Mare: metà spiagge italiane soggetta a erosione, in 50 anni scomparsi 40 mln di mq 

Spiagge, in 50 anni scomparsi 40 milioni di mq

Pubblicato il: 21/07/2020 16:15

Quasi il 50% delle nostre coste sabbiose è attualmente soggetto a erosione, un fenomeno che negli ultimi 50 anni si è mangiato 40 milioni di metri quadrati di spiagge. A lanciare l’allarme è Legambiente che presenta oggi uno studio sullo stato di erosione delle coste in Italia.

Legambiente ha elaborato un quadro dell’evoluzione dell’erosione delle nostre coste tra il 1970 e il 2020, partendo dagli ultimi dati pubblicati dal ministero dell’Ambiente in collaborazione con Ispra e con le 15 Regioni marittime. Le cause principali sono da attribuire ai cambiamenti rilevanti introdotti negli ultimi decenni sulle coste dal consumo di suolo, con la costruzione di edifici e di nuove opere infrastrutturali portuali o di opere rigide a difesa dei litorali. E i cambiamenti climatici in atto rischiano di inasprire ancora di più il fenomeno.

Tornando ai dati elaborati dal geologo marino Diego Paltrinieri per Legambiente, più dettagliatamente, su circa 8.000 chilometri di litorale, le coste basse sabbiose (che sono quelle sostanzialmente erodibili) coprono 3.770 chilometri, di cui 1.750 chilometri sono attualmente in erosione: per un tasso di erosione del 46,4%.

Negli ultimi 50 anni, i litorali in erosione sono triplicati: è come aver perso in media 23 metri di profondità di spiaggia per tutti i 1.750 km di litorale in erosione. I dati evidenziano inoltre un profondo dislivello tra nord e sud del Paese, con picchi fino al 60% nelle regioni di Sicilia e Calabria.

Le opere marittime connesse al sistema portuale nazionale si sviluppano per una lunghezza complessiva di circa 2.250 chilometri (dati Ispra 2010). Questa profonda artificializzazione del litorale ha innescato fenomeni di erosione dovuti in sostanza alla alterazione della naturale dinamica litoranea.

“A questi fenomeni – commenta Sebastiano Venneri, responsabile turismo e innovazione territoriale di Legambiente – si è risposto con una serie a catena di opere rigide, ci sono circa 1.300 chilometri di opere rigide che ingabbiano le nostre spiagge, che hanno risolto poco e solo temporaneamente i problemi locali, spostando invece l’erosione nel senso di scorrimento della corrente longitudinale litoranea di fondo”.

Inoltre “da almeno 30 anni sono stati realizzati numerosi interventi cosiddetti morbidi, cioè di ricostituzione delle spiagge mediante ripascimenti, in particolare negli ultimi 20 anni mediante dragaggi di sabbie marine relitte. Sarebbe da approfondire in dettaglio la durata e la stabilità di questi ripascimenti – aggiunge Venneri – che spesso hanno interessato aree costiere già protette da opere rigide”.

Da una prima analisi ex-post degli interventi di ripascimento effettuati, conclude Venneri, “sembra infatti che la alterazione della dinamica litoranea suddetta acceleri la dispersione dei sedimenti apportati. Prima di effettuare i necessari ripascimenti sarebbe quindi necessario recuperare il naturale equilibrio del sistema costiero”.

Per Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, “monitorare i processi in corso è un prerequisito ineludibile per supportare le scelte di governo e pianificazione, alle diverse scale territoriali, e migliorare le condizioni di tutela dei nostri patrimoni vista mare. L’erosione è un fenomeno che contraddistingue da sempre le aree costiere, per ragioni naturali e antropiche, ma che nei prossimi anni diventerà ancora più urgente e importante studiare e comprendere nelle sue dinamiche per i cambiamenti climatici che già caratterizzano il Mediterraneo e sempre più lo caratterizzeranno con innalzamento del livello dei mari e impatti di fenomeni meteorologici sempre più rilevanti”.

“E’ urgente che l’Italia approvi un piano nazionale di adattamento al clima, come hanno già fatto tutti gli altri grandi paesi europei, che consideri le coste tra le priorità e che supporti i Comuni nella pianificazione delle soluzioni e negli investimenti, per superare la logica dell’emergenza e degli interventi invasivi, che non fanno che peggiorare le situazioni e scomparire le spiagge”, conclude Zanchini.