Coronavirus: Pirlo (Crea), ‘al momento non dimostrata associazione con polveri sottili’  

Pirlo (Crea): 'Al momento non dimostrata associazione con polveri sottili'

Pubblicato il: 14/05/2020 15:39

Al momento, nessun esperto in materia ha dichiarato o si è espresso sulla possibile associazione diretta tra diffusione dei virus ed emissioni di ammoniaca o attività agricola zootecnica e neanche io posso dare una riposta. Il problema delle polveri sottili è comunque un problema che si sta affrontando. L’allevamento e l’agricoltura partecipano nella formazione di PM 2.5, ma c’è stata una forte diminuzione dovuta sia alla diminuzione dei capi allevati sia al miglioramento delle tecniche di allevamento”. Ad affermarlo Giacomo Pirlo, dirigente di ricerca del Crea-Centro di ricerca di zootecnica e acquacoltura di Lodi, intervenuto al webinar ‘La filiera agroalimentare ai tempi del coronavirus: prospettive future a seguito dell’emergenza‘ organizzato da Msd Animal Health.

A livello nazionale – ricorda – l’agricoltura contribuisce al PM 10 (una frazione più grossa delle polveri sottili) per il 13%. I dati Ispra, però, non affrontano il problema delle PM 10 secondarie: facendo riferimento ad un’indagine realizzata dalla regione Emilia Romagna, il contributo all’emissione sia diretta sia per formazione di PM 10 da parte dell’agricoltura è il 19%. Si tratta di un problema che deve ed è continuamente affrontato per studiarne un miglioramento”.

L’allevamento a livello globale – spiega – contribuisce per il 14,5% alle emissioni di gas serra e in Italia il contributo di questo settore è più basso. L’agricoltura in Italia contribuisce solo con il 7% alle emissioni di gas serra: questo è dovuto al fatto che l’economia nel nostro paese è basata principalmente sull’industria e sui servizi, ma anche al fatto che l’agricoltura e l’allevamento sono settori efficienti che emettono gas serra in misura più limitata rispetto ad altri settori e altri Paesi”.

“Negli ultimi anni le emissioni di gas serra da settore agricolo sono diminuite, soprattutto grazie alla riduzione del numero dei capi allevati. Le emissioni di metano enterico sono infatti diminuite in modo concreto in questi anni, rispetto a quanto appare sulla rete i numeri sono decisamente più bassi”, sottolinea.

“Anche l’agricoltura e il settore zootecnico – prosegue – possono dare un loro contributo nel migliorare la sostenibilità ambientale, poiché l‘agricoltura fornisce anche la possibilità di sequestrare carbonio, come è sottolineato nel New Green Deal dell’Unione europea. Ci sono diverse azioni che si possono mettere in atto, ad esempio aumentare il sequestro di carbonio aumentando la quota di prati e pascoli, inserendo delle siepi nel paesaggio e attraverso il rimboschimento”.

“Per quanto riguarda la qualità dell’aria, la zootecnia ha un peso più rilevante, perché sia l’agricoltura sia la zootecnia emettono ammoniaca che ha effetto sull’ambiente e sulla qualità dell’aria. Le fonti principali sono la gestione dei reflui e lo spandimento al suolo dei fertilizzanti. Oggi ci sono delle normative importanti a riguardo. Anche in questo caso è importante ribadire che, a differenza di quanto si può trovare in rete, le emissioni di ammoniaca sono sensibilmente diminuite, dal 1990 ad oggi c’è stata una riduzione di oltre il 23%. Ma è possibile fare di più per raggiungere standard ancora migliori”, conclude.