Scuola, si torna in classe: per scienziati primi 15 giorni chiave  

Scuola, si torna in classe: per scienziati primi 15 giorni chiave

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Pubblicato il: 09/09/2020 19:33

Le scuole si preparano a riaprire i battenti in tutta Italia, tra misurazione della temperatura, banchi singoli e mascherine. Ma come sarà questo anno scolastico ai tempi di Covid-19? L’Adnkronos Salute lo ha chiesto a virologi e scienziati italiani, convinti che con la ripresa i casi aumenteranno, ma che i primi 15 giorni saranno cruciali per capire se il sistema ‘reggerà’. Dagli specialisti consigli pratici e l’invito a una particolare cautela nei rapporti fra giovanissimi alunni e nonni, più vulnerabili rispetto a Covid-19.

“Le misure adottate nelle scuole, anche se arrivate un po’ in ritardo, vanno nella direzione giusta. La regola più importante è il distanziamento tra gli studenti e poi indossare la mascherina non solo negli spazi comuni, ma fin dall’autobus per raggiungere l’istituto. Saranno però determinati i primi 10-15 giorni, lì si capirà se il sistema messo in piedi funziona”, afferma infatti Matteo Bassetti, infettivologo dell’ospedale Policlinico San Martino di Genova. “Non è spostando l’apertura che si risolve il problema”, sottolinea però.

“Io sono fortemente convinto che tutto andrà per il meglio – evidenzia l’esperto – Abbiamo fatto le cose con grande scrupolo e le famiglie vanno tranquillizzate: la scuola è sicura, purché non ci siano deviazioni dalla linea del ministero e ognuno faccia il proprio dovere. Poche e semplici regole da seguire, perché è l’unico modo affinché tutte le rispettino. Non si deve sbagliare come fatto prima dell’ estate con il distanziamento degli ombrelloni, ad esempio, norme che non erano praticabili e poi si è visto come è andata”.

“La scuola – dice il virologo dell’Università degli Studi di Milano Fabrizio Pregliasco – deve essere aperta: ci saranno dei focolai, ci saranno problemi all’inizio. Ma di certo, se ci sarà un coordinamento tra presidi, insegnanti e famiglie, troveremo una soluzione di operatività e fattibilità”. Il virologo sottolinea anche l’importanza del rispetto delle misure e della capacità di intercettare eventuali casi positivi.

“Inviterei a far presto per munire le scuole di test rapidi in loco”, che in casi sospetti “possano immediatamente dire se il bambino è stato infettato da Sars-CoV-2 o no”. E’ questo il primo consiglio che, “da tecnico”, la microbiologa dell’ospedale Sacco di Milano Maria Rita Gismondo si sente di dare a chi sta lavorando per una ripartenza in sicurezza delle attività didattiche nell’anno della pandemia di Covid-19. “E attenzione anche agli insegnanti”, e al loro ruolo nella possibile trasmissione del nuovo coronavirus, perché bisogna assolutamente “evitare che nelle scuole si identifichino dei bambini come untori. Sarebbe un danno psicologico grave”, ammonisce l’esperta.

“Il rientro a scuola è assolutamente necessario e non discutibile”, premette la direttrice del Laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica delle bioemergenze del Sacco. “Dobbiamo preservare i nostri bambini da danni sociali e psicologici – avverte – dopo che già il lockdown ha infierito” in questo senso sui più piccoli. Ma ovviamente “dobbiamo anche aiutarli perché non subiscano un danno culturale” legato a “un ritardo di frequenza”.

Anche se “vorrei precisare anche un’altra cosa: se qualche scuola chiuderà”, per Gismondo “non si può parlare del fallimento del piano riapertura. E’ un argomento molto complesso che stanno affrontando anche le altre nazioni”, perché anche altri Paesi “magari si trovano a dover chiudere e riaprire qualche scuola per massima cautela”.

