestione dei posti letto. Ma “anche nelle forme più moderate, curate a casa, ha un decorso lungo”, spiega il Dg. La Covid-19 è insidiosa, “ha una gamma varia di sintomi, che a volte spariscono e poi ritornano, dalla febbre alla cefalea, dai dolori articolari diffusi al mal di gola e la tosse costante. Io sto aspettando di negativizzarmi”.

E’ un momento “emotivamente complicato quello che stiamo passando”, riflette Stasi. “Io tutti i giorni faccio l’appello per sapere se ci sono ancora tutti, se qualcuno non sta bene. Tenere insieme un gruppo è importante”. Con tre su quattro dei componenti della direzione strategica a casa lontani dall’ospedale, per positività al nuovo coronavirus, ci si è dovuti organizzare. La tecnologia viene in aiuto. “Ci sentiamo più volte al giorno, comunichiamo anche in videoconferenza e cerchiamo di seguire tutto. Teniamo botta, come si dice a Bergamo”, sorride.

La Covid-19 ha risvolti crudeli. I tanti morti che in poche settimane colpiscono un territorio, ma anche l’isolamento che diventa molto pesante per i pazienti che vivono momenti angoscianti in solitudine, per i medici e gli infermieri che tengono lontani i propri cari per tutelarli da un possibile contagio. “Io ho potuto isolarmi da mio marito, che infatti si trova in un altro alloggio, e da mio figlio che vive negli Usa. Non vedo mia madre da un mese: è affidata alle cure di mia sorella e ha dovuto imparare a fare le videochiamate – racconta Stasi – E’ importante avere cautele, soprattutto per i nostri anziani, e per chi ha già problemi di salute”.

Le misure di distanziamento sociale funzioneranno? “Dipende da quanto la gente osserverà le consegne. Bisogna stare a casa – è l’appello del Dg – Anche chi si allontana dalla nostra regione adesso fa una cosa orribile. Occorre ridurre ai minimi termini le uscite, altrimenti gli sforzi titanici che stiamo facendo negli ospedali potrebbero essere vanificati. Siamo in una fase di grave emergenza. E questo va compreso”.