Coronavirus, sorella Rossi Stuart: ‘Mio figlio a Rebibbia, da 12 giorni non so come sta” 

Coronavirus, sorella Rossi Stuart: 'Mio figlio a Rebibbia, da 12 giorni non so come sta''

Pubblicato il: 24/03/2020 14:53

(di Cristiana Deledda) ‘’Da quando è entrato in vigore lo stop ai colloqui ho potuto vedere mio figlio, che è ristretto a Rebibbia, una sola volta su Skype. Ora sono dodici giorni che non so se sta bene o no. Questa situazione non è accettabile, è disumana”. E’ l’appello disperato lanciato attraverso Adnkronos di Loretta Rossi Stuart, sorella dell’attore Kim, che da giorni non ha notizie del figlio Giacomo Seydou Sy un ragazzo bipolare costretto a stare dietro le sbarre per mancanza di posti nelle Rems (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), le strutture che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari chiusi per legge.

‘’Il Governo si deve rendere conto -continua Loretta Rossi Stuart – che è bene sospendere i colloqui per proteggere dal contagio ma non puoi isolare queste persone già fragili. Siamo tutti in situazioni difficili ma persone ristrette in sei in celle di pochi metri, in questo momento vanno fuori di testa. Non si può interrompere l’apporto degli operatori che vanno li a sostenerli psicologicamente. I volontari, con le dovute precauzioni, debbono continuare a poter andare. Ma quello che voglio sapere ora è perché mio figlio non mi telefona”.

Detenzione ‘illegale’ – Una detenzione ‘’illegale’’ quella di Giacomo, secondo la madre e il legale che lo assiste, su cui è stato presentato un ricorso, unitamente ad una richiesta di misure urgenti per l’immediata liberazione, alla Corte europea dei diritti dell’uomo dall’avvocato Valentina Cafaro, Andrea Saccucci e Giulia Borgna dello studio ‘Saccucci &partners’.

Sul caso ricorso alla Corte europea diritti uomo – ”L’intera detenzione di Giacomo è avvenuta nonostante la sua condizione psicopatologica lo rendesse pacificamente incompatibile con il regime carcerario – ha spiegato l’avvocato Cafaro – come, del resto, ritenuto dagli stessi psichiatri operanti all’interno del carcere. La Corte europea ci ha comunicato di aver preso in esame la nostra richiesta di misure cautelari ed ha aperto il contraddittorio con il Governo italiano, al quale ha richiesto spiegazioni precise e puntuali sull’intera vicenda. Entro fine mese dovremmo, pertanto, ottenere una risposta in merito alla richiesta di misure urgenti. Sebbene al momento non sia opportuno sbilanciarsi sugli eventuali esiti delle azioni intraprese, ci auguriamo che il nostro intervento possa contribuire a porre fine all’intollerabile detenzione illegale che sta subendo Giacomo e, al contempo, che questo caso possa costituire il mezzo per incentivare lo Stato italiano ad adottare delle misure di carattere generale volte a superare le criticità del sistema di esecuzione delle misure di sicurezza e a garantire un’adeguata tutela dei pazienti psichiatrici inseriti nel circuito penitenziario”.