Scoperto maxi riciclaggio da 130 mln, puntavano anche a fondi Covid 

Scoperto maxi riciclaggio da 130 mln, puntavano anche a fondi Covid

Immagine di repertorio

Pubblicato il: 29/07/2020 12:54

Puntavano ai fondi per l’emergenza Covid-19 messi a disposizione dallo Stato per le imprese. Dodici persone sono state arrestate e altre 132 sono indagate nell’ambito di un’indagine della guardia di finanza di Fermo che ha portato alla luce un presunto giro di riciclaggio nel quale risulta coinvolto anche un appartenente al corpo. Un’organizzazione con ramificazioni in molte regioni italiane.

Dalle prime ore della mattinata odierna, oltre 200 finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Ancona, del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, del gruppo di Fermo e della compagnia di Civitanova Marche hanno eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare, di cui nove in carcere e tre ai domiciliari, emesse dai gip dei tribunali di Ancona e Ascoli Piceno. Gli arrestati sono indagati per i reati di associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta, reati fiscali, riciclaggio e auto-riciclaggio.

L’indagine, denominata “Background” è partita nel 2017 sotto il coordinamento della Dda di Ancona ed è stata sviluppata dalle fiamme gialle. Il lavoro degli inquirenti ha permesso di scoprire una associazione per delinquere radicata, quantomeno dal 2014, in tutte le Marche, che ha gestito, di fatto, 90 aziende, tra società di capitali e imprese individuali, attraverso le quali sono state emesse fatture per operazioni inesistenti, per un ammontare complessivo di circa 130 milioni di euro a favore di “clienti” operanti in numerose Regioni, tra le quali, Lazio, Veneto, Campania, Lombardia, Toscana, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Abruzzo oltre, naturalmente, le Marche.

In un’intercettazione, il ‘dominus’ dell’associazione, un cinquantenne italiano, dice sicuro: “No ma tanto la finanza con me non ce la fa perché ho 50 aziende… tutte collegate… tutto un miscuglio che sembra… che per trovare una fessura ci vogliono 20 anni”. Un network societario pensato, allestito e organizzato in maniera da garantire al sodalizio, che lo ha di fatto gestito, guadagni attraverso riciclaggio, auto-riciclaggio, bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, truffa ai danni dello Stato e reati tributari. Tra le persone ritenute appartenenti all’organizzazione, c’è anche una persona più volte sospettata di appartenere ad ambienti della malavita organizzata siciliana e campana.

L’organizzazione poteva, inoltre, contare su una consolidata base operativa anche all’estero dove venivano fatti confluire i profitti conseguiti. Tra i Paesi individuati, quasi tutti dell’Europa dell’Est ad eccezione del Delaware (Usa), vi sono l’Ungheria, la Repubblica Ceca, la Romania, la Slovacchia, la Bulgaria, la Lituania e la Moldavia.

In alcune intercettazioni, il “dominus” dell’associazione a delinquere ha evidenziato chiaramente l’intento di utilizzare le sue numerose società di comodo per avanzare richieste per usufruire delle agevolazioni e delle misure a sostegno dell’economia stanziate a seguito emergenza Covid-19 per centinaia di migliaia di euro, sfruttando i falsi volumi d’affari generati in passato da tali imprese. Alla domanda “tu stai portando avanti anche i finanziamenti del decreto?”, ha risposto così: “sì sì, stiamo lavorando mattina e sera su questo”.

Uno dei filoni dell’inchiesta, nell’ambito della quale sono state seguite le tracce di ben 130 milioni di euro, riguarda, in particolare, la bancarotta fraudolenta del fallimento di sette società, operanti nel settore delle pelli e delle materie plastiche con sede nelle Marche, in Emilia Romagna, nel Lazio e in Lombardia. I fondi incassati da queste ultime, a fronte dell’emissione di fatture per operazioni inesistenti, sono stati progressivamente distratti a favore di altre ditte individuali, intestate a prestanome, lasciando le stesse prive delle risorse economiche necessarie per assolvere gli obblighi tributari e, quindi, “abbandonate” dopo essere state utilizzate per un ristretto arco temporale.

Uno dei destinatari delle misure degli arresti domiciliari, si legge nella nota della guardia di finanza, è un appartenente al corpo, all’epoca dei fatti contestati in servizio a Fermo, che avrebbe rivelato a un indagato notizie sull’esistenza del procedimento penale in corso.