“Lasciata a casa perché in maternità”, la storia della precaria Aifa 

Lasciata a casa perché in maternità, la storia della precaria Aifa

(Immagine di repertorio – Fotogramma)

Pubblicato il: 01/09/2020 13:05

E’ rimasta in attesa di una telefonata o un’email, che non ha mai ricevuto. E intanto il momento in cui sarebbe potuta rientrare al lavoro dopo il periodo di maternità obbligatoria è arrivato. “Ma nessuno mi ha mai più chiamato, nonostante io abbia scritto dicendomi pronta a riprendere e fiduciosa”. E’ la storia di una 37enne, neomamma di una bimba di 4 mesi. Laureata in Giurisprudenza, è stata fra gli oltre 40 lavoratori interinali in forze all’Agenzia italiana del farmaco Aifa. Lavoratori – in tutto un centinaio se si contano anche i co.co.co. – in bilico da quando a fine giugno è stata loro comunicata la decisione di non rinnovare più i contratti.

Ma mentre per i colleghi interinali è arrivata ‘in zona Cesarini’ una proroga fino al 15 ottobre (non per i co.co.co. e la scure si è già abbattuta sui primi due in scadenza ieri), per lei che in quei giorni era ancora a casa per il periodo di astensione obbligatoria dopo il parto, questa possibilità è sfumata, racconta all’Adnkronos Salute.

“Quando ho saputo che tutti tranne me erano stati prorogati – dice – ho chiamato l’agenzia interinale Orienta. Mi ha spiegato che, trattandosi di lavoro somministrato, non era possibile applicare a me la proroga in quanto in quel preciso momento non ero disponibile ad andare a lavorare. Mi è stata data però una speranza: quando potrai tornare, se Aifa farà richiesta delle tue prestazioni, possiamo farti un contratto nuovo anche di uno o 2 mesi, mi è stato detto. Tanto questa è la durata che tutti gli altri si stanno vedendo garantita”. Ma Aifa non si è fatta viva e quindi neanche Orienta.

“Ho scritto un’email il 14 luglio all’ufficio del personale e delle risorse umane dell’Agenzia e non mi hanno mai risposto”. La donna, seppur “amareggiata”, si è fatta forza e ha deciso di darsi da fare. Ha anche scritto il 27 agosto scorso una email al direttore generale dell’Aifa, Nicola Magrini, “facendo presente anche la difficoltà – in questi tempi di emergenza sanitaria e con l’allattamento che mi riduce l’orario lavorativo a 5 ore – a trovare un altro lavoro”. E’ ancora in attesa, “ma spero in una sua risposta”, confida.

“Non sono interessata alle vie legali, voglio solo lavorare”, assicura l’ex interinale. Il dispiacere è che la maternità sia stata “tramutata in un ostacolo”. “Tutti sono rientrati tranne me”. E lei aveva aspettato tanto per regalarsi la gioia di un figlio. “Pensavo che, lavorando per un ente importante, fosse l’occasione buona. Ma non è stato neanche questo il momento giusto e sono stata l’unica a essere messa da parte nel silenzio, penalizzata per essere diventata mamma”.

“L’emergenza Covid ha toccato pure me”, fa notare. “Non mi sono mai risparmiata, sono sempre stata disposta a rimboccarmi le maniche”. Se non si fosse messo di mezzo il lockdown, precisa, avrebbe lavorato fino alla fine della gravidanza. “Avevo anche fatto richiesta per la maternità flessibile, spostando il più possibile il congedo dopo il parto. Poi a marzo hanno chiuso il Paese e mi sono dovuta fermare da subito. Finita la maternità obbligatoria, avevo preparato tutto per un mio rientro in ufficio”.

Ora la paura è di restare senza impiego per i prossimi mesi. La ragazza ha mandato qualche curriculum, “ma mi dici chi mi potrà prendere, con l’allattamento? Nessuno – ragiona – L’unica speranza era l’Aifa. Se non ritorno in Agenzia, è scontato che sarò senza lavoro fino ad aprile”, quando scade la riduzione dell’orario.

Pensando ai precari, spiega: “Siamo tutti in difficoltà, c’è chi ha un mutuo, chi paga l’affitto, chi ha più figli”. La neomamma però è finita nel ‘tritacarne’ delle regole e “non c’è stata neanche la speranza di una proroga seppur a breve termine. Mi resta l’amaro in bocca. Ho sempre lavorato e per me era importante rientrare. Ho una figlia e non mi interessa altro, vado oltre i miei titoli che mi avrebbero garantito una stabilizzazione, se fosse stata autorizzata, in una certa posizione. Non mi interessa la carriera. Fare l’assistente amministrativa in direzione generale o ricoprire un altro ruolo in questo momento non fa differenza, se posso lavorare. Dicono che in Italia il tasso di natalità è basso e che cercheranno di investire su questo. Poi uno fa figli e resta a casa. Mi fa male. Così come – conclude – non aver ricevuto neanche una risposta”.