Ue avanti su Recovery, negoziati fino a metà luglio 

Ue avanti su Recovery, negoziati fino a metà luglio

(Afp)

Pubblicato il: 19/06/2020 23:25

Il Consiglio Europeo in videoconferenza di oggi “aveva un obiettivo: evitare ‘no’ insormontabili sulla proposta della Commissione Europea”. E l’obiettivo è stato “raggiunto”. NextGenerationEu, il Recovery Plan da 750 mld proposto dalla Commissione Europea, “procede”, insieme all’Mff 2021-2027, il Quadro Finanziario Pluriennale dell’Ue da 1.100 mld. A fare il bilancio dei risultati del vertice di oggi dei capi di Stato e di governo dell’Ue è il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni.

Il vertice è riuscito, dunque, anche se “i ponti che dobbiamo ancora costruire restano grandi”, come ha sottolineato da Berlino la cancelliera Angela Merkel, il cui ruolo sarà probabilmente decisivo, anche perché la presidenza di turno del Consiglio Ue inizierà il primo luglio.

Si sapeva dall’inizio che la videoconferenza non avrebbe prodotto accordi, trattandosi di una materia complessa e controversa (il Recovery Plan è fatto di 22 proposte legislative), ma gli obiettivi erano non avere opposizioni insormontabili (serve l’unanimità: basta un Paese contrario e salta tutto) e avere una roadmap per arrivare ad un accordo entro l’estate.

Entrambi gli obiettivi sono stati centrati, anche se ogni leader tira l’acqua al suo mulino e l’olandese Mark Rutte, il capofila dei ‘Frugali’ che nella prossima primavera andrà alle elezioni politiche (è in carica da dieci anni), dice alla stampa che non sarà “terribile” se un accordo non verrà raggiunto entro metà luglio.

Rutte, però, ha anche sottolineato che l’opposizione ai rebates, gli sconti al contributo al bilancio Ue, che stanno molto a cuore agli olandesi, si sta ammorbidendo. Lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha rimarcato che l’Italia potrebbe diventare più “flessibile” sui rebates (che, uscito il Regno Unito, sono difficilmente giustificabili), se i criteri di allocazione delle risorse Recovery Fund e dell’Mff (o Qfp, Quadro Finanziario Pluriennale) verranno tenuti distinti.

Le parole del premier possono apparire tecniche, ma hanno un significato molto concreto: l’Italia è un contributore netto al bilancio Ue, riceve cioè meno di quanto versa. Nel Recovery Plan, che mira ad aiutare i Paesi più colpiti dalla pandemia, l’Italia è invece beneficiaria netta dei grants, i trasferimenti. Come ha spiegato recentemente l’economista Silvia Merler, già al think tank Bruegel e oggi ad Algebris, “tutti gli altri contribuenti netti (Germania, Francia, Olanda eccetera) restano tali anche qui. Il nostro switch è la misura più chiara della solidarietà fiscale implicita”.

Ai Frugali, e ai nordici in generale, interessa anche che le risorse comuni prese in prestito dai mercati vengano spese bene, per riformare e rendere più efficienti, o “resilienti”, le economie dei Paesi del Sud. Non a caso Rutte oggi ha espresso parole di apprezzamento per le intenzioni riformatrici espresse dal governo di Giuseppe Conte. Per dirla sempre con Merler, l’Italia per l’Eurozona è quello che il Mezzogiorno è sempre stato per l’Italia: un caso di mancata convergenza e di mancato aggiustamento.

Se un’economia grande come quella italiana converge con le altre, allineandosi con i tassi di crescita medi dell’area euro, non ci guadagnano solo gli italiani, ma anche, tra gli altri, gli olandesi, che in Italia esportano le loro merci. Lo stesso cancelliere austriaco Sebastian Kurz, altro ‘frugale’, ha sottolineato che il Recovery Plan deve essere “saldamente ancorato alle riforme”. E la premier finlandese Sanna Marin, socialdemocratica, ha detto che la proposta della Commissione così com’è non va bene, aggiungendo però che una rapida ripresa dell’economia europea è nell’interesse anche della Finlandia.

Intorno a metà luglio il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel riconvocherà i leader, questa volta fisicamente a Bruxelles, per la prima volta dopo il 20-21 febbraio (quando a Codogno veniva scovato il presunto paziente uno), per tentare di raggiungere un’intesa sul pacchetto per la ripresa, composto da un Recovery Plan da 750 mld e da un Mff 2021-27 da 1.100 mld.

I leader dovranno anche tenere conto del Parlamento Europeo, che ha già fatto sapere che è pronto a respingere un Mff inadeguato e che è “indispensabile” prevede l’introduzione di nuove risorse proprie. Per Michel, la videoconferenza di oggi “è stata molto utile per identificare su quali punti stiamo lavorando nella giusta direzione. Abbiamo concordato sul fatto che serve una risposta eccezionale, che questa crisi è senza precedenti e che dobbiamo focalizzarci sui settori e sulle regioni più colpite dalla crisi”.

