Informazione: Vita, ‘ecco come riscriverei la legge sulla Par Condicio’  

Vita: ''ecco come riscriverei la legge sulla Par Condicio''

Vincenzo Vita, ‘padre’ della legge sulla Par Condicio.

Pubblicato il: 17/07/2020 20:02

Nacque perché mancava “una norma che regolasse la presenza dei politici in televisione durante le campagne elettorali” e con un unico obiettivo: “mettere ordine nel sistema dell’informazione come un’aspirina in un corpo malato”. Così racconta all’Adnkronos il ‘padre’ della legge 28/2000 sulla Par Condicio, Vincenzo Vita. Visto che all’epoca non erano andate in porto né la normativa sul conflitto di interesse, né quella anti concentrazione nel campo televisivo e si avvicinavano importanti appuntamenti elettorali, “il governo D’Alema -prosegue- ritenne doveroso arginare Silvio Berlusconi, che aveva la proprietà di un impero televisivo. La Par Condicio è stata l’antibiotico necessario per salvaguardare il pluralismo dell’informazione in Italia”.

Tra i principali promotori della legge come sottosegretario alle Comunicazioni, Vita è tra gli autori del libro “La disfida della Par Condicio 20 anni dopo”, edito da The Skill Press e curato dal giornalista Luca Romano. Il volume appena uscito nelle librerie contiene anche testimonianze di Giorgio Lainati, allora capo ufficio stampa e poi deputato e vicepresidente Forza Italia della Commissione di Vigilanza Rai, di Stefano Luppi, capo delle Relazioni istituzionali della Rai, e di Gennaro Pesante, giornalista ed esperto di comunicazione.

“Voglio ricordare -precisa Vita- che il primo testo della 28/2000 prevedeva, all’articolo 1, anche la regolazione dei servizi in rete. Allora, non appena il testo arrivò in Commissione al Senato, fummo costretti a togliere questo cenno doveroso poiché si affermava che la rete non poteva essere censurata, lasciando quindi aree scoperte non contemplate dalla normativa. Basti pensare che oggi sui social network in Italia non c’è neppure il silenzio elettorale e il divieto di pubblicazione e divulgazione dei sondaggi”. (segue)

(Adnkronos) – La Par Condicio serve ancora, afferma Vita, ma il testo attuale “meriterebbe una rivisitazione, perché la legge ha un grande limite e cioè che è essenzialmente analogica. Comunque non butterei come si dice ‘il bambino con l’acqua sporca’, ma manterrei le regole essenziali presenti nel testo riferite alla radio e alla televisione, facendo un lavoro di ricerca sulle normative internazionali (ad esempio di Francia, Germania e Spagna) e immaginando una regolazione sul tema social. Al suo fondo c’è il problema del rapporto tra stato, nazioni e organi sovranazionali”.

“Andrebbero spacchettati anche i vari social e non ci può essere la proprietà di una sola persona. Occorrerebbero degli adeguati organismi sovranazionali, una normativa che andrebbe accordata con le norme sovranazionali. C’è un caso positivo, in tal senso, come il Regolamento sulla Privacy del 2016. Insomma, non basta solo il Parlamento nazionale per regolare gli Over The Top internazionali”.

In questi 20 anni nessuno ha messo mani alla legge. “E’ facile dire oggi che è orrenda. Ma se si vuole toccare il mondo del web modificarla diventa un’impresa ardua, perché come ti muovi rischi di sbagliare. La legge 249 del ‘97 che istituì l’AgCom, le affidò poteri enormi di alta magistratura e regolamentazione; l’AgCom avrebbe potuto, esercitando il suo potere, aggiornare la Par Condicio almeno su alcune cose essenziali. Non ci vuole una riforma per dire che almeno il silenzio elettorale sui social bisogna rispettarlo. Una regolamentazione su alcuni punti cruciali si poteva e si potrebbe fare, magari con apposite segnalazioni al Parlamento”. (segue)

(Adnkronos) – Questo è un primo gradino. E poi? “Volendo un testo si può fare anche adesso su questi aspetti. Discorso diverso e molto più complesso, invece, se si vuole mettere mano alla regolazione del mercato dei dati. Lì è più complicato. La campagna elettorale oggi non si svolge solo in televisione ma soprattutto attraverso l’uso selvaggio dei social. In televisione c’è il comizio, ma l’influenza sull’opinione pubblica avviene attraverso i social. Ad esempio, se devo mandare un messaggio agli avvocati o ai commercialisti faccio prima a farlo attraverso i canali social, ottenendo effetti migliori. Se dipendesse da me -conclude Vita- farei subito un testo snello per correggere le cose dette, ma contemporaneamente lavorerei per un testo serio e approfondito di sistema”.

Nessuno, inoltre, tiene in conto la seconda parte della Par Condicio. “Tutti i conduttori tv vogliono mettere in campo le forze maggiori e al più inseriscono una piccola intervista a una forza politica minore, come contentino. Nella campagna elettorale l’AgCom dovrebbe vigilare severamente. Ogni tanto vara delle disposizioni che però sono fine a se stesse, senza emettere sanzioni vere e proprie, oppure talvolta le emette in ritardo, al termine della campagna elettorale. La Par Condicio si tutela con la correzione in corsa, riequilibrando subito le disparità che eventualmente emergono”.

Venti anni fa la Par Condicio è nata per limitare lo strapotere berlusconiano: oggi può nascere per limitare Salvini, Di Maio o Renzi sul web? “E’ un bel problema, perché sulla rete non è facile regolamentare: puoi mettere alcuni paletti, ma andare fino in fondo è difficilissimo: nessuno può limitare un politico nel twittare. Il problema dei social si deve risolvere con un brusco intervento a monte, come si fece con lo scorporo negli Anni Ottanta da parte della Federal Communication Commission negli Stati Uniti con la AT&T. Cioè Facebook e Google vanno spezzettati. Peraltro, proprio negli Stati Uniti su questo punto sono più avanti nel dibattito. In Europa, però, grazie al Regolamento sui dati personali qualcosa ha iniziato a muoversi. Speriamo che l’attuale legislatura europea faccia qualcosa di più. Non basta intimare ai principali social di autoregolarsi. La speranza è che nell’era digitale il diritto divenga creativo ed efficace”. (di Rossella Guadagnini)