Coronavirus, zero decessi da inizio pandemia: il ‘caso’ Vietnam 

Coronavirus, zero decessi da inizio pandemia: il 'caso' Vietnam

Foto Fotogramma

Pubblicato il: 30/05/2020 13:58

Una “storia di successo”. E’ così che la Cnn definisce la gestione dell’emergenza coronavirus in Vietnam, mentre i riflettori sono puntati su altri Paesi dell’Asia, dalla Corea del Sud a Hong Kong, passando per Taiwan. Il Vietnam – con una popolazione di 97 milioni di persone e un lungo tratto di confine condiviso con la Cina – non ha registrato sinora decessi a causa della pandemia. E, secondo i dati della Johns Hopkins University, i casi confermati di Covid-19 sono 328. Uno studio condotto da una ventina di esperti di salute pubblica del Paese ha evidenziato come il 43% dei primi 270 casi di Covid accertati fossero pazienti asintomatici.

In Vietnam, visitato ogni anno da milioni di cinesi, ci sono – stando alla Banca Mondiale – otto medici ogni 10.000 persone. Per gli scettici i dati ufficiali sembrano troppo positivi per essere veri. “Sono tutti i giorni nei reparti, conosco i casi, so che non ci sono stati decessi”, ha detto alla Cnn Guy Thwaites, un medico, esperto di malattie infettive che lavora in uno dei principali ospedali per pazienti Covid e che dirige la Oxford University Clinical Research Unit di Ho Chi Minh City.

Come ha fatto il Vietnam? La ricetta, secondo gli esperti di salute pubblica, è in una combinazione di fattori, dalla risposta tempestiva del governo per evitare la diffusione del virus alle misure rigorose di tracciamento dei contatti e quarantena e una campagna di informazione capillare, con la mobilitazione dell’apparato della propaganda.

Il Paese aveva iniziato a prepararsi all’emergenza ben prima dei primi due casi confermati il 23 gennaio, all’indomani dei quali sono stati bloccati tutti i voli da e per Wuhan, la megalopoli cinese che per prima ha fatto i conti con il coronavirus. “Non abbiamo aspettato solo le linee guida dell’Oms – ha detto Pham Quang Thai, numero due del Dipartimento di controllo delle infezioni dell’Istituto nazionale di igiene ed epidemiologia di Hanoi – Abbiamo usato i dati che arrivavano dall’estero e dall’interno del Paese per agire in anticipo”. Così a inizio gennaio c’era già il controllo della temperatura per i passeggeri in arrivo in aereo da Wuhan.

A metà gennaio, ricostruisce la Cnn, il vice premier Vu Duc Dam chiedeva alle agenzie governative “misure drastiche” per contenere la diffusione del virus. Il primo febbraio venivano sospesi tutti i voli con la Cina e il giorno arrivava lo stop ai visi per i cittadini cinesi, fino ad arrivare a fine marzo con il divieto d’ingresso per tutti gli stranieri. Ha contribuito a contenere i contagi anche la campagna di informazione che ha sfruttato giornali e tv. I pazienti Covid, ha spiegato Pham, devono fornire alle autorità un elenco dettagliato di tutte le persone incontrate negli ultimi 14 giorni e giornali e tv danno notizia di quando e dove si è recata una persona che ha contratto l’infezione.

E quando al Bach Mai Hospital di Hanoi sono stati accertati decine di casi di coronavirus, le autorità – ha raccontato – hanno subito imposto il lockdown per la struttura e tracciato quasi 100.000 persone che vi si erano recate. Così si è arrivati a fine aprile, quando – dopo tre settimane di lockdown – sono state revocate le misure di distanziamento fisico e sociale. Hanno riaperto gli uffici. Scuole e università hanno riaperto questo mese. La vita torna gradualmente alla normalità.