Calcio, don De Marco (Cei): “Responsabilità, non è tempo di giocare” 

Calcio, don De Marco (Cei): Responsabilità, non è tempo di giocare

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Pubblicato il: 06/10/2020 19:10

di Elena Davolio

“Responsabilità, non è tempo di giocare“. L’appello al mondo del calcio, col fiato sospeso in attesa del verdetto del giudice sportivo sul caso Juve-Napoli, arriva dal direttore dell’Ufficio nazionale per la Pastorale dello sport e del tempo libero, don Gionatan De Marco che, in una intervista all’Adnkronos, dice he gli interessi dietro il mondo del calcio in epoca di pandemia devono cedere il passo al senso di responsabilità e alla salvaguardia della salute. “Juve-Napoli Vs Responsabilità. Sì, non è un errore. La partita di cui stiamo parlando -osserva il responsabile dei Vescovi per la Pastorale dello sport- non è quella che doveva disputarsi a Torino domenica scorsa tra Juve e Napoli. Ma quella di cui stiamo parlando è la partita tra il mondo del calcio economizzato rappresentato dal ‘Caso Juve-Napoli’ e la responsabilità in un contesto storico e sociale in cui non sono ammessi passi falsi e in cui non è tempo di giocare”.

Don De Marco cita “un libro sapienziale che dovremmo leggere tutti, il Qoelet: c’è un tempo per ogni cosa… e c’è un tempo per giocare e un tempo per stare fuori dal campo. Ma senza dimenticare che si è sempre uomini e donne di sport e il fair play non è uno slogan o un optional, ma stile”. Da qui il monito: “Il fair play non si mette in pratica solo nel rettangolo da gioco quando c’è un avversario da rialzare o una palla da ridare indietro, ma trova il suo senso perché è valore di vita, anche quando significa non mettere lo sgambetto ad una società che vive la prova della pandemia e che non può vedere gente che si abbraccia quando vive lo stress del distanziamento ogni giorno”.

Il mondo del calcio, dice il responsabile Cei della Pastorale per lo Sport e il tempo libero, “dovrebbe andare a scuola da Camilla, una bambina affetta dalla sindrome di Rubistein Taybi, la cui mamma ha raccontato: ‘La nostra vita si è trasformata in un inferno, ancora più grande di quanto non lo sia normalmente. Credo infatti, che come è accaduto e sta accadendo a Camilla, tutti i ragazzi, a causa del disagio che stanno vivendo, abbiano sviluppato atteggiamenti e comportamenti inusuali. Con la sospensione delle terapie e delle attività i ragazzi stanno regredendo progressivamente, e rischiamo di vedere vanificati i sacrifici di tanti anni. La mancanza di una routine rassicurante, di ritmi che scandiscono la giornata in modo coerente e stabile, sta causando ai ragazzi problemi difficilissimi’. Forse è vero… Oggi è tempo di fair play! E non per gioco, ma per la vita di tutti!”.