Il secondo suggerimento che la specialista del Sacco vuole dare “da tecnico” è che “forse potremmo essere un po’ più generosi nel controllo dei bambini”, specie “in questo momento” in cui “per fortuna il virus circola, ma non ci sta danno particolari problemi”. Gismondo si riferisce alle precauzioni anti-Covid previste in classe: “Imporre le mascherine ai bambini è in qualche caso quasi impossibile”, osserva la microbiologa, e “anche sul distanziamento sociale invito le mamme a dire quanto i loro bimbi possono stare distanziati socialmente”. Quindi cosa fare? “Più che sulla cautela nel farli stare tra loro – dice l’esperta – io punterei più l’attenzione sulla cautela che i bambini devono avere nello stare a contatto con i nonni, soprattutto se questi nonni hanno delle patologie”.

“Le misure igieniche da adottare nelle scuole in funzione anti Covid-19 ci restituiranno una platea di studenti e insegnanti più sana, a prescindere dalla pandemia: sono comportamenti preziosi che sul lungo periodo miglioreranno la vita di tutti”, è convinto Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Parlando nel capoluogo lombardo durante la presentazione del progetto per le scuole ‘Igiene insieme’, l’esperto spiega: “Oggi tutti hanno capito che l’igiene a volte è l’unica arma per difendersi dalle malattie, e in questo senso la scuola è un banco di prova cruciale per la collettività”.

“I bambini devono imparare a usare il gel, più volte al giorno, perché i lavandini non sono ovunque a disposizione”, ha proseguito Signorelli invitando poi a “limitare le lezioni di canto, perché cantando le goccioline di saliva hanno una gittata più lunga”. I piccoli dovranno inoltre “ricordarsi che quando si cammina i metri di distanza devono essere 2. L’attenzione deve essere massima negli spazi chiusi – ha precisato lo specialista – mentre all’esterno si può stare più tranquilli, ma senza abbassare troppo la guardia”.

“La scuola va gestita con attenzione, ma non in maniera differente da qualsiasi altro contesto lavorativo. Perché i rischi non sono diversi”, interviene il virologo Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia all’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Irccs ospedale San Raffaele.

Mentre si avvicina il ritorno fra i banchi di scuola e gli asili hanno già aperto i battenti, lo scienziato evidenzia l’importanza del “tracciamento dei focolai, che devono essere identificati al più presto quando sono ancora piccoli, della gestione corretta di casi e contatti e delle quarantene”. Certo, “un ritorno al vecchio medico scolastico avrebbe aiutato – osserva lo specialista – Avrebbe potuto affiancare i dirigenti scolastici e togliere un alone di responsabilità che sentono sulle loro spalle per la gestione di aspetti che non sono di loro stretta competenza. E’ un aspetto che avevo segnalato e che secondo me, ma anche secondo altri esperti come Massimo Galli, sarebbe stato utile. A parte i servizi territoriali, se ci fosse stato un camice bianco, lì nelle scuole in un ambiente di un certo numero di ragazzi, avrebbe fatto sentire forse più tutelati”.

Per Clementi sarà difficile la gestione dei sintomi. “Una febbre può essere di tutto”, ragiona. E allora come capire quando è necessario quarantenare? “Sicuramente mette in difficoltà avere poche regole non univoche – dice il virologo – In Francia io non dico che le indovinano tutte, ma hanno dato l’indicazione secondo cui per mettere in quarantena una classe ci vogliono 3 studenti infettati. Che sia giusto o sbagliato non lo so, potrebbe essere tanto o poco, ma almeno è un’informazione chiara che la scuola può recepire. I vari istituti hanno a disposizione un metodo e sanno come comportarsi”.

“Qui brancoliamo nel buio, su come si apre e altri aspetti. I banchi sono utili, ma non sono la soluzione”. Quanto alle misure anti-contagio, per Clementi “valgono quelle di base universali”, dal distanziamento al lavaggio delle mani. “Non c’è altra via”.