Tlc: rete unica è ‘work in progress’ ma ancora divisioni su meta 

Tlc: rete unica è 'work in progress' ma ancora divisioni su meta

Pubblicato il: 11/08/2020 18:47

Il tempo stringe per delineare almeno i contorni di un accordo sulla futura ‘rete unica’ ma al momento l’accelerazione impressa dal governo per una integrazione delle infrastrutture di Tim e Open Fiber non ha ancora prodotto risultati concreti: lo scoglio non sono gli obiettivi di una infrastruttura che possa far recuperare all’Italia il ritardo accumulato nella digitalizzazione anche rispetto all’Europa, ma, ancora una volta la governance. E’ comunque ancora un ‘work in progress’, che tuttavia prosegue serrato nella convinzione che mai come oggi bisogna accelerare e evitare di disperdere gli ingenti investimenti che sono necessari per portare la fibra sul territorio nazionale e non lasciare nessuno privo di accesso alla rete.

Per ora le posizioni non sarebbero univoche all’interno dello stesso governo: la governance della ‘società della rete’ vedrebbe ancora una divisione con i 5Stelle su posizioni più ‘stataliste’ con varie sfumature dalla maggioranza a una partecipazione del pubblico (Cdp è già azionista della società telefonica con oltre il 9%) nel veicolo rete, a quella più dialettica del Pd. Nelle fila del Partito democratico c’è chi ripone fiducia nella presenza e nella ‘massa critica’ di un operatore incumbent come Tim con una governance in grado di garantire tutti i soggetti e fare da contrappreso alla presenza maggioritaria dell’incumbent. E chi ritiene più indicata la fisionomia di operatore ‘wholesale only’ per la società della rete.

Open Fiber, partecipata da Cdp e Enel al 50% e nata per portare la fibra nelle aree a fallimento di mercato, ancora una volta non fa mistero di ritenere che solo un modello analogo al proprio, proprio quello di operatore ‘wholesale only’, cioè che non sia verticalmente integrato, possa rivestire il ruolo di operatore unico della rete. (segue)

Dello stesso tenore le indicazioni arrivate già da tempo dagli altri operatori telefonici, Vodafone e Wind che di recente con Sky hanno chiesto di incontrare i ministri dell’Economia Roberto Gualtieri e dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. Per il momento tuttavia, a quanto apprende l’Adnkronos, l’incontro non è in agenda anche se non è escluso che si tenga dopo ferragosto.

Tim dal canto suo nei suoi progetti per FiberCop fa riferimento al nuovo codice europeo delle comunicazioni elettroniche varato da Bruxelles e che in Italia sarà recepito all’inizio del nuovo anno, che si richiama al ‘co-investimento’ e che dà la possibilità alle imprese con significativo potere di mercato di aprire a questo modello per realizzare reti di nuova generazione. FiberCop diventerebbe così una vera e propria ‘società della rete’ aperta ad altri investitori e con economie nei costi di realizzazione. L’apertura potrà avvenire a investitori nazionali ma anche locali che potrebbero ‘accendere’ i tratti di fibra di loro interesse sul territorio. Il tutto con una governance tale da garantire contrappesi adeguati alla quota maggioritaria di Tim nella newco: il 58%. Mentre nella fisionomia delineata nel cda del 4 agosto Kkr avrebbe il 37,5% e Fastweb il 4,5%.

Intanto l’orizzonte temporale è ravvicinato visto che il board di Tim esaminerà l’offerta del fondo Usa Kkr per una quota di minoranza della rete secondaria nella riunione del 31 agosto. Il cda aveva accettato di convocare in quella la riunione “per deliberare in modo conclusivo sul Progetto FiberCop, eventualmente aggiornato alla luce dell’esito delle iniziative” per arrivare a una rete integrata in fibra.

Open Fiber oggi è intervenuta proprio per precisare i termini del coinvestimento. “Se Tim avesse intenzione di proporre agli altri operatori un accordo di coinvestimento per la realizzazione di reti Ftth in aree non ancora servite o che non rientrano nei piani di altri operatori, ben potrebbe farlo, ovviamente nel rispetto della concorrenza e delle condizioni previste dal Codice europeo. Non si capisce però per quale motivo si renderebbe necessaria la fusione delle reti di Tim e di Open Fiber per far questo” hanno sottolineato oggi fonti di Open Fiber. “Se l’obiettivo di Tim è quello di proporre un accordo di coinvestimento, Open Fiber può e anzi deve coesistere separatamente”.

Le stesse fonti fanno notare come “il coinvestimento niente ha a che vedere con un progetto di rete unica, verticalmente integrata e controllata dall’incumbent, in cui confluisce l’intera rete in rame di quest’ultimo. Il coinvestimento presuppone l’esistenza di più operatori infrastrutturali, la rete unica è un monopolio”.

E ancora secondo Open Fiber “secondo lo schema previsto dal Codice (europeo n.d.r.), l’incumbent presenta impegni volti ad assicurare l’apertura dell’offerta di coinvestimento per tutto il periodo di vita della nuova rete, parità di condizioni per i coinvestitori in base alla loro partecipazione, il mantenimento della concorrenza sul mercato anche con riferimento agli operatori che non partecipano al coinvestimento” proseguono le fonti della società partecipata da Cdp e Enel.