Un altro punto importante di condivisione, ha continuato il presidente del Consiglio Europeo, è “l’idea di emettere debito a livello della Commissione e di aumentare il tetto delle risorse proprie”, necessario a creare un ampio ‘headroom,’, la differenza tra impegni e pagamenti, che farà da garanzia alle obbligazioni che verranno emesse per finanziare il Recovery Plan.

Tuttavia, ha aggiunto Michel, “su alcune materie” trovare un accordo “rimane molto complesso e molto difficile. Vuol dire che nei prossimi giorni, preparando il prossimo summit in presenza, avremo bisogno di lavorare molto attivamente su molti punti complicati”.

Tra questi, ha spiegato il politico belga, “la dimensione e l’ammontare sia dell’Mff che del Recovery Fund, i rebates”, gli sconti ai contributi al bilancio Ue di cui godono alcuni Paesi, “la questione dei trasferimenti e dei prestiti, la condizionalità, che è un altro tema difficile, e non è una sorpresa”.

Un’altra questione complicata, ha continuato Michel, “è connessa ai criteri” su cui si basa la chiave di allocazione delle risorse. Secondo alcuni Stati membri, “dovrebbero essere più legati alle conseguenze della Covid-19”. Per esempio, i Frugali contestano l’utilizzo del tasso di disoccupazione come parametro per la chiave di allocazione, perché coprirebbe anche ‘legacy issues’ e non solo i danni provocati dalla pandemia. La Commissione, invece, difende la validità di questo dato come ‘metro’ per misurare la scarsa ‘resilienza’ delle economie.

“Lavoreremo molto duramente, tenteremo di accelerare i negoziati per avere un incontro utile ed efficiente in luglio”, ha assicurato Michel. Per affrontare i punti controversi “dobbiamo essere innovativi e creativi, per essere in grado di prendere una decisione comune. Sarà difficile e complesso: non sottovaluto il compito, ma oggi ho avvertito una forte volontà politica di impegnarsi, cosa che è molto positiva”.

Durante il Consiglio Europeo, ha notato la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, i capi di Stato e di governo dell’Ue hanno concordato “all’unanimità” che una crisi “grave” come quella attuale necessita di una risposta europea “ambiziosa”. E molti hanno anche sottolineato che occorre raggiungere un accordo “prima della pausa estiva”.

Il primo ministro croato Andrej Plenkovic, dell’Hdz (Ppe), favorevole alla proposta della Commissione e presidente di turno del Consiglio Ue, si è detto “incoraggiato” dal giro di tavolo dei leader di oggi. Per il presidente del Consiglio Conte, tra i leader “sta maturando il giusto clima”. Ora, ha spiegato Michel, parte la fase dei “negoziati” veri e propri con gli Stati membri, con la consapevolezza che è “essenziale” prendere una decisione “il prima possibile”.

Per questo, Michel ha annunciato che, prima del Consiglio Europeo di metà luglio, metterà sul tavolo una proposta di compromesso, tentando una sintesi che sia accettabile per tutti i 27, che hanno esigenze e interessi diversi. Se non si dovesse arrivare ad un accordo, le conseguenze potrebbero essere pesanti.

Come la presidente della Bce Christine Lagarde si è incaricata oggi di ricordare ai leader, la risposta decisa e rapida data dall’Ue inizialmente alla crisi, con le misure già sul tavolo (piano Bei, piano Sure e linee di credito del Mes, per un totale di 540 mld di euro), ha creato un sentiment favorevole sui mercati, che hanno scontato l’accordo nei prezzi di azioni, bond e titoli di Stato.

Si è così ‘comprato tempo’, preparando tra l’altro le condizioni per un rimbalzo dell’economia negli ultimi trimestri dell’anno, pandemia permettendo. Se questo accordo, la cui probabilità è oramai incorporata nei prezzi, non dovesse materializzarsi, non è difficile capire che cosa succederebbe: i mercati ne prenderebbero atto e riadeguerebbero le quotazioni, con scossoni anche molto violenti. Gentiloni ha detto di non voler neanche pensare ad un’eventualità del genere.

L’Unione Europea correrebbe il rischio di aggiungere ad una crisi sanitaria ed economica pesantissima (se va bene, il Pil dell’Eurozona calerà nel 2020 in misura quasi doppia del crollo del 2009, anno nero della crisi scatenata dai mutui subprime Usa e dal fallimento di Lehman Brothers) un’altra crisi finanziaria autoprodotta, dopo quella del debito del 2011-12. Un esito simile avrebbe conseguenze, tra l’altro, anche sull’immagine e sulla credibilità dell’Ue a livello internazionale, già offuscate dalla Brexit.