Sergio Zavoli, pubblicato ricordo-intervista per suo desiderio postumo  

Sergio Zavoli, pubblicato ricordo-intervista per suo desiderio postumo

(Fotogramma)

Pubblicato il: 04/10/2020 16:03

di Paolo Martini

Si intitola ‘Addio al ragazzo che sognava a colori’ il ricordo-intervista di Sergio Zavoli, scomparso all’età di 96 anni lo scorso 4 agosto, autorizzato dallo stesso giornalista e che per sua volontà vede la luce postumo sul nuovo fascicolo di ‘Nuova Antologia’, periodico della Fondazione Giovanni Spadolini diretta dal professore Cosimo Ceccuti.

Si tratta di un profilo biografico del grande cronista della Rai, di cui fu anche presidente, nato da una serie di conversazioni, durate oltre un anno, con Giorgio Giovannetti, responsabile della redazione romana della rivista, a partire dalla fine del 2015. Nella primavera del 2017 Zavoli rilesse il testo di dieci pagine, fece alcune precisazioni e un paio di correzioni, e poi chiese al suo autore di pubblicarlo solo a morte avvenuta. E ora così è avvenuto, come anticipa l’AdnKronos.

Il ritratto biografico professionale è stato costruito sulla base del racconto di Zavoli, che ha indicato tutte le principali tappe della sua carriera e i programmi radiofonici e televisivi più noti, da “Processo alla tappa” a “Nascita di una dittatura”, fino a “La notte della Repubblica”. Ma non mancano neppure confidenze e commenti anche sul mondo dell’informazione di questi ultimi anni.

Nel 2016, a 93 anni, quando era senatore, Zavoli si sentiva ancora cronista: “Vorrei aggiungere ancora una inchiesta, un ultimo capitolo alla mia collezione. Ci ragiono da tempo, mi piacerebbe intitolarla ‘Perché?’. Affronterei i grandi interrogativi dell’umanità. Sono mutati i tempi, il mondo si è fatto più piccolo, ma le domande di fondo sono rimaste le stesse: il senso della vita, la pace, la guerra, la sofferenza, la scienza… l’amore”.

A Giorgio Giovannetti “il socialista di Dio”, come Zavoli si definì in uno dei suoi libri più fortunati, confidò: “Viviamo in una società sempre più complessa. Sarebbero necessarie inchieste, approfondimenti, ragionamenti per comprendere l’intreccio di valori. Invece l’informazione sembra orientata a semplificare. Procede per schemi, usa parole chiave, titoli. Si fanno le sintesi delle sintesi, fino a dare per scontato il ragionamento che sta alla base. In questo modo spesso il ragionamento diventa inutile e i concetti e le parole, privati di spessore e complessità, si inaridiscono”.

“I talk show – dice Zavoli nel testo postumo – andrebbero aboliti per legge. Il pluralismo non consiste nell’affidarsi al parere di più persone che dibattono, magari in una competizione verbosa e animosa, che spesso trascende nella rissa. Quello è spettacolo, non informazione. Fare il giornalista significa essere testimoni fedeli, senza ingrandire o inasprire la realtà per fare sensazione e senza cullarsi in rassicuranti conferme”.

Ma non era solo la spettacolarizzazione dell’informazione a preoccupare Zavoli, che puntava il dito contro certi programmi pomeridiani della tv: “Tutto tende a diventare intrattenimento, anche i fatti. La realtà viene trasfigurata, deturpata e trasformata, nella continua ricerca del caso più doloroso e, una volta individuatolo, nello scavarci dentro per trovare altri dettagli ancora più dolorosi, il tutto per conquistare un po’ di pubblico in più”.

Infine un pensiero sul compito del servizio pubblico, che per Zavoli deve essere quello di distinguersi, di trovare una cifra propria che spinga, nella trasformazione dei linguaggi, a riflettere sul complicato presente: “Azzardo una ipotesi: la Rai ha 3 telegiornali, più una rete di all news, che si occupano delle notizie nostre e del mondo con il medesimo approccio; perché non immagina un telegiornale che informi, indaghi e spieghi le trasformazioni economiche, sociali, culturali e politiche in atto nel mondo? Le sembra difficile? Ce ne sarebbe bisogno e sarebbe un esempio di distinzione”.