Usa: Teodori, ‘duello Biden-Trump è scontro tra 2 Americhe mai visto in 70 anni’ 

Elezioni Usa, Teodori: Duello Biden-Trump scontro tra 2 Americhe mai visto in 70 anni

Il duellanti Trump e Biden.

Pubblicato il: 05/11/2020 18:31

(di Rossella Guadagnini) – Biden o Trump? Il duello è accesissimo. Ma che sta accadendo e, soprattutto, come volgerà al termine questa sfida senza esclusione di colpi? L’Adnkronos l’ha chiesto a un commentatore esperto e attento ai fatti americani come Massimo Teodori, docente universitario e saggista, che ha scritto numerosi volumi sulla storia e la politica statunitense. Biden sembra in testa, parla già da Presidente: era prevedibile?

“Era prevedibile -risponde lo storico- che Biden, vincendo, si comportasse in maniera opposta a Trump nella scia della tradizione dei candidati presidenziali vittoriosi. I quali, subito dopo lo scrutinio per loro positivo, hanno dichiarato ‘Sarò il presidente di tutti gli americani e non solo di coloro che mi hanno votato'”.

Un guaio l’invocazione dei brogli, che lascia immaginare cause a non finire e poche certezze immediate. “La strategia di Donald Trump -rovesciare il tavolo nel caso le cose si fossero messe male per lui- è stata messa a punto da lungo tempo, ad esempio con la dichiarazione, mesi fa, che il voto per posta contiene brogli. C’è da augurarsi che i primi livelli del sistema giudiziario a cui si rivolgono i ricorsi li rigettino, come privi di base fattuale. Nel caso della Corte Suprema, se qualche ricorso vi arriverà, dovrebbe comportarsi nella stessa maniera, data la storica autorevolezza del consesso. Se, invece, il gruppo conservatore vorrà forzare la mano, non si sa quel che può accadere nella società”.

Come cambierebbero le cose negli Usa con l’elezione di Biden? “All’interno vi sarà sicuramente un’attenzione maggiore per le diseguaglianze, l’assistenza medica e un più controllo dell’economia ‘selvaggia’. All’estero dovrebbe riprendere la strategia internazionalista nei rapporti con gli organismi multinazionali e nella solidarietà con i Paesi retti da regimi democratici. Comunque, la priorità degli Stati Uniti rimarrà il teatro del Pacifico con la Cina, in un ruolo alternativamente di partner e antagonista. Per noi europei, come singoli Stati e come Unione Europea si dovrebbero riprendere, migliorandoli rispetto ad oggi, gli storici rapporti transatlantici”.

E sullo scacchiere internazionale, il peso dell’America ne uscirebbe accresciuto o diminuito con la vittoria di Biden? “L’America è ormai considerata internazionalmente in declino, anche se rimane egemone in tutti i settori importanti: tecnologico, militare, finanziario e culturale innovativo”.

Il dato affluenza: gli americani sono andati numerosi a votare perché volevano abbattere Trump o, tutto il contrario, per sostenerlo? “Sono andati a votare in massa -credo intorno al 65% degli aventi diritto- perché come non mai lo scontro tra le due Americhe, che non è solo politico, ma riguarda anche il modo di pensare e di vivere, è arrivato nei quattro anni di Trump a un livello mai raggiunto negli ultimi settanta anni. Certamente l’elettorato urbano, colto, liberal e della minoranza nera non ne poteva più di un ‘avventuriero’ alla Casa Bianca. E, viceversa, l’elettorato tradizionalista, bianco soprattutto di un’età non giovane, femminile suburbano e, soprattutto, evangelico fondamentalista con una coda dei cattolici avversi a Papa Francesco, voleva farla finire con coloro che vogliono la società multirazziale e parità dei diritti per donne, omosessuali e Lgbt. Quando c’è scontro e polarizzazione -come in questo caso- l’affluenza aumenta sempre.

Il nodo del voto per corrispondenza, un punto dolente. Noi abbiamo eletto i nostri parlamentari all’estero -ricorderà- è già allora fu un pasticcio, condito da molte polemiche politiche e costituzionali. Possibile che un Paese avanzato -anche tecnologicamente- come gli Usa non riesca a mettere a punto un sistema trasparente e poco contestabile? “Non si devono fare paragoni tra gli Stati Uniti e l’Italia, Paesi del tutto diversi, con tradizioni non comparabili. Il voto postale è una tradizione negli Stati Uniti, che l’hanno introdotto subito dopo la guerra, per permettere ai militari di votare per il Presidente. Poi ogni Stato ha dettato le proprie regole, che sono state sempre rispettate, anche stavolta in cui -per ragioni di emergenza sanitaria causata dal Covid- il numero dei votanti per posta è salito a circa cinquanta milioni. Le regole della raccolta e dello scrutinio sono dappertutto chiare, moderne e ben organizzate. La loro contestazione, oggi, è un pretesto senza basi”.

Trump come presidente degli Stati Uniti è stata una figura ‘negativa’ o ‘positiva’ sul piano interno? E riguardo l’estero, che immagine ha dato degli Usa al resto del mondo? “Il mio parere è che Trump abbia costituito una vera e propria rottura con la democrazia liberale americana, declinata sia in senso conservatore (Repubblicani), che progressista (Democratici), anche se queste due categorie non sono così corrispondenti ai partiti. La sua figura all’interno per quella metà dell’America che non ammira ‘l’uomo forte’ è ormai più che compromessa, specie sul piano personale, prima che politico. E così penso che sia per l’estero”.

“Se le cose andranno per le lunghe -conclude quindi Massimo Teodori- e Trump non permetterà di chiudere la partita entro la prima settimana di dicembre, quando devono riunirsi i Grandi Elettori, e non saranno fermati energicamente i gruppi oltranzisti d’ogni tendenza, mi riferisco ai suprematisti bianchi, si potrebbe aprire una stagione pericolosa per l’unità del Paese e per la stessa permanenza dei principi costituzionali”.