Trump positivo, Silvestri: “Gli consiglio cure serie” 

Trump positivo, Silvestri: Gli consiglio cure serie

(Foto Afp)

Pubblicato il: 03/10/2020 11:31

A Trump, oltre al proverbiale in bocca al lupo (che non si nega a nessuno), direi di farsi dare una bella dose di anticorpi monoclonali neutralizzanti e di smetterla di cianciare di cose che non conosce, tipo l’utilità della clorochina o l’inutilità delle mascherine. Già che ci siamo, poi, gli direi di firmare subito il Trattato di Parigi, perché tra un anno Covid sarà finito, ma il cambiamento climatico rimarrà con noi”. Se fosse nei panni del collega Anthony Fauci, ‘camice bianco’ di punta nella task force coronavirus della Casa Bianca, sarebbe questa la ricetta del virologo Guido Silvestri per il presidente americano contagiato da Sars-CoV-2. Ricoverato precauzionalmente in ospedale, e curato con terapie diverse dalle iniezioni di disinfettante che ebbe modo di proporre “come provocazione” qualche mese fa in mondovisione.

Contattato dall’Adnkronos Salute, lo scienziato italiano docente negli Usa alla Emory University di Atlanta premette di non essere mai stato esattamente un ‘fan’ dell’amministrazione Trump. Ma respinge qualunque dialettica basata sulla colpevolizzazione del malato, la retorica del negazionista ‘punito’ dal nemico invisibile che aveva irriso e sottovalutato. “La lezione ovvia – osserva Silvestri – è che il virus non guarda in faccia a nessuno, neanche alla persona più potente del pianeta. D’atro canto – precisa – non mi piace la reazione da parte di molti che incolpano il malato, secondo un atteggiamento che trovo inopportuno e stigmatizzante. E’ una battaglia, questa, che dovemmo fare 30 anni fa per l’Aids, quando si accusavano i soggetti sieropositivi per Hiv di ‘essersela cercata’, e spero che non la si debba fare di nuovo nel 2020 per Covid-19. Anche perché, ricordiamocelo, le mascherine usate comunemente proteggono soprattutto le altre persone, non chi le indossa”.

Al di là dunque del contrastato rapporto del ‘commander in chief’ con mascherine, distanziamento sociale e dati basati sull’evidenza scientifica, ‘intemperanze’ che in questi mesi hanno fatto alzare più di un sopracciglio nello staff sanitario del presidente, il virologo si dice “certo, conoscendolo, che Fauci guardi a Trump come ogni medico che opera secondo scienza e coscienza dovrebbe guardare a ogni suo paziente: augurandosi una pronta guarigione”.

Ripercorrendo gli umori che hanno segnato la battaglia personale di Trump con il nuovo coronavirus, Silvestri ricorda cosa fu in principio: “Una cosa buffa – sottolinea – è che in realtà all’inizio” il presidente repubblicano “voleva chiudere tutti i voli con la Cina ed erano i democratici ad attaccarlo e a dargli del razzista xenofobo. Un po’ come i famosi aperitivi di Zingaretti a fine febbraio, ricordate? Poi c’è stata una spettacolare ‘virata minimizzatrice’ di Trump, mentre” nel Regno Unito “Boris Johnson faceva il percorso esattamente opposto, nonostante i due siano amiconi”.

Trump non è infatti l’unico grande della terra ritrovatosi a un certo punto positivo a Sars-CoV-2, dopo averlo definito “poco più di un’influenza stagionale”. Prima di lui ci furono Johnson e Jair Bolsonaro, il presidente brasiliano. Posizioni discusse, che nelle prime fasi hanno condizionato la gestione dell’epidemia di Covid-19 in zone strategiche del mondo. Tuttavia, ragiona Silvestri pensando alle possibili ripercussioni di certe posizioni sulla “salute dei cittadini in Usa, Uk e Brasile, naturalmente non sapremo mai quante persone in meno sarebbero morte se al potere ci fossero stati Clinton, Corbin o Rousseff. Sicuramente – evidenzia piuttosto lo scienziato – negli Stati Uniti ci sarebbero molti meno morti se avessimo un sistema sanitario a cui possano accedere tutti i cittadini, e questo è un aspetto sul quale noi americani faremmo bene a riflettere come Paese”.

Ma Trump, inciampato nello ‘sgambetto’ di Covid insieme alla moglie Melania e ad altri suoi collaboratori, dovrebbe adesso pentirsi di qualcosa o chiedere scusa a qualcuno? “E’ un mio parere personale del tutto soggettivo – risponde lo scienziato italiano negli Usa – ma la lista di cose per le quali il presidente dovrebbe fare un ‘mea culpa’ è molto, ma molto lunga, e non so se i suoi commenti sulle mascherine entrerebbero nella top-ten. Magari un altro giorno parliamo del Trattato di Parigi, dei commenti razzisti verso neri e ispanici, di Charlottesville, dei tentativi di smantellare Obamacare, del muro con il Messico, di Iran, Nord Corea e Siria, dell’ambasciata a Gerusalemme, e via discorrendo”, elenca Silvestri.

“Guardi – confessa il virologo, impegnato fin dall’inizio della pandemia in un’opera instancabile di divulgazione sulla pagina social ‘Pillole di ottimismo’ – io non ho in simpatia Trump e il suo partito, non li ho mai votati e infatti la mia banner su Facebook è del movimento Black Lives Matter, si figuri. Però penso e spero che questa vicenda abbia poco impatto sulle elezioni” presidenziali di novembre, “anche perché potrebbe andare in qualunque direzione. Ci saranno quelli che proveranno simpatia umana per il presidente ‘vecchio e malato’, e quelli che diranno ‘vedi, gli sta bene, ha sottovalutato il virus e ora tocca a lui’. A mio avviso – conclude Silvestri – la cosa migliore sarebbe che i cittadini votino le idee e i programmi, indipendentemente dal decorso clinico di questa infezione”.