Vaticano, sequestrati cellulari e ipad Mincione: il caso del palazzo di Londra 

Vaticano, sequestrati cellulari e ipad Mincione: il caso del palazzo di Londra

Foto AFP

Pubblicato il: 15/07/2020 16:57

Il palazzo al centro dell’inchiesta che ha portato oggi al sequestro di cellulari e tablet del finanziere Raffaele Mincione (e a ottobre scorso all’arresto del banker Gianluigi Torzi, ora libero) è un antico magazzino di Harrods nell’esclusivo quartiere di Chelsea, a due passi dallo snodo della Tube di South Kensington. E’ stato proprio Mincione a vendere il palazzo al Vaticano, che inizialmente stava valutando un investimento nell’estrazione di petrolio offshore in Angola.

La Segreteria di Stato, però, non ha acquistato direttamente le mura, ma ha sottoscritto le quote di un fondo che faceva capo a Mincione, Athena Capital Commodities Fund. Per quanto l’immobile sia di pregio, secondo le accuse dell’Ufficio del promotore vaticano Gian Piero Milano e del suo aggiunto Alessandro Diddi, la Santa Sede ci avrebbe perso parecchi denari. E i progetti di ristrutturazione per metterlo a reddito, datano almeno dal 2016, ma richiedono spese non piccole.

Oltretutto, i soldi dell’Obolo di San Pietro, che in teoria avrebbero dovuto essere messi al sicuro nel mattone, sarebbero invece finiti a finanziare, sempre secondo le accuse, una serie di operazioni che facevano capo a Mincione, tra cui la sottoscrizione di un bond emesso dalla lussemburghese Time and Life Sa (anch’essa facente capo a Mincione) e l’acquisizione di azioni della Bpm.

Le quote del fondo sottoscritto dalla Segreteria di Stato al 30 settembre 2018 avevano già perso 18 mln di euro rispetto al valore dell’investimento iniziale. Ma la perdita per le finanze vaticane sarebbe ben più consistente. Oltre ai 18 mln persi per il deprezzamento delle quote del fondo, la Santa Sede ha infatti versato a Mincione altri 40 mln di euro, al fine di acquisire una buona volta l’intera proprietà del palazzo.

Neanche questa transazione, peraltro oggetto di speciale attenzione da parte degli inquirenti vaticani vista la grande sproporzione tra il valore dell’immobile (gravato da un mutuo oneroso) e il prezzo corrisposto, ha risolto la questione.

Nell’ambito della transazione, dalla struttura complessa, il finanziere Gianluigi Torzi, subentrato per consentire alla Santa Sede di acquisire la proprietà del palazzo, aveva conservato un pacchetto di azioni con diritto di voto di una società anonima, la Gutt Sa, coinvolta nel passaggio di mano.