Tv: Luca Manfredi, ‘Sordi è un patrimonio che va difeso’ 

Luca Manfredi: 'Sordi è un patrimonio che va difeso'

Foto Fotogramma

Pubblicato il: 23/03/2020 16:12

“Faccio una premessa: Sordi appartiene, come altri grandi interpreti del cinema italiano, al patrimonio artistico e culturale del nostro paese. Un patrimonio che va difeso, perché un recente sondaggio tra i diciottenni, ha dimostrato che pochissimi lo conoscono. Alla domanda ‘chi è il nostro Albertone nazionale?”” quasi tutti hanno risposto ‘quello dei documentari della Rai’. Così, in occasione del suo centenario, abbiamo pensato con la Rai e con il mio produttore Sergio Giussani, di fargli con ‘Permette? Alberto Sordi’ un affettuoso omaggio, raccontando un Sordi giovane e privato, sconosciuto alla maggior parte dei telespettatori, nei primi anni della sua avventura artistica. Un ragazzo come tanti, di una famiglia piccolo borghese di Trastevere, che lotta da solo contro tutti (un po’ come il suo famoso personaggio ‘Guglielmo il dentone’) per riuscire a fare con tutte le sue forze, quello che ama: l’attore”. Lo racconta all’Adnkronos il regista Luca Manfredi che ha diretto ‘Permette? Alberto Sordi’, una coproduzione Rai Fiction – Ocean Productions in onda domani su Rai1 in prima serata. Nel film-tv l’attore romano sarà interpretato da Edoardo Pesce.

“Sordi – continua Manfredi – è stato il grande ‘mattatore’ della commedia all’italiana, rappresentando ‘l’italiano medio’ con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, e interpretando spesso le due facce della stessa medaglia: lui è stato l’eroe e il vigliacco, la vittima e il persecutore, l’ingenuo e il cinico calcolatore. Ma anche nei personaggi più cinici e miserabili, trova quasi sempre un riscatto. La forza di Sordi è stata la sua grande capacità di osservazione della gente comune, dei loro vizi e dei loro atteggiamenti fisici, che trasferiva poi nei suoi personaggi in un gioco di tic e di invenzioni, come il suo famosissimo ‘saltello’, rubato a un ‘elegantone’ che voleva darsi un tono, quando Sordi faceva l’usciere d’albergo a Milano”.

“Grazie a questa sua innata capacità di osservazione – evidenzia Manfredi – Sordi ci ha regalato una galleria di personaggi indimenticabili, trasferendo nei suoi oltre duecento film i vizi e le virtù di tutti noi italiani, facendoci ridere e piangere al tempo stesso, come solo un grande artista sa fare. Forse anche in epoca di “coronavirus”, avrebbe interpretato un imprenditore che si approfitta della situazione per fare soldi, per poi pentirsene amaramente, cercando un riscatto finale”.

“Ho conosciuto Sordi personalmente, attraverso mio padre – dice ancora Luca Manfredi – con cui ha girato diversi film, e c’è una cosa che li accomunava: la riservatezza e la gelosia nei confronti della propria vita privata. Sordi, a differenza di Nino, ateo convinto, era molto credente, ma anche dotato di un simpatico cinismo romano, un po’ fatalista. Inoltre avevano un approccio al lavoro molto diverso: Nino, che veniva dall’accademia Silvio D’Amico, dove aveva avuto un grande maestro, Orazio Costa, era abituato a preparare i suoi personaggi a tavolino, costruendoli nei minimi dettagli come un artigiano (il regista Giuliano Montaldo lo aveva soprannominato ‘l’orologiaio’) mentre Alberto studiava poco, era molto più istintivo e si affidava al suo grande talento artistico. Averlo conosciuto dal vivo mi ha certamente aiutato a guidare Edoardo Pesce nella sua interpretazione, che è stato un lavoro ‘in sottrazione’, per non rischiare di fare la “macchietta” di Sordi, che era il rischio più grande”.

Manfredi si sofferma anche sugli ‘eredi’ dell’attore romano sostenendo che Sordi “non abbia eguali, ma sono molti gli attori giovani che sono cresciuti, studiando e metabolizzando i suoi personaggi, e Pesce è certamente uno di questi”. Quanto invece al fatto che Verdone sia ritenuto da molti l’erede di Sordi, Manfredi risponde: “E’ una domanda che andrebbe fatta a lui. Forse, nel gioco delle caratterizzazioni dei sui divertenti personaggi romani, certamente sì”.

Manfredi poi ‘confessa’ che avrebbe voluto dirigere Sordi. “Avrei desiderato moltissimo dirigere Alberto – spiega – in uno dei suoi film. Quello a cui sono più affezionato è di un regista che amo moltissimo, Ettore Scola, ambientato in Angola: ‘Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?’. Un film molto divertente, dove mio padre interpreta il cognato scomparso, che poi Sordi rintraccia in uno sperduto villaggio dell’Angola, nei panni dello stregone della tribù”. Quanto infine agli impegni cui si sta dedicando, Manfredi dice di stare lavorando “su un progetto di serie che racconta la storia di una giovane coppia italiana, che poi mette su famiglia, nel ventennio che va dal ’68 al ’89, e a un altro paio di importanti ‘biopic'”.