Investimenti: cala attrattività Ue, per l’Italia score peggiora ma margini miglioramento 

Investimenti: cala attrattività Ue, per l'Italia score peggiora ma margini miglioramento

Marco Hannappel, presidente e amministratore delegato di Philip Morris Italia

Pubblicato il: 06/09/2020 12:13

Cala l’attrattività degli investimenti nell’Unione europea. E’ quanto emerge dal Global Attractiveness Index 2020 presentato al Forum Ambroseti a Cernobbio, che registra anche un peggioramento dello score dell’Italia che comunque ha buoni margini di miglioramento se attua alcune riforme strutturali. Il progetto Gai, giunto alla quinta edizione, è stato elaborato da The European House – Ambrosetti e presentato con Aviva Assicurazioni in Italia, Philip Morris Italia e Toyota Material Handling Italia.

In un contesto globale di radicale trasformazione economica e sociale causata dalla pandemia Covid-19, il Rapporto del Global Attractiveness Index, si legge in una nota di Philip Morris Italia, è uno strumento prezioso che aiuta a tracciare una visione di fondo per la ripartenza del nostro Paese.

Come scrive Ferruccio de Bortoli “L’enorme cigno nero che ha attraversato la strada dello sviluppo, falciando migliaia di vite, e cambiando in profondità le nostre abitudini, ha mostrato, da una parte, tutte le fragilità nascoste della società ma ha dischiuso, dall’altra, orizzonti sconosciuti. Oggi è come se dovessimo, colpiti e impoveriti dal virus, scoprire terre incognite, esplorare nuovi continenti della tecnologia, sperimentare i più avanzati modelli di società”.

Il Gai mappa 144 economie del mondo e cerca di cogliere in che modo cambia la “geografia dell’attrattività” al variare della velocità di ogni Paese rispetto agli altri, prendendo a riferimento quattro macro-aree (apertura, innovazione, dotazione ed efficienza).

L’Indice beneficia dell’audit indipendente condotto dal Centre on Composite Indicators and Scoreboards del Joint Research Centre della Commissione Europea e del contributo di un Comitato Scientifico composto da Ferruccio de Bortoli (Presidente, Casa Editrice Longanesi e Associazione Vidas) ed Enrico Giovannini (Portavoce ASviS – Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile).

Chi perde e chi vince nel Gai 2020? Per l’Unione Europea (Ue) si registra un processo di diminuzione dell’attrattività (basti pensare che negli ultimi 5 anni il 75% dei Paesi europei è in riduzione o stabile nel ranking e che negli ultimi 10 anni la percentuale europea di Investimenti Diretti Esteri sul totale globale è diminuita dal 43,7% al 30,7%).

Come scrive Enrico Giovannini nel Rapporto “è segno che per l’Europa la sfida dell’attrattività è sempre più continentale e non potrà essere vinta né difendendo posizioni di rendita del passato, né guardando a posizioni nazionalistiche”. In altre parole, per l’intera Ue, si pone l’occasione di ricostruire il concetto di attrattività in logica sovra-nazionale. A tal fine – dopo i passi avanti fatti con l’approvazione del Piano Next Generation Eu – è auspicabile la promozione di una maggiore armonizzazione fiscale e normativa, la creazione di un mercato unico dell’energia e di una maggiore integrazione bancaria, una centralizzazione del debito europeo (finalizzato a specifiche azioni e policy quali green transition e digitalizzazione) e un’armonizzazione e mutualizzazione di risorse e strumenti per il welfare state a protezione dei cittadini.

Quanto all’Italia, si colloca al 18° posto, ma con uno score in peggioramento (60,36 vs. 61,15 nel Gai 2019). Riguardo le specifiche macro-aree, si evidenziano delle criticità soprattutto nella macro-area efficienza. Il Total Tax Rate, per esempio, secondo gli ultimi dati Eurostat, passa dal 53,1% al 59,1%, posizionando il Paese al 129o posto, in peggioramento. Confermato il “nodo” della Crescita produttività totale dei fattori: nel 2019 la variazione negativa è pari a 0,27, 65o posto nella classifica GAI 2020, in calo rispetto al 2019 (47o).

Il Paese presenta tuttavia significativi margini di miglioramento sia in termini di sostenibilità, sia riguardo la tutela dei propri cittadini più in difficoltà. Per non parlare dell’educazione, tema che ha una rilevanza strategica per il futuro del Paese: se si guarda ai risultati nelle aree del PISA Test Score, l’Italia perde due posizioni e scivola al 28° posto.

Per l’Italia, inoltre, è auspicabile: la realizzazione di una riforma fiscale finalizzata a raggiungere una maggiore equità e semplificazione; un rilancio del Mezzogiorno (attraverso un vasto programma di perequazione infrastrutturale, edilizia e digitale e il potenziamento della formazione secondaria e terziaria); una strategia nazionale di lungo periodo (a-politica e a-partitica) per lo sviluppo di tecnologie verdi e la partecipazione attiva del Paese alla creazione di questa “Circular Europe” che tanti aspettano. Come affermato da Valerio De Molli, Managing Partner & Ceo di The European House – Ambrosetti, “l’attivazione della capacità trasformativa dell’Italia non è più rimandabile, in quanto con sempre maggiore difficoltà – nei prossimi anni – saremo in grado di vivere delle rendite del passato”.

Riforme fondamentali, unite agli investimenti in formazione tecnica e alla promozione delle filiere virtuose dei territori, per rilanciare la competitività dell’Italia nel quadro internazionale e attrarre investimenti esteri di qualità. Come afferma Marco Hannappel, Amministratore Delegato di Philip Morris Italia, “la ripartenza si collocherà in un nuovo scenario, in cui le imprese vincoleranno sempre meno i propri successi a un’area geografica specifica o a un Paese in particolare. In tale prospettiva di reshoring, il compito dell’Italia sarà quello di cogliere tale opportunità per attrarre e promuovere investimenti di imprese italiane e straniere”.

Non a caso, probabilmente, parte delle risorse del Piano Next Generation EU saranno indirizzate verso un piano di reshoring degli investimenti (anche al fine di rafforzare nel mercato interno le catene del valore fondamentali), ma anche al sostegno ai settori del Made in Italy.