Scuola, gruppo liceali: “Con didattica a distanza impariamo barando”  

Scuola, gruppo liceali: Con didattica a distanza impariamo barando

(Fotogramma)

Pubblicato il: 09/05/2020 16:24

(di Roberta Lanzara) – “Con la didattica a distanza impariamo barando”. Rivelazione politicamente scorretta ma eloquente di più studenti di uno storico liceo della Capitale, che raccontano all’Adnkronos l’esperienza con la Dad durante la quarantena. Conclusione? Guardando alla fase 2 ed a quelle che verranno una denuncia: “Prof. rassegnatevi…. La scuola che pensa solo e sempre a giudicare non funziona. Ministro Azzolina, la didattica a distanza ci piace. Abbiamo bisogno però di una scuola più moderna”.

Vani gli sforzi di docenti, task force scuola e ministri per inchiodare al giudizio dei giudicanti gli studenti. Nel ‘tempo reale parallelo’ alla Dad i ragazzi hanno trovato la loro via di fuga e sopravvivenza all’isolamento sociale e scolastico: “Abbiamo costituito con altri compagni un gruppo su una piattaforma di gamer attraverso la quale possiamo giocare e lavorare durante le lezioni e contemporaneamente vedere e sentire quello che dicono i professori, suggerendoci in caso di interrogazione, grazie a micro-cuffiette nascoste dietro l’orecchio”.

Problema prioritario della scuola italiana dal lockdown è stato “giudicare e caricarci di compiti? – domanda un liceale – Noi ci siamo ingegnati ed abbiamo trovato il modo di salvarci”. Ma con che risultati? “Mai fatte tante versioni di greco e latino divertendoci. Impariamo perchè dobbiamo studiare non solo per il nostro test ma per quello degli altri compagni. I professori non lo sanno, ma le nostre interrogazioni sono di gruppo; La versione è giusta perchè la abbiamo fatta in tre, combinando soluzioni differenti”.

Peccato però che poi “se la versione è identica, i prof si arrabbino – rivela un altro studente – Hanno sempre il sospetto che qualcuno bari. Così ci tocca dover imbrogliare ancora per evitare l’insufficienza. E diciamo: tu metti i sinonimi in questa frase, io in quella. Tu fai un errore qui, io faccio un errore lì. E alla fine vengono fuori versioni diverse”. E si sopravvive ad una scuola “antica, nel modo di insegnare, spiegare, giudicare”. Anche così si crea, forse, l’ingegno italiano.