Usa: ex amb. Bradanini, ‘I rapporti tra Cina e Vaticano alla prova della diplomazia Usa’ 

Gli accordi tra Cina e Santa Sede alla prova della diplomazia Usa

Mike Pompeo, capo della diplomazia Usa.

Pubblicato il: 28/09/2020 19:14

di Rossella Guadagnini – Domani arriverà a Roma il capo della diplomazia americana, Mike Pompeo, per una visita di due giorni, ma non sarà ricevuto da Papa Francesco. I rapporti tra la Santa Sede e la Cina mettono in affanno gli Stati Uniti. Il Segretario di Stato americano, infatti, ha pubblicamente contestato l’accordo firmato due anni fa dalla Santa Sede e dal Dragone (i cui termini sono tuttora formalmente riservati), che riguarda la nomina dei vescovi e il riconoscimento di Taiwan.

“Pompeo, che sarà in visita in Vaticano il 29 settembre, tenterà di convincere il Papa a fare un passo indietro -spiega all’Adnkronos l’ex ambasciatore d’Italia a Pechino, Alberto Bradanini- Secondo il capo della diplomazia statunitense, se il Partito Comunista cinese riuscisse a ‘mettere in riga’ la Chiesa Cattolica e altre comunità religiose, i regimi che disdegnano i diritti umani ne sarebbero rafforzati e il costo della resistenza alle tirannie si alzerebbe per tutti i coraggiosi fedeli che onorano Dio al di sopra dell’autocrate di turno”.

“In realtà -prosegue Bradanini- la credibilità degli Stati Uniti in tema di diritti umani è ai minimi termini, tra guerre e invasioni illegittime, come quelle avvenute in Serbia (1999, con l’aiuto delle nazioni europee), Iraq (2003, 600 mila morti), Siria (dal 2011, illegalmente invaso da truppe e ‘contractors’ americani), Libia (bombardata illegalmente nel 2011), Afganistan (dal 2001) e Yemen (dal 2011). Senza contare gli omicidi mirati extragiudiziari (ultimo quello del generale Soleimani in Iraq, nel gennaio di quest’anno), le torture nella prigione irachena di Abu Ghraib, e le violenze della polizia americana contro la popolazione di colore. E’ chiaro quindi che per Pompeo (e Trump dietro di lui) non è la tutela di diritti la vera preoccupazione, ma la difesa degli interessi americani e la necessità di contrastare la Cina, contro la quale gli Usa hanno avviato una nuova ‘guerra fredda’ che sta destabilizzando il mondo”. (segue)

‘L’altro obiettivo di Pompeo è relativo alla campagna elettorale di Trump’

(Adnkronos) – Ma c’è anche un secondo obiettivo, a detta di Bradanini, non meno centrale per il sistema americano in fibrillazione e riguarda la campagna elettorale di Trump. “Il presidente Usa ha incaricato Pompeo di mietere qualche successo in politica estera per cercare di raddrizzare i pronostici che lo danno perdente nelle imminenti elezioni. La Santa Sede, d’altra parte, sembra intenzionata a rinnovare l’accordo cinese senza esitazioni. Un segnale inequivocabile è giunto in questo senso dalla presa di distanza di Bergoglio nei riguardi dell’anziano cardinale Joseph Zen (88 anni), il quale è giunto ieri a Roma da Hong Kong per perorare la stessa causa di Pompeo, vale a dire convincere il Papa a non rinnovare l’accordo. Il segnale è però inequivocabile: il cardinale Zen è già ripartito, anch’egli senza essere stato ricevuto da Bergoglio. Il rapporto con la Cina, dunque, deve proseguire”.

I punti del dissenso con gli Usa sono due, come si diceva al principio: il riconoscimento di Taiwan e la competenza sulla nomina dei vescovi. “La Chiesa Cattolica in Cina è divisa in due -ricorda Bradanini- quella riconosciuta dal governo e quella sotterranea, fedele solo a Roma e per questa ragione attentamente monitorata dagli apparati di sicurezza cinesi. Il numero dei cattolici in Cina differisce a seconda delle fonti, ma non dovrebbe superare i 9-12 milioni di persone, di cui 6/7 sono fedeli alla Chiesa di Roma. L’ostacolo principale sulla strada del compromesso più che dal riconoscimento di Taiwan -effetto non causa del contrasto tra le due parti- è costituito dalla nomina dei vescovi, che il Partito considera potenziali perturbatori dell’ordine sociale, suscettibili di giocare un ruolo simile a quello di Wojtyla prima dell’implosione sovietica”.

Antonio Riberi, l’ultimo Nunzio apostolico in Cina, fu espulso da Mao nel 1951. “Da allora -sottolinea l’ex ambasciatore italiano- il rappresentante del Papa risiede a Taipei. Nel 1971 Paolo VI aveva ridotto lo ‘status’ diplomatico del Nunzio a Taiwan (l’Ambasciatore della Santa Sede) a quello di ‘incaricato d’affari’ (inferiore di rango), una scelta giustamente letta da Pechino come permanente disponibilità al compromesso da parte vaticana. E seppure l’abbandono di Taiwan venisse gestito senza difficoltà, la nomina dei vescovi resta per la Chiesa una questione più complessa”. (segue)

Da 400 anni la Chiesa cerca di legittimare le attività religiose in Cina

(Adnkronos) – La Santa Sede, infatti, avrebbe accettato due anni fa un compromesso, secondo cui “la nomina dei vescovi rimane prerogativa formale del Vaticano -commenta l’ex ambasciatore italiano- che presenta una rosa di candidature dalla quale le autorità locali sono legittimate a escludere quelle sgradite, lasciando al Papa la scelta finale. Entrambe le parti -sulla carta- hanno interesse al componimento delle divergenze. Un’intesa definitiva renderebbe legittime le attività religiose in Cina, obiettivo strategico da oltre quattrocento anni per la Chiesa di Roma, vale a dire da quando agli inizi del XVII secolo il gesuita Matteo Ricci cercò di convertire l’Imperatore, e attraverso di lui tutta la Cina, pur senza grandi risultati”.

Per Bergoglio, anche lui gesuita, che ha espresso più volte il desiderio di visitare la Cina, “diventare il catalizzatore di un tale componimento sarebbe un traguardo di portata storica -sottolinea il diplomatico italiano- Perciò il suo intento è accelerare le tappe per quanto possibile. Per Pechino favorire un accordo con la Chiesa Cattolica servirebbe al rafforzamento dell’immagine della Cina nel mondo, evitando il rischio di far entrare nel Paese un ‘cavallo di Troia’, nel convincimento che i cattolici non troverebbero comunque terreno fertile, ma -al contrario- potrebbero aiutare il Dragone ad accreditarsi come superpotenza rispettosa di ogni credo e confessione”.

“Secondo il ‘Global Times’ di qualche tempo fa -precisa poi l’ex ambasciatore italiano- il governo cinese è consapevole che alcune forze internazionali tentano di sabotare il processo negoziale, diffondendo voci dannose circa i legami sino-vaticani, che tradotto dal linguaggio politico cinese significa ‘che gli Stati Uniti faranno di tutto -come del resto sta avvenendo in queste ore- per impedire tale processo di avvicinamento’. In ultimo non va dimenticato che gli interessi della Chiesa non coincidono necessariamente con quelli dell’Occidente. E ancor meno con quelli degli Stati Uniti. Tra poco sapremo meglio se tale affermazione risponde al vero”.