Il dramma dei malati oncologici: “Preoccupati, siamo nel limbo”  

Il dramma dei malati oncologici: Preoccupati, siamo nel limbo

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Pubblicato il: 09/04/2020 15:57

di Federica Mochi

“Lo stress psicologico è molto forte, tanti pazienti oncologici si sentono in stand-by. Molti sono abituati a convivere con la paura della morte ma questa situazione di limbo non fa che aggiungere ansia, perché non sanno cosa li aspetta e cosa devono fare. A tante persone sono stati cancellati gli interventi, si sentono molto abbandonate”. Da quando è iniziata l’emergenza Coronavirus, Alessandra Capone sta cercando, con la sua voce, di rappresentare tanti malati oncologi che in queste settimane vivono una doppia emergenza. Da un lato il dramma della loro malattia e dall’altro quello ‘collaterale’ dettato da Covid-19.

La storia di Alessandra, 47 anni, attivista e dipendente in un Caf di Roma, inizia nel 2010 quando le viene diagnosticato un tumore al seno, diventato metastatico nel 2015, fino a raggiungere linfonodi e fegato. Dopo una serie di terapie a Milano e a Roma, la situazione al fegato peggiora. Così un anno fa inizia una terapia presso l’Ospedale universitario di Francoforte, che al momento, però, non può raggiungere. “La mia situazione era molto compromessa, avevo solo il 5% di fegato sano – spiega Capone all’Adnkronos – ho iniziato il trattamento ad aprile 2019. Sono andata tutti i mesi in Germania, fino allo scorso febbraio. In questo momento però non posso recarmi a Francoforte, anche se il medico che mi segue continua a fare trattamenti”. Alessandra spiega di non essere partita “sia perché nel frattempo è sopraggiunta situazione all’encefalo e ho dovuto fare una terapia immediata sia per il coronavirus”.

All’inizio, Alessandra ha provato a contattate la Farnesina e il ministero degli Esteri, poi il consolato italiano a Francoforte ma mi hanno spiegato le procedure da attivare e sono molto complicate – osserva -. Inoltre, una volta lì, dovrei trovare un hotel che mi ospiti e ci sono grossi problemi nell’accettare persone che vengono dall’Italia. C’è anche rischio nel viaggiare essendo immunodepressa, non sono tranquilla”.

In Italia, Alessandra non è l’unica ad aver dovuto interrompere parte delle cure. Migliaia di malati di cancro che avrebbero bisogno di terapie, visite mediche, visite di controllo e interventi di chirurgia stanno riscontrando diverse difficoltà per via dell’emergenza sanitaria. Molte strutture hanno infatti sospeso l’attività ordinaria, mentre altre hanno dovuto riconvertire i propri reparti per accogliere i pazienti Covid in terapia intensiva. “In alcuni casi la cancellazione della visita viene annunciata senza alcun tipo di comunicazione – sottolinea Capone – e non dimentichiamo che il paziente vive già in una condizione psicologica di fragilità. Sono stati cancellati interventi, rimandate terapie e ‘follow up’ a data da destinarsi. Leggo varie storie sui forum di chi fa pendolarismo sanitario che si trova impossibilitato a viaggiare perché non ci sono gli aerei. E’ un grande problema. Questa è una situazione di disagio, davvero problematica”.

Secondo un questionario realizzato da Codice Viola, associazione impegnata a migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti affetti da adenocarcinoma del pancreas, e condotto su un campione di quasi 500 malati di cancro, l’81% dei pazienti ha ricevuto notizia della cancellazione di visite, terapie e operazioni, senza che venisse loro proposto un’altra modalità. Chi era già in carico presso una struttura, con terapie chemioterapiche e radioterapiche avviate, prenotate e in corso, ha potuto proseguire senza variazioni ma l’11% dei pazienti si è visto cancellare gli appuntamenti fissati per le chemioterapie. Annullate o rinviate a data da destinarsi nel 42% dei casi anche le visite di controllo effettuate in corso di terapia. Nel frattempo, il rischio che lo stadio tumorale in molti pazienti peggiori è concreto.

“Un paziente con melanoma mi ha contattata ieri – spiega Capone – raccontandomi che si era rivolto a Siena per fare immunoterapia. Gli hanno detto che lo avrebbero inserito all’interno di due possibili terapie ma il programma è stato spostato per via del coronavirus, lui attende una nuova terapia ma nel frattempo ha metastasi cutanee che crescono e gli provocano dolore. Rimandargli un controllo o non fargli assumere una terapia significa sottoporlo al rischio concreto che non ce la faccia. Rimandare la terapia a un malato di tumore al pancreas significa condannarlo a morte. Il cancro non aspetta, continua ad andare avanti in guerra e in pace“.

Ma non sono solo le strutture ospedaliere a rimandare visite e interventi non urgenti. In molti casi i pazienti hanno paura di contrarre il virus in ospedale e in quel caso sono loro a far slittare le cure. Come racconta Francesca Pesce, 54 anni, traduttrice professionista e membro di Codice Viola, che da quasi tre anni convive con un tumore metastatico al pancreas: “Molti pazienti non vogliono fare le cure perché sono terrorizzati dal fatto di contagiarsi in ospedale – spiega – non si fidano, e tanti in chemioterapia hanno cancellato gli appuntamenti in un primo momento, non volevano andare per paura di ammalarsi di coronavirus”.

L’idea diffusa è quella di evitare il contatto con l’ospedale che non sia assolutamente necessario: “I malati oncologici hanno maggiore probabilità che il coronavirus abbia un decorso clinico grave – fa notare – e quindi di morire. Ecco perché si cerca di ridurre l’accesso in ospedale il più possibile. Gli ospedali seri stanno studiando i casi che possono essere rimandati, poi telefonano al paziente per cercare di valutare il loro stato clinico e psicologico e capire se si può rinviare. Le visite di controllo se non sono urgentissime si fanno anche da remoto e comunque gli appuntamenti molto urgenti non stanno subendo modifiche”.

Pesce è attualmente in cura al San Raffaele di Milano, dove è tornata due giorni fa guidando con la sua auto da Roma: “Qui hanno ridimensionato, facendo molti triage telefonici – sottolinea -. Ma io sono voluta andata di persona. Dovevo fare una visita e ritirare dei farmaci. In ospedale ho trovato parecchi pazienti che stavano aspettando la visita e ho altri amici che continuano lì la chemioterapia. Molti mi dicevano ‘sei matta ad andare a Milano’ ma mi sembrava importante esserci fisicamente e parlare con il mio oncologo de visu e valutare come andare avanti nella terapia”.

Molti pazienti hanno la sensazione di essere abbandonati ed è qui che subentra il grande lavoro di moltissime associazioni di pazienti che come spiega Pesce stanno provando a diffondere informazioni, a trovare soluzioni, cercando di arginare le falle comunicative che stanno emergendo. “In linea di massima chi è malato ancora viene curato e tutelato – ribadisce – ma spesso sono i pazienti stessi a sentirsi abbandonati. Noi facciamo il possibile per creare un ponte tra loro e i medici, ma chi è malato vede venir meno le proprie sicurezze e in questo periodo ancora più“.