Razzismo, ultimo reduce El Alamein: “No a vandalismo su statue di chi rappresenta nostra storia” 

Razzismo, ultimo reduce El Alamein: No a vandalismo su statue di chi rappresenta nostra storia

Antonio Ancora, ultimo reduce El Alamein

Pubblicato il: 26/06/2020 16:39

“Brutto vedere certi atti di vandalismo su monumenti e statue di alcuni personaggi che, nel bene o nel male, indicano e rappresentano la nostra storia. Nel momento in cui poi sono state costruite rappresentavano qualcosa in cui si credeva. Non è bello rovinarle, è irrispettoso”. Così all’Adnkronos Antonio Ancora – ultimo superstite del Battaglione paracadutisti Folgore della storica battaglia di El Alamein – sui recenti imbrattamenti della statue del generale Antonio Baldissera, al Pincio (Roma) e di Indro Montanelli a Milano e sulla copertura delle le targhe di via e largo dell’Amba Aradam con il nome di George Floyd.

Antonio Ancora, 99 anni, nato a Galatina, provincia di Lecce, il 9 aprile del 1921, racconta anche cosa abbia significato in quegli anni combattere per l’Italia. “Un onore difendere il mio Paese, un onore aver rischiato ogni giorno la vita per tenere alto il tricolore. Momenti di gloria che hanno fatto in modo che quella battaglia passasse alla storia. La celebrità di quel conflitto deriva dal fatto che l’Ottava Armata alla guida del comandante Montgomery non riuscì mai a sfondare la nostra postazione. Eravamo poche decine di paracadutisti della Folgore. E alla fine, solo la nostra resa di fronte ad una forza impari permise loro di conquistare la vittoria. Accettarono la resa, ma con l’onore delle armi. Fu un episodio unico in tutta la campagna d’Africa. Per questo passammo alla storia”.

L’ultimo parà di El Alamein parla anche dei giovani di oggi che, secondo lui, hanno perso ormai i valori tradizionali. “I ragazzi – prosegue – debbono sapere che ciò che ora hanno a disposizione è frutto dei sacrifici fatti da chi li ha preceduti. Da chi ha messo in gioco tutto e che la Patria è quella che comunque, con tanti difetti, ti accoglie e ti protegge”.

Nella mente di Ancora riaffiorano ricordi della sua gioventù in battaglia, dei suoi amici, della morte: “Al fronte non esistevano amici, eravamo tutti fratelli. In quei momenti, quando sentivi la morte vicina, che ti sfiorava e ti parlava, il pensiero non era a Dio o ai Santi, ma nei confronti di chi ti ha messo al mondo. Il nostro grido era. ‘mamma mia aiutami’. Per questo eravamo tutti fratelli!